Luigi Paglia, direttore scientifico de Il Dentista Moderno

L’incessante progresso dei materiali e delle tecnologie ha ampliato la gamma di opzioni per la realizzazione di trattamenti protesici fissi.
Se fino a pochi anni fa la maggior parte delle terapie protesiche fisse (come corone, ponti e restauri su impianti) era prevalentemente basata su metallo ceramica, oggi un numero crescente di situazioni cliniche offre varie alternative. La scelta tra queste opzioni è spesso complessa, poiché non sempre si dispone di dati scientifici esaustivi per guidare la decisione.
In un contesto di rapida innovazione e progressiva digitalizzazione dei processi protesici, i clinici devono adottare criteri guida per una selezione razionale dei materiali e delle procedure, nell’interesse del paziente.
Attraverso sette domande e una lettura di circa cinque minuti delle risposte di Carlo Poggio, cerchiamo di gettare luce su questo affascinante mondo della protesi fissa!

Esistono ancora situazioni in cui è indicata una corona protesica piuttosto che un restauro adesivo (faccetta, intarsio)?

L’avvento della protesi adesiva e di materiali molto performanti ha senz’altro molto ridotto il campo di applicazione delle classiche corone protesiche. Attualmente nella maggior parte dei casi l’utilizzo di corone complete è limitato alla sostituzione di precedenti corone, alla terapia di denti con problemi sia a carico della corona clinica che dell’interfaccia dente parodonto, oppure in situazioni di estese terapie che richiedono importanti modifiche a carico di tutta la dentatura (ripristino simultaneo di volume e forma di molti denti in situazioni che richiedono modifiche di occlusione e dimensione verticale).

Quali sono gli elementi che ci indirizzano nella scelta del materiale, nel caso di corone?

Attualmente disponiamo di materiali monolitici a gestione digitale che consentono ottimi risultati (pensiamo alle zirconie monolitiche multistrato) accanto a materiali tuttora a produzione analogica (metallo ceramica) o analogica/mista (disilicato di litio). La scelta di un materiale o di un altro dipende quindi, a parità di caratteristiche cliniche, anche dal tipo di flusso di lavoro utilizzato. In flussi interamente digitali i settori posteriori possono essere gestiti interamente con corone monolitiche, nei settori anteriori l’utilizzo di microstratificazioni o stratificazioni della faccia vestibolare consente ottima estetica e funzione, con notevole praticità.

Quale tecnica è più indicata per la cementazione di corone complete?

Partiamo da un principio: una corona completa ha di norma stabilità e ritenzione meccanica. Se per alcuni materiali (ad esempio disilicato di litio) una cementazione completamente adesiva può presentare un vantaggio biomeccanico, per altri materiali il ruolo del cemento è prevalentemente quello di fornire un adeguato sigillo marginale.
In questo senso la maggior parte dei cementi attualmente disponibili è efficace.

Margini protesici e parodonto: quali criteri di comportamento sono da rispettare?

Al di là di parametri numerici, spesso basati su dati medi difficili da definire sul singolo individuo, il criterio fondamentale è quello di lavorare protesicamente su un parodonto sano o risanato. Per decenni i protesisti hanno discusso su numeri magici o sul ruolo di specifiche geometrie marginali per il mantenimento della salute parodontale; la semplice realtà è che un tessuto integro perché sano o perché guarito è l’unico segreto di una buona integrazione biologica. Accanto a questo, la qualità del mantenimento igienico è il vero segreto del successo protesico a lungo termine.

È vero che non bisogna mai fare una corona su un dente vitale?

In generale un dente vitale non presenta danni alla struttura così ampi da richiedere un restauro esteso come quello che si ottiene con una corona completa; quindi, statisticamente è più probabile che un dente vitale possa essere restaurato con un restauro adesivo. Tuttavia, esistono alcune eccezioni: pensiamo ad esempio a elementi che presentino necessità di modifiche di forma e volume molto ampie, come può succedere in alcune terapie protesiche estese. Situazioni nelle quali si introducono fattori quali la necessità di rialzare una dimensione verticale, simultaneamente ridefinire il volume del dente in relazione agli spazi interprossimali e alle esigenze occlusali. In tutti questi casi un restauro tramite corona può avere tuttora una corretta indicazione. I materiali di cui disponiamo ci consentono, tra l’altro, di gestire un restauro completo su spessori minimali.

Esistono ancora indicazioni per ponti su denti?

Certamente se parliamo di sostituzione di un singolo elemento compromesso tra denti adiacenti intatti l’opzione ponte appartiene al passato. Esistono tuttavia situazioni in cui una valutazione complessiva sulla condizione di salute dei denti adiacenti (presenza di pregresse patologie e trattamenti, condizioni parodontali), sulla predicibilità e complessità di una terapia implantare, sulla gestione estetica di papille e spazi, può tuttora indicare un ponte come terapia ottimale.

Protesi e tecniche digitali. A che punto siamo?

L’avvento di tecniche di scansione intraorale unite a materiali monolitici multistrato ha completamente trasformato lo scenario. Oggi la gestione di terapie protesiche è, rispetto al passato, oggettivamente più prevedibile, più semplice, meno dipendente da variabili individuali legate all’operatore, sia tecnico che clinico. Per quanto mi riguarda, il digitale in protesi è il presente e certamente la strada maestra.

 

5 minuti con Carlo Poggio - Ultima modifica: 2024-03-27T13:02:32+00:00 da Luigi Paglia
5 minuti con Carlo Poggio - Ultima modifica: 2024-03-27T13:02:32+00:00 da Luigi Paglia

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