Aspetti chiave del sistema conometrico nella riabilitazione implanto-protesica

Questo tipo di connessione sta raccogliendo sempre più consensi. Vediamo quali motivi conducono al suo utilizzo 

L’implantologia osteointegrata, dal punto di vista chirurgico, ha raggiunto livelli di predicibilità estremamente positivi. I tassi di sopravvivenza e di successo sono assolutamente elevati non solo se valutati in ambito odontoiatrico, ma anche da un punto di vista medico in senso lato. L’implantologia, tuttavia, non è una disciplina esclusivamente chirurgica, bensì chirurgico-protesica. La parte protesica, al pari dell’aspetto chirurgico, se non di più, negli ultimi anni ha subito innovazioni sostanziali. L’attuale generazione della componentistica implantare è in grado di offrire performance eccellenti e di implementare la biomeccanica protesica, massimizzando i risultati funzionali ed estetici.

La connessione conometrica: Microgap marginale e proliferazione batterica
Dal punto di vista della biologia e della biomeccanica tissutale, l’articolo di Gehrke e colleghi, pubblicato a metà dello scorso anno su Clinical Oral Investigations, fornisce una valutazione di assoluto interesse. Il sistema è stato studiato allo scopo di rendere inutile l’uso di viti o cemento protesico, con abutment dotato di connessione antirotazione e corona all-ceramic con cappetta TiN. Il lavoro ha considerato un totale di 75 campioni relativi a tre diverse sistematiche conometriche, analizzando la formazione di microgap e il leakage batterico. Sono state condotte, a questo duplice scopo, rispettivamente analisi al microscopio elettronico elettronico a scansione (SEM) e PCR quantitativa. I risultati attestano integrità marginale e gap di fissaggio interno tra corona e cappetta clinicamente accettabili e, inoltre, il mancato passaggio di batteri in tutti i campioni. Quest’ultimo dato, tradotto in vivo, è indicativo di un rischio ridotto di infezioni a carico dei tessuti perimplantari. In precedenza, si è avuto modo di parlare di performance estetiche protesiche. Un importante studio italiano, pubblicato nel 2018 su Journal of Prosthodontics, ha valutato in che misura la sistematica conometrica si abbini ai restauri protesici attualmente di maggior impatto estetico, quelli in disilicato di litio. Gli autori hanno valutato per un follow-up triennale un totale di 65 riabilitazioni protesiche analoghe: coppie di corone in disilicato splintate, fissate mediante connessioni ad accoppiamento conico a coppie di impianti adiacenti. Al termine del periodo di osservazione, sono stati registrati due casi di frattura – uno dei quali peraltro è stato attribuito a un evento traumatico – e tre casi di scheggiature, queste ultime facilmente gestibili. In nessun caso sono stati invece registrati perdita di connessione o eventi in qualche modo assimilabili all’allentamento di una vite o alla decementazione di protesi tradizionali. Gli autori hanno pertanto reputato di indicare la connessione conometrica come ben compatibile con la realizzazione di protesi all-ceramic in disilicato di litio, guardando a una prospettiva a medio termine.
Gehrke P., Burg. S., Peters U. et al. Bacterial translocation and microgap formation at a novel conical indexed implant abutment system for single crowns. Clin Oral Investig 2021 Aug;16. doi: 10.1007/s00784-021-04112-2.

I limiti del sistema avvitato

Uno degli aspetti che più caratterizzano una sistematica implanto-protesica è rappresentato dalla tipologia di connessione tra moncone e impianto. La soluzione oggi maggiormente diffusa è rappresentata dal sistema avvitato, grazie al quale l’abutment viene solidarizzato alla fixture tramite una vite. La connessione, pertanto, dipende dal torque con cui viene applicata la vite. Questo tipo di connessione può essere soggetta a problematiche nel momento in cui il carico occlusale viene a superare il precarico della vite: ciò comporta, più comunemente, l’allentamento della vite e, nei casi più gravi, la sua deformazione o frattura. Il semplice allentamento è, evidentemente, una problematica di facile gestione: il paziente lamenterà la mobilità del manufatto protesico e l’odontoiatra dovrà accedere nuovamente alla vite. Ciò comporterà un discomfort per il paziente e un costo, diretto e indiretto (in termini di tempo) sia per lui sia per il professionista. La protesi avvitata, peraltro, presenta un limite di natura estetica costituito dalla presenza del foro di accesso alla vite, che deve essere in qualche modo mascherato. L’alternativa è rappresentata dal posizionamento di protesi cementate su abutment comunque fissati a vite. Normalmente, a questo scopo si utilizzano cementi provvisori, che consentono di accedere con facilità alle connessioni in caso di necessità.

 

Il ruolo del cono morse

Una soluzione alternativa alle connessioni tradizionali, in grado di superare questo tipo di problematiche, è rappresentata dalla connessione conometrica tra moncone e impianto. Questa si basa sull’accoppiamento – detto cono Morse – tra due componenti di forma conica, un maschio e una femmina.

Ciò permette di non utilizzare viti né cementi: anche l’adattamento tra l’abutment e il restauro può essere ottenuto, infatti, mediante l’utilizzo di componenti prefabbricati. Il manufatto può essere comunque rimosso mediante l’utilizzo di un apposito estrattore.

La sistematica conometrica risulta adattabile agli attuali trend protesici. Gli stessi autori, in un secondo lavoro di poco successivo al precedente, hanno affrontato l’aspetto odontotecnico attualmente trainante, ovvero l’utilizzo della tecnologia CAD/CAM. Probabilmente attingendo anche alla medesima coorte precedentemente considerata, i pazienti hanno considerato coppie di corone in disilicato monolitico su coppie di impianti, valutando però solo i casi condotti con workflow interamente digitale. Le impronte sono state raccolte mediante scansione intraorale; la progettazione è stata condotta utilizzando il medesimo software e la prototipazione con una delle sistematiche maggiormente diffuse sul mercato del settore. 

La riabilitazione in area posteriore con impianto caratterizzato da connessione conometrica
Nel 2020 è stato proposto un protocollo di riabilitazione di singoli siti edentuli posteriori mediante impianti con accoppiamento protesico conometrico: può essere interessante illustrarlo qui di seguito.In primo luogo, gli autori consigliano la rimozione della vite di guarigione dopo un periodo di tre mesi e il posizionamento dell’abutment indicizzato, fissato a un torque di 25 Ncm se monocomponente, 15 se bicomponente. A questo punto può essere rilevata l’impronta, con elastomero o mediante scansione intraorale: la lavorazione da laboratorio è analoga a quella richiesta da una corona convenzionale: il fit della corona viene valutato su un analogo da laboratorio; quindi, il manufatto viene sottoposto a veneering, glasatura e lucidatura. L’utilizzo di un cemento – di tipo resinoso – è richiesto per fissare la corona alla cappetta di ingaggio all’abutment. Il profilo di emergenza della corona può essere regolarmente posizionato a livello sottogengivale senza che vi si accumulino residui di cemento. Il fissaggio della corona definitiva viene condotto mediante l’uso di un avvitatore calibrato. Una volta valutati i contatti, gli autori consigliano l’effettuazione di una radiografia periapicale di controllo, volta a confermare il corretto ingaggio.
Degidi M., Nardi D., Sighinolfi G. Degidi D. The conometric concept for the definitive rehabilitation of a single posterior implant by using a conical indexed abutment: A technique. J Prosthet Dent 2020 Apr;123(4):576-579.

In questo caso, con un campione di 23 protesi seguite per due anni, non sono stati registrati fallimenti né sono stati osservati segni di sofferenza e infiammazione a carico dei tessuti perimplantari.
Ciò non esime comunque, a monte, l’implantologo da una attenta valutazione tridimensionale dal sito da riabilitare: l’ingaggio cone-in-cone è comunque impossibile in presenza di una discrepanza tra l’asse principale degli impianti tale da eccedere le capacità di compensazione degli abutment angolati del sistema protesico utilizzato.

In ultima analisi, vale la pena di fare il punto finale sulle evidenze a proposito dei sistemi conometrici. Lo scorso anno, su International Journal of Dentistry and Oral Science, è stata pubblicata una revisione sistematica. Questa ci ricorda come la metodica sia stata valutata su più materiali, compresa la zirconia. Gli autori hanno incluso nella ricerca trial clinici randomizzati e non randomizzati, studi prospettici e anche lavori in vitro.
Alla fine, sono stati inclusi sette lavori scientifici. 

Per quanto non sia stato possibile attuare una metanalisi, i risultati hanno confermato il rischio contenuto di fratture (0-8.7%) e la buona salvaguardia dei tessuti perimplantari (PPD tra 1.3 e 2 mm e perdita di osso crestale media di 0.4 mm). È risultato un survival rate cumulativo del 97.4-100%. Anche i tassi di soddisfazione riguardo alla resa estetica (82-91.8%) e complessiva (79-91%), da parte dei pazienti, sono da considerarsi accettabili.

Take Home Message
Il sistema conometrico di accoppiamento tra impianto e abutment costituisce già oggi una valida alternativa alla connessione avvitata. Nei prossimi anni, è lecito attendersi un’ulteriore diffusione clinica di tale tecnologia, anche in virtù dei vantaggi rispetto al posizionamento delle sovrastrutture protesiche sull’abutment.
Aspetti chiave del sistema conometrico nella riabilitazione implanto-protesica - Ultima modifica: 2022-03-25T11:00:22+00:00 da Paola Brambilla
Aspetti chiave del sistema conometrico nella riabilitazione implanto-protesica - Ultima modifica: 2022-03-25T11:00:22+00:00 da Paola Brambilla

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