Correlazione tra disgnazie e dislalie

Riassunto
Negli ultimi anni foniatri e ortodontisti stanno approfondendo l’argomento riguardante il rapporto tra dislalie e disgnazie. La correlazione tra malocclusione e articolazione del linguaggio è stato oggetto di pochi studi in letteratura sia di pertinenza foniatrica che ortognatodontica. Scopo di questo lavoro è quello di riproporre le pubblicazioni che hanno come argomento le strette correlazioni
esistenti fra dismorfosi facciali e articolazione fonetica al fine di sottolineare l’interdisciplinarietà del momento terapeutico.

Summary
Correlation between malocclusion and dyslalias
Nowadays, speech therapist and orthodontist try to study the relationship existing between dysgnathias and dyslalias. The correlation between malocclusion and speech articulation has been object of some studies in literature in both foniatric and orthodontic field. The aim of this work consists to repropose articles about the correlation between facial discrepancies and speech therapy in order to underline the multidisciplinariety of the treatment requested.

Pubblicità

Per dislalia si intende un disturbo del linguaggio caratterizzato dall’incapacità della persona di articolare correttamente determinati fonemi, uno dei disturbi che si manifesta più frequentemente nei bambini.
All’articolazione fonatoria sono deputate quelle strutture sopra-laringee che mettono la laringe in comunicazione con l’esterno: faringe, cavità nasali e cavo orale.
Prima dei 3 anni di età è fisiologico che i bambini presentino disturbi dislalici.

Poi, con la crescita, l’affinamento della capacità prussica oro-faringea, in correlazione con la maturazione psichica e intellettuale, fa sì che tutti i fenomeni consonatici vengano pronunciati in modo corretto1-2.
Si parla di dislalia, in senso patologico, solo quando questi disturbi persistono o si manifestano dopo il terzo anno di età.
Le dislalie si dividono schematicamente in due grandi gruppi: organiche e funzionali, ma i confini clinici spesso non sono così netti. Quelle funzionali si hanno quando si manifesta una erronea impostazione delle parti mobili fonoarticolatorie, in special modo della lingua, e non sono evidenziabili lesioni organiche delle strutture fonoarticolatorie.

Le dislalie organiche implicano una o più alterazioni morfologiche delle strutture articolatorie oro-faringee (labbra, arcate dentarie, lingua, velo pendulo, ossa mascellari). È necessario però tenere presente che non sempre esiste una netta separazione tra l’aspetto organico e quello funzionale, dato che il primo può provocare l’alterazione funzionale e questa può, a sua volta, aggravare la lesione organica.

Possono essere suddivise in diversi gruppi a seconda della loro origine: labiale, linguale, nasale, palatale, dentale.
Di particolare interesse per l’ortodontista sono queste ultime, dette anche di origine maxillo-facciale in quanto sono correlate a svariate patologie interessanti l’apparato stomatognatico3-7.
È importante sottolineare che tra le dislalie e le dismorfie maxillo-dentali non esiste un rapporto di causa-effetto, ma ambedue rappresentano i sintomi paralleli di un’unica distrofia generale variabile da caso a caso.

Non si tratterà quindi di curare le alterazioni maxillo-dentali per poter correggere l’articolazione della parola, né tantomeno ci si potrà limitare alla sola terapia ortofonica.
È necessario indagare i fattori genetici, l’anamnesi familiare e individuale, ricercare i segnali di possibili malattie infettive dell’infanzia, di eventuali carenze ormonali ecc. La presenza di queste dis
morfie maxillo-dentali porta a differenti quadri clinici a seconda che si tratti di un adulto o di un piccolo paziente.

Nell’adulto, la perdita di numerosi elementi dentari, un loro non ortologico allineamento sulle arcate, i cattivi rapporti occlusali dovuti a fratture dei mascellari o a lussazioni mono o bilaterali dell’articolazione temporo-mandibolare (A.T.M.) incidono in misura ridotta sull’articolazione dei diversi fonemi. La lingua, le labbra, le arcate alveolari e le guance compensano e restituiscono rapidamente quella zona articolatoria dento-alveolare dove non si può modificare il soffio respiratorio secondo la norma. Nel bambino tali fenomeni avvengono diversamente, in quanto le condizioni patologiche sopra descritte determinano in maniera riflessa e secondaria una posizione e un’immobilità imperfetta della lingua che, alla fine, peggiora l’articolazione della parola, arrivando ad aggravare la dismorfia maxillo-facciale.

Per questo motivo, oltre alle consonanti ad articolazione dentale superiore (T, D, N) risultano non corrette anche le altre consonanti (R, CH, S) che si articolano tra lingua, palato, arcate alveolari e incisivi inferiori. Questo stesso processo si osserva nei casi di schisi palatina e non solamente nei bambini, ma anche negli adulti che sono stati male operati o non rieducati correttamente.

Nei bambini più piccoli, la patologia sopra citata può modificare anche la funzione di deglutizione della lingua (che precede quella della fonazione). Questo aspetto patologico di deglutizione atipica, tende ad aggravare sia le dismorfie maxillo-alveolo-dentali, sia le dislalie.

In tal caso risulterà quindi utile studiare il meccanismo della deglutizione per poterlo correggere con esercizi adeguati all’età del paziente. Lo scopo di questo lavoro consiste nell’effettuare una ricerca di quanto presente in letteratura sui rapporti tra disgnazie e dislalie al fine di sottolineare il carattere interdisciplinare che deve assumere la terapia dei pazienti disgnatici e dislalici.

Materiali e metodi

È stata effettuata un’analisi della letteratura nazionale e internazionale (www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed) riguardo al rapporto tra disgnazia e dislalia.
Per effettuare la ricerca, sono state scelte le parole chiave “dysgnatia, dyslalia, speech theraphy, malocclusion”.

Risultati

La malocclusione dove il legame tra disgnazie e dislalie appare più evidente è nei casi di open-bite, ne sono a testimonianza gli studi presenti in letteratura. In particolar modo, Harrington e Breinholt hanno correlato la pronuncia non corretta di alcune consonanti, che si verifica negli open-bite, con la protrusione dei denti frontali e hanno posto il problema se un’errata articolazione del linguaggio protratta nel tempo possa comportare ulteriori effetti negativi sulle arcate dentarie e sulla crescita mascellare.
Anche Bernstein ha messo in rilievo la pronuncia blesa di molti pazienti con open-bite, ma ha riferito che la severità
del difetto del linguaggio non era correlata con il grado di open-bite o di over-jet.

Questo autore ha rilevato anche che alcuni individui con open-bite sono in grado comunque di pronunciare correttamente i fonemi sibilanti grazie a degli aggiustamenti compensatori del labbro inferiore in relazione alla corrente d’aria, quindi sviluppando la richiesta turbolenza aerea (Bloomer 1958). Frank (1955) e Rathbone (1956), ma anche altri, hanno messo in rilievo che le consonanti S, Z, F, V, sono le  più frequentemente alterate in caso di open-bite8.
In uno studio del 1963 Munin ha confrontato 17 pazienti con open-bite e 8 pazienti con occlusione normale.

Essi sono stati valutati clinicamente, cefalo metricamente e foneticamente per stabilire se esistesse una qualche correlazione tra malocclusione e il difetto di linguaggio.

Munin ha osservato una errata posizione della lingua in 15 dei 17 pazienti con open-bite.

La posizione di riposo antero-posteriore della lingua non era diversa tra i due gruppi, ma c’era un’eccessiva spinta in avanti della lingua durante la produzione del suono S nel gruppo di pazienti con open-bite.

Nei soggetti con open-bite ha rilevato, inoltre, un’incidenza di distorsione del suono nelle consonanti S, F, Z, L, R, interessate nell’ordine riportato. Soltanto due soggetti avevano una capacità articolatoria del linguaggio quasi normale. I rilievi cefalometrici hanno messo in evidenza che nel gruppo di soggetti con open-bite l’angolo intermascellare era aumentato. Questo, secondo Munin, può costringere la lingua a posizionarsi più in basso nella cavità orale e potrebbe contribuire alla distorsione del suono interferendo con i normali movimenti. Munin ha rilevato una minor apertura della bocca durante la produzione della S, il che potrebbe essere un tentativo di controllare un passaggio aereo più ampio del normale.

Questo potrebbe ostacolare il movimento della lingua e produrre suoni S imperfetti. Il fatto che l’open-bite anteriore sia una discrepanza sul piano verticale, e che quindi non richieda un movimento extra-traslatorio della mandibola durante l’eloquio, viene confermato dai rilievi cefalometrici9.
L’analisi dimostra anche che la punta della lingua si muove in avanti ulteriormente durante la produzione del suono S nei soggetti con open-bite.

Arkebauer (1964) e Whalen (1962) hanno sperimentato una tecnica aerodinamica che permette uno studio più preciso di alcuni parametri importanti nella produzione del linguaggio: la pressione aerea intraorale e il flusso aereo orale e l’entità della chiusura della cavità orale8.
Tramite tale tecnica è stato possibile misurare il grado di stenosi orale durante la produzione delle consonanti fricative S, Z, F, V, che nei soggetti open-bite si è dimostrato significativamente maggiore rispetto ai soggetti normali. Infatti, è noto che nella trasformazione del suono vocale in segnale sonoro fonetico è necessario che le parti articolatorie mobili del cavo orale, avvicinandosi a quelle fisse, producano un certo grado di stenosi orale, variabile per ogni consonante.
Questa crea la turbolenza necessaria per la produzione del linguaggio articolato la cui configurazione sonora dipende anche dalla sede di questo ostacolo, ossia dal punto di articolazione (Stevens, 1964). Klechack (1976), usando la tecnica sperimentata da Arkebauer e Whalen, ma anche da Subtenly (1966),
ha misurato il grado di stenosi orale durante la produzione delle consonanti fricative
S, Z, F, V, in un gruppo di pazienti normali e in un gruppo di pazienti con open-bite, e ha considerato che:

  • l’area di stenosi orale è costante e riproducibile nel gruppo di soggetti normali;
  • nei soggetti con open-bite questa è significativamente maggiore rispetto ai soggetti normali, ma l’entità del difetto di pronuncia non è proporzionale alla
    severità dell’open-bite nei pazienti che hanno l’uno o l’altro difetto; alcuni pazienti con open-bite anche marcato possono avere tuttavia un’articolazione dell’eloquio normale.

Subtenly (1966) aveva già dato una spiegazione di questi risultati, a volte contraddittori, che si hanno negli open-bite (G. de Revoche, 1983)10.
L’autore, dopo aver analizzato due gruppi di pazienti con open-bite di cui uno affetto da sigmatismo e l’altro no, giunge alla conclusione che questa alterazione di pronuncia si ha soltanto in quei pazienti che, oltre ad avere il morso aperto, hanno contemporaneamente una seconda classe scheletrica. In questi soggetti, infatti, sarebbe ostacolata anche un’articolazione fonatoria alternativa non potendo essi portare la punta della lingua in posizione retrodentale inferiore.
Anche N. Suzuky (1983), dopo aver studiato con tecnica elettropalatografica l’articolazione fonatoria di un gruppo di bambini con open-bite e contemporaneamente portatori di deficit fonatori, arriva a una conclusione sovrapponibile a quella di Subtenly11.
G. de Revoche (1983), che con i suoi collaboratori ha affrontato con impegno il “problema ortodonzia-fonesi-deglutizione”, ricorda anche i contributi sui rapporti tra ortodonzia e fonesi di Fairbank e Litner, Snow, Bankson e Byrne, Rathbone e Snidecor, Bzoch, Star e Mc Dermott. Fairbank e Litner (1951), pur non essendo riusciti a stabilire un nesso preciso tra singole anomalie e difetti di pronuncia, riscontrarono però una certa relazione tra disgnazie e dislalie; queste ultime significativamente si manifestano in modo direttamente proporzionale con la presenza, nella stessa bocca, di più anomalie dentali o mascellari.
Snow (1961) ha messo in evidenza il fatto che nei bambini durante la permuta i difetti di pronuncia sono più frequenti in quanto le arcate dentarie non sono integre.

Alle stesse conclusioni giunsero Bankson e Byrne (1962), i quali valutarono le capacità articolatorie di 304 bambini prima e durante il periodo della permuta12.
Rathbone e Snidecor (1959), sempre valutando bambini disgnatici e disfonetici, rilevarono che dopo quattro anni di solo trattamento ortodontico si aveva la risoluzione del 75% degli errori di pronuncia, pur non essendo stato effettuato alcun trattamento foniatrico13.
Per quanto riguarda poi i pazienti con labiopalatoschisi, Bzoch (1956), mettendo a confronto due gruppi di soggetti uno affetto da questa patologia e l’altro normale, non è riuscito a stabilire una correlazione precisa tra le alterazioni dentali e mascellari e i difetti di pronuncia riscontrati.

Bzoch attribuisce i difetti dislalici di questi pazienti in gran parte al loro basso grado di abilità articolatorie14.
Star (1956), invece, rileva che nei soggetti con labiopalatoschisi la maggior
incidenza di errori di pronuncia si riscontra in quelli che hanno un arco mascellare più stretto e più corto.

Mc Dermott (1962) ha messo in evidenza che la capacità articolatoria dei pazienti affetti da labiopalatoschisi decresce proporzionalmente con l’aumentare del numero e della gravità delle alterazioni dentali e mascellari.

Egli ritiene, contrariamente a quanto dedotto da Subtenly su di una casistica
però inferiore, che soprattutto le discrepanze sul piano sagittale dei mascellari e delle arcate dentarie sono
alla base dell’aggravarsi dei difetti di pronuncia. G. de Revoche, da una riflessione conclusiva sul pensiero di questi autori, sintetizza alcuni punti significativi:

  • un singolo difetto di pronuncia non può essere collegato univocamente con una singola alterazione dento-mascellare;
  • quanto però maggiore è la somma e la gravità dei difetti disgnatici concomitanti in uno stesso soggetto, tanto più alto è il suo handicap fonetico.
    Non può quindi essere ignorato che esiste un’evidente correlazione tra difetti disgnatici e difetti dislalici.

Discussione

Dall’analisi della letteratura, si è evidenziata una stretta correlazione tra dismorfosi facciali e articolazione fonetica: una disfunzione neuromuscolare dell’apparato stomatognatico porta tendenzialmente all’insorgere di una dismorfosi che, a sua volta, può dare origine a un effetto deviante aggiuntivo sulla disfunzione neuromuscolare.
Da questo scaturisce la necessità di una collaborazione tra foniatri (specialisti
delle modificazioni della cinesi muscolare), ortognatodontisti (specialisti delle modificazioni morfologiche) e logopedisti (specialisti nella terapia foniatrica) che diventa inderogabile non solo per garantire ai pazienti un piùrapido e migliore risultato terapeutico, ma soprattutto sul piano della ricerca al fine di dare una spiegazione fisiopatologica più completa e totale.

Conclusioni

La correlazione tra difetti disgnatici e difetti dislalici è ampiamente dimostrata in letteratura. Resta tuttavia da stabilire con precisione quale sia l’esatta relazione causa-effetto tra disgnazie e dislalie e quali possano essere gli atteggiamenti terapeutici da programmare al fine di correggere quadri disgnatici e dislalici in fase dinamica di crescita.

Corrispondenza
Giampietro Farronato
IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia
Direttore prof. G. Farronato
Via Commenda 10, 20122 Milano
Tel. 02.50320240
giampietro.farronato@unimi.it

• Cinzia Maspero1
• Lucia Giannini1
• Rossana Riva2
• Guido Galbiati2
• Giampietro Farronato2
1Dirigente medico, Reparto di Ortognatodonzia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena
2Reparto di Ortognatodonzia, IRCCS Cà Granda – Ospedale Maggiore Policlinico Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Giampietro Farronato

Bibliografia
1. Di Nicola L. Il linguaggio normale e patologico dell’età evolutiva Roma: Verducci Editore, 1987.
2. De Filippis Cippone A.Nuovo manuale di logopedia. Trento, Erickson, 1998.
3. Barbato E, Cannoni D, Fratto G, Giancotti T, Manzon L, Proietti D.Disturbi del linguaggio nei quadri di malocclusione.Dental Cadmos 2000;4:69-77.
4. Bolender C, Toledone D, Simon P. Palatogramme, palatoprogramme, phonation et ortodontie. Orth. Franc. 1976;47:559-574.
5. Brandth E. Ortopedia dento-facciale e logopedia. Mondo Ortodontico 1976;5:20-25.
6. Lanteri C, Ronchin M, Cortona PL, Zerbini A. Dislalie e disformismi oro-facciali. Min Odont 1990;2:87-95.
7. Loiaconi G, Salvato A, Farronato F, Farronato GP. La respirazione orale e implicazioni organismiche. Giornale di stomatologia e ortognatodonzia. 1983;2,17.
8. Arkebaureer HJ, Hixon TJ, Hardy JC. Peak intraoral air pressure during speech. J Speech Hear Res 1967 Jun;10(2):196-208.
9. Munim KR. Anterior open-bite anomaly and defective speech articulation. J Indian Dent Assoc 1966 Jul;38(7):185-91.
10. Subtenly JD, Saduka M. Open-bite: diagnosis and treatment. Am J Orthod 1964;50:337-58.
11. Suzuki JD, Mukai Y, Ohishi M, Miyanoshita Y, Tashiro H. Relationship between cleft severity and dentocraniofacial morphology in Japanese subject with isolated cleft palate and complete unilateral cleft lip and palate. Cleft Palate Craniofac J 1993;30:175-181.
12. Bankson NW, Byrne MC. The effect of a timed correct sound production task on carryover. J Speech Hear Res 1972;15:160-168.
13. Rathbone JS, Snidecor JC. Appraisal of speech defects in dental anomalies with reference to speech improvement. The Angle Orthodontist. 29 (1): 54-59.
14. Bzoch KR. Communicative disorders related to cleft lip and palate. Fifth edition, 2004.
Correlazione tra disgnazie e dislalie - Ultima modifica: 2010-11-04T10:59:56+00:00 da Redazione