Uniti per promuovere insieme la cultura del sorriso

Claudio Lanteri


È con questo spirito che Claudio Lanteri, medico odontoiatra, 63 anni, è entrato a far parte del consiglio direttivo della Società Italiana di Ortodonzia dopo la sua nomina a presidente per il 2014. 

L’amore per la medicina e la “scoperta” quasi casuale dell’odontoiatria: una vera e propria rivelazione che dura ancora oggi.

Pubblicità

Il suo ingresso nella SIDO, la Società Italiana di Ortodonzia che lo scorso novembre lo ha eletto presidente per il 2014, risale al 1980, quando Claudio Lanteri, classe 1948, muoveva i suoi primi passi nel mondo dell’ortodonzia. Vi era giunto per caso, racconta. Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, conseguita a pieni voti nel 1972 presso l’Università di Genova, aveva fatto numerose esperienze professionali, lavorando dapprima come medico condotto, poi come ufficiale medico in marina, ma anche come specialista ospedaliero in qualità di ortopedico e traumatologo, disciplina di cui aveva acquisito la specializzazione. Poi, però, come spesso accade, è la vita che sceglie per noi. Sposatosi, si offrì di aiutare la moglie che, divenuta medico condotto, avrebbe dovuto sostituire il suo predecessore, medico ma anche dentista. Così, in tutta coscienza, visto che avrebbe potuto esercitare anche subito quella professione di cui però non si sentiva pienamente all’altezza, iniziò a frequentare qualche studio per impratichirsi di quella branca medica che aveva sì studiato all’università, ma giusto per sostenere l’esame di Odontoiatria che aveva comunque superato brillantemente.

Fu una vera e propria rivelazione l’incontro con la professione odontoiatrica, racconta. Decise così di proseguire nella formazione, conseguendo la specializzazione in Odontostomatologia. In quegli anni, ricorda Lanteri, l’ortodonzia era ancora una branca marginale dell’odontoiatria generale, tanto che spesso neppure gli studi meglio organizzati e all’avanguardia disponevano del servizio. Di qui la scelta di occupare proprio quello spazio ancora vuoto: una strategia che si è rivelata vincente. Dopo il diploma in Orthodontie et Orthopedie Dento-Maxillo-Faciale presso l’Università di Digione, consegue anche la specializzazione in Ortognatodonzia presso l’Università di Cagliari e il diploma di perfezionamento in Ortodonzia pre e post chirurgica presso l’Università di Parma. Per oltre 10 anni ha preso parte alle attività del Centro Studi di Ortodonzia di La Spezia, diretto dal Dott. Giuseppe Cozzani e dal 1982 al 2001 ha diretto il reparto ortodontico dello studio dei Dottori De Chiesa e Pescarmona di Saluzzo. Dal 1990 a oggi ha collaborato con varie Università in Italia e all’estero. Attualmente è Professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia dell’Università dell’Insubria.

Dottor Lanteri, una carriera costruita sull’esperienza professionale e sulle necessità dell’odontoiatria: è un approccio alla professione adottato dai giovani anche oggi?

Purtroppo, non sempre: i giovani spesso sono portati a pianificare il loro futuro più sui desideri che non sulla realtà dell’odontoiatria.

Il mio consiglio? Innanzitutto cercare di capire cosa sia davvero l’odontoiatria oggi, attraverso un percorso che, dopo la laurea, sul campo, porti a comprendere e a padroneggiare gli aspetti più elementari ma fondamentali di questa disciplina, per poi soffermarsi a riflettere sul concetto di salute del cavo orale, sulla prevenzione, su cosa significhi incontrare il paziente, ascoltare le sue esigenze, le sue perplessità e le sue paure. Una volta compiuto il passaggio da studente a professionista della salute, il giovane può maturare più coscientemente le proprie personali predisposizioni, misurandole però anche con le realtà obiettive del mercato della professione che, ricordiamolo, non sono le stesse ovunque, ma possono variare da regione a regione, da città a città.

Il suo percorso è stato caratterizzato dalla libera professione e dalla docenza universitaria. Come si sono coniugate nel tempo queste due esperienze professionali?

Molte persone della mia generazione sono cresciute con l’idea che il saper fare rappresentasse l’eccellenza verso cui tendere. Proprio quella che ho cercato nel mio percorso di formazione iniziale, prevalentemente orientato alla pratica. Ovviamente, il sapere pratico, anche se di alto livello, non può prescindere dal sapere teorico. La svolta per me è avvenuta in età abbastanza matura: avevo già compiuto i quarant’anni, quando decisi di iscrivermi alla scuola di specializzazione in Ortognatodonzia di Cagliari, dove ho incontrato, in un ambiente aperto e libero da qualsiasi atteggiamento dogmatico, validi maestri come il professor Paolo Falconi e il professor Damaso Caprioglio. Lavorare alla poltrona, ogni giorno, riservando però anche un po’ di spazio all’approfondimento della letteratura, all’elaborazione dei dati e allo studio dei casi, è stata la ricetta che mi ha permesso di crescere professionalmente e di trovare grande soddisfazione nell’esercitare questa professione. I ventennali rapporti con varie università, come professore a contratto, sono stati un ulteriore stimolo a mantenere vivo l’interesse per la ricerca e per l’aggiornamento continuo, ma anche estremamente gratificanti per i contatti con i tanti giovani entusiasti e motivati che ho potuto conoscere e apprezzare.

Una domanda al presidente della SIDO per il 2014. Cos’è cambiato negli ultimi 30 anni all’interno della Società Italiana di Odontoiatria?

Sono cambiate molte cose. Il mio ingresso nella SIDO risale al 1980, quando muovevo i primi passi nell’ortodonzia. All’epoca eravamo in pochi: ai convegni era facile distinguere gli “arrivati”, che erano poi i relatori, dai professionisti che si stavano ancora affermando e dai giovani, poche decine. Era sufficiente frequentare qualche incontro per conoscere tutti. Oggi non è più così, visto che i soci sono circa 3500 e quella conoscenza personale non può più avvenire nello stesso modo. Il compito della dirigenza attuale è cercare un denominatore comune capace di mantenere unita la platea dei professionisti, eterogenea per provenienza e aspirazioni. Certo, l’ortodonzia con la “O” maiuscola è una sola ed è proprio intorno a questo nucleo di sapere condiviso che dobbiamo cercare l’elemento unificante.

Nel suo programma ha parlato della necessità di praticare e diffondere la “cultura del sorriso”…

Sì, è una metafora, ma non solo. La nostra professione non può avere come obiettivo solo il sorriso, visto come meccanismo stereotipato che coinvolge 6-8 denti, bianchi e ben allineati. Il sorriso deve essere la manifestazione esterna di un benessere al quale dobbiamo contribuire in primo luogo creando buoni rapporti con i nostri colleghi e poi con i nostri pazienti, sviluppando sempre più una visione olistica della persona.

C’è bisogno che l’odontoiatra venga percepito in modo diverso dalla società?

Non c’è dubbio, anche se l’accesso a nuovi spazi di un mercato ancora in parte inesplorato, oggi tanto auspicato, non lo considererei una conquista economica, bensì un dovere sociale. L’odontoiatra e l’ortodontista in particolare non praticano la cosmesi, ma una branca medica orientata alla salute e al benessere delle persone. Come professionisti, ma anche come individui sociali, ci dovremmo preoccupare delle ragioni che oggi impediscono a una parte importante della popolazione di accedere ai benefici che noi possiamo elargire. Questo indirettamente porterà vantaggi anche ai giovani odontoiatri che si affacciano ora al mondo della professione.

Giovani e donne, altre due parole chiave per lei…

Sì, i giovani, perché rappresentano il futuro. Le donne, perché oggi sono sempre più presenti nel mondo medico e in quello odontoiatrico, mentre non sono altrettanto rappresentate nell’ambito della dirigenza. Dobbiamo chiederci le ragioni di questa anomalia e rimuovere quegli ostacoli che impediscono o rendono difficile oggi alle donne accedere ai ruoli più significativi della società civile e del nostro mondo professionale.

Dove sta andando invece l’ortodonzia?

È una disciplina divenuta nel tempo sempre più complessa e articolata tanto che oggi richiederebbe un cambiamento di mentalità da parte della classe medica e odontoiatrica. Se è vero che l’ortodontista si occupa del fenomeno della malocclusione, concetto peraltro molto ampio che contiene in sé un’infinità di problematiche, è altrettanto vero che il fenomeno non riguarda solo i giovani adolescenti con evidenti problemi di natura estetica. Per questo, l’ortodontista oggi desidererebbe vedere i pazienti in modo molto precoce, proprio come fa il pediatra, così come è pronto a collaborare in modo determinante nell’ambito della riabilitazione orale, nei soggetti con gravi compromissioni. Dobbiamo lavorare sulla prevenzione convincendoci tutti che la prevenzione fa il bene del paziente, ma anche del professionista.

Il 2014 è ancora lontano, ma non troppo per chi ha la responsabilità di pensare al futuro dell’ortodonzia…

Sì, nel 2014, nell’anno della mia presidenza, oltre che dei tradizionali eventi SIDO, dovrò occuparmi dell’organizzazione del convegno del MOIP, in programma in Egitto, al Cairo. Un compito delicato, visto che la SIDO, ormai da anni in campo internazionale occupa un ruolo molto autorevole e dal 2005, insieme alla consorella francese SFODF, è alla guida del Mediterranean Orthodontic Integration Project – MOIP, che coordina e promuove le attività scientifiche e culturali dei 20 Paesi membri che si affacciano sul Mediterraneo.

Uniti per promuovere insieme la cultura del sorriso - Ultima modifica: 2011-04-25T15:48:42+00:00 da adelecaracausi

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome