C’è consenso e consenso

In materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato assume diversa rilevanza a seconda di quale diritto sia stato violato (se all’autodeterminazione o alla salute). Per il paziente, però, eccepirne la mancanza a giochi fatti non è più vantaggioso come un tempo: deve dare piena prova del danno conseguito. 

La mancanza del consenso informato è cosa grave. Mina tutto il costrutto dalla radice e comporta il riconoscimento matematico di responsabilità in capo a chi, obbligato a raccoglierlo, ne ha omesso l’acquisizione. Ma eccepirne genericamente la lacuna non è più accettato dall’Autorità Giudicante. È necessario che il danneggiato individui e, soprattutto, provi l’esatto vulnus patito nonché il preciso ambito che tale violazione sia andata a intaccare.

La sorte degli eventi non cambia

Decesso a seguito di intervento. Gli eredi non si rassegnano e chiamano in causa il medico, la struttura e l’assicurazione. Eccepiscono, tra le altre cose, la mancanza di acquisizione del consenso informato. Il primo grado li vede soccombenti. «Il Tribunale crotonese accertava, sulla scorta dell’elaborato peritale, che la morte di XX non era derivata da errore medico. Inoltre, il Tribunale statuiva che “anche se può affermarsi che XXXX non ha prestato alcun valido consenso informato, atteso che il medico convenuto non ha provato di aver fornito al paziente un’informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario da praticare e sulle sue conseguenze, parte attorea, dal canto suo, non ha allegato prima e provato poi che XXXX, per effetto della lesione alla libertà di autodeterminazione, ha subito un danno apprezzabile». Leggi: anche volendo dare per certo il fatto che non sia stato prestato alcun consenso, se non provi di aver subito un danno “apprezzabile” non importa, è come se tale mancanza non sia stata in grado di cambiare la sorte degli eventi. Adiscono allora la Corte d’Appello per veder riformata la sentenza che li condannava, altresì, alla rifusione delle spese di lite per quasi ventimila euro. Ribadiscono, offrendo nuove riflessioni, le domande già avanzate in primo grado nella speranza di vederne finalmente l’accoglimento. E così sarà, ma solo limitatamente all’ammontare della liquidazione delle spese del giudizio. La sentenza conclusiva, infatti, vedrà da un lato nuovamente il rigetto nel merito delle domande afferenti al risarcimento dei danni subiti dal paziente e dai suoi eredi, dall’altro il parziale accoglimento della richiesta relativa alla liquidazione delle spese legali di primo grado, riducendone la quantificazione.

Le richieste degli eredi

Al di là del fatto accaduto (si parla di resezione polmonare, nulla a che fare con il mondo dell’Odontoiatria), interessante è la decisione assunta quanto all’eccezione sollevata in merito alla mancanza del consenso informato. Si legge: «Con il secondo motivo di appello, gli appellanti impugnano la sentenza nella parte in cui è stata rigettata la domanda di risarcimento del danno da lesione del diritto di autodeterminazione del paziente. Gli appellanti sostengono che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, la tesi difensiva di parte attorea in primo grado si incentrava sull’allegazione del fatto che, se il paziente fosse stato informato sui rischi della terapia, l’avrebbe senza ombra di dubbio rifiutata. Ad avviso degli appellanti, tale circostanza sarebbe presumibile non solo dalle atroci sofferenze che il paziente subiva a causa della terapia ma anche dal fatto che questa, anziché curarlo, ne accelerava la morte, come affermato dallo stesso CTU. Inoltre, il presumibile rifiuto della terapia effettivamente somministratagli sarebbe desumibile dalla sussistenza di un valido percorso alternativo - ossia la chirurgia - che gli avrebbe garantito una sopravvivenza a 5 anni del 75%.

Il motivo è infondato

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, «in materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute. Nel primo caso l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario; nel secondo, invece, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova - gravante sul danneggiato - del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso» (cfr., ex multis, Cass. 4.11.2020, n. 24471). Un siffatto onere della prova - relativo alla dimostrazione che, se adeguatamente informato, il paziente avrebbe rifiutato la cura - non è stato assolto dagli appellanti. Le circostanze indicate non appaiono elementi significativi da cui poter ricavare il “dissenso presunto” del paziente rispetto alla terapia somministratagli. Si tratta di circostanze verificatesi ex post, ovvero successivamente al trattamento somministrato, laddove, invece, gli appellanti avrebbero dovuto allegare e dimostrare circostanze utili a ricostruire la scelta che presumibilmente il paziente avrebbe effettuato ex ante. Piuttosto, l’assenza di una valida alternativa terapeutica induce a ritenere che tra il non curare affatto e il curare mediante il trattamento farmacologico, il paziente avrebbe optato per questa seconda soluzione. Va precisato che «anche nel caso in cui venga allegata la violazione del diritto all’autodeterminazione, l’onere allegatorio del danneggiato non può ritenersi esaurito, in quanto, escluso qualsiasi esonero fondato sul danno “in re ipsa” (non essendo dato confondere la lesione del diritto con le conseguenze pregiudizievoli che da esso derivano), è indispensabile allegare quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito (Cass. n. 24471/2020, cit.). Non si ritiene che un siffatto onere di allegazione sia stato assolto, come si evince dal contenuto degli scritti difensivi di primo grado, nei quali non sono stati specificamente indicati quali danni sarebbero derivati dalla lesione del diritto di autodeterminazione del paziente (atto di citazione e memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c.)».

Dunque: sostenete che vi sia stata una violazione del diritto all’autodeterminazione (prospettazione delle terapie che possono essere anche accettate) ma lamentate poi una violazione al diritto alla salute (prospettazione di terapie che mai sarebbero state accettate)? Questa violazione non comporta un automatico riconoscimento ma deve essere provata! Così non è stato.

La prova

«Ciò che è affermato senza prova, può essere negato senza prova», così filosofeggiava Euclide, ignaro dell’importanza che avrebbe avuto questo suo – tutto sommato – ovvio pensiero nel diritto moderno. Il nesso causale non deve mai essere trascurato! La lesione del diritto alla salute per mancanza del consenso informato deve sempre essere provata, in modo consequenziale e inattaccabile. Solo così si potrà dare ristoro alle sofferenze di chi ha visto strappare alla vita un caro congiunto.

La lesione del diritto alla salute
per mancanza del consenso informato
deve sempre essere provata
in modo consequenziale e inattaccabile

C’è consenso e consenso - Ultima modifica: 2023-05-22T16:31:36+00:00 da K4
C’è consenso e consenso - Ultima modifica: 2023-05-22T16:31:36+00:00 da K4

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome