La relazione medico-paziente nello studio dentistico è frutto di un fai-da-te. Non credi, invece, che in quanto frutto di una complessa rete di argomentazioni debba essere insegnata all’Università? Sapresti illustrare con un linguaggio non scientifico, ma aderente ai nuovi valori della Società, temi di prevenzione dei conflitti? Cosa ti ha trasmesso l’Università in questo senso?
Di fronte a una Società che cambia senza aperte dichiarazioni è necessaria una seria indagine intellettuale sulle cause che determinano i cambiamenti per comprendere le metamorfosi delle relazioni interpersonali, come quella che lega il medico al paziente.
Tale relazione è riuscita a mantenersi inalterata per millenni nonostante le modifiche epistemologiche della società siano intervenute per frattura, come indicano gli studi di Michel Foucault.
Bisogna indagare sottilmente e non farsi irretire dal canto delle amabili sirene efficientiste
In effetti è facile cadere nella trappola tesa dal pensiero: essere più efficienti, più organizzati e sostenibili finanziariamente può migliorare il problema della relazione medico paziente, deterioratasi da pochissimo, rispetto alla sua storia millenaria. Tuttavia, al progresso della Medicina a cui abbiamo assistito nei secoli, non corrisponde allo stesso modo il progresso della relazione: anzi, possiamo senz’altro parlare di regresso.
Ancora più facile scivolare sul comodo asserto della amabilità e del buonismo:
“Massì... un po’ più di gentilezza, disponibilità, coinvolgimento e partecipazione e vedrai che le cose si sistemano, dopotutto noi medici abbiamo sempre fatto così da 2500 anni”.
Ma dopo nemmeno 50 anni dalla sentenza “Massimo” abbiamo una esplosione del contenzioso non gestibile e in via di peggioramento. Qualcosa non torna nel paradigma efficientista o amabilista, che non si capirà mai se non si saranno compresi e descritti i mutamenti sociali e valoriali, in tutte le loro sfaccettature.
“Devi darmi un ordine di priorità. Ho capito della “summa” delle modifiche intervenute nella società. Ma all’Università ci hanno insegnato a fare i medici e i dentisti tecnicamente efficaci ed efficienti... Fino ad ora era sufficiente!”.
Certo. Fino ad ora. Con un paradigma di tipo paternalista e relazione up-down, in cui è sostanzialmente il medico a definire il rapporto: ma ora la situazione è mutata. Le conseguenze sono deludenti e pericolose, perché la crisi non interessa solo il medico e il paziente, ma tutta la Società. Per avere qualcosa di nuovo da qualcosa di vecchio, senza denigrare inutilmente le fondamenta del passato, bisognerà ridefinire le parti: istruirle e aggiornarle con concetti rimodulati e condivisi dopo ampi confronti. I nuovi concetti dovranno entrare a far parte anche della formazione curricolare del nuovo medico e gli studenti dovranno essere messi al corrente della nuova realtà che li attende. Come sappiamo, il corso di Laurea in Medicina e Odontoiatria (ma anche Infermieristica, Igiene, Fisioterapia) non prepara specificatamente gli studenti con un esame dedicato allo studio e alla pratica della gestione della relazione medico-paziente, che si è ridefinita da sola, lasciando ai futuri medici:
• la responsabilità di sopperire in proprio a carenze curriculari;
• la responsabilità di un comportamento da gestire in proprio e non codificato;
• la responsabilità di applicare l’etica paternalistica oggi non più accettabile;
• la responsabilità di sbagliare senza nemmeno saperlo.
Lo studente realizza che alcuni comportamenti gli vengono trasmessi per esperienza consolidata dei più anziani, che non è detto siano aggiornati sull’argomento e sappiano gestire correttamente la relazione secondo i moderni orientamenti.
Il medico dovrebbe essere addestrato con una specifica preparazione a un duplice comportamento: da un lato favorente la relazione (obiettivo) e dall’altro impermeabile psicologicamente (intento) per mantenere la propria lucidità valutativa.
Per essere in grado di esprimere tale comportamento, il medico dovrebbe ricevere un'istruzione estremamente specifica. Eppure così non è, come rivela uno studio pubblicato su PubMed dal titolo: Help. I’m losing patient-centredness! Experiences of medical students and their teachers, di Bombeke K, Symons L, Debaene L et al., di cui riportiamo un estratto:
“Nonostante tutti gli sforzi educativi, la letteratura mostra un continuo declino della centralità del paziente durante l’educazione medica. Questo studio esplora le esperienze degli studenti di medicina e dei loro insegnanti e supervisori in relazione alla centralità del paziente al fine di ottenere una migliore comprensione dei fattori che ne determinano lo sviluppo. Sebbene gli studenti esprimano atteggiamenti positivi verso la centralità del paziente e acquisiscano abilità incentrate sul paziente durante l’educazione medica, questo studio indica che queste non sono sufficienti per raggiungere il livello di comportamento competente necessario nel difficile ambiente ospedaliero di oggi. I tirocini clinici offrono agli studenti ampie opportunità di incontrare pazienti e praticare abilità incentrate sul paziente. Tuttavia, quando gli studenti mancano di autoefficacia, quando affrontano barriere (pressione del tempo, stanchezza) o quando sono circondati da modelli di ruolo non centrati sul paziente e sono sopraffatti da esperienze potenti, perdono la concentrazione sul paziente. Lo studio suggerisce che la formazione sulle abilità comunicative protegge gli studenti dalle influenze sociali negative. Inoltre, lo sviluppo personale, compreso lo sviluppo della capacità di affrontare le emozioni e la sofferenza personale, l’autoconsapevolezza e la cura di sé sono qualità importanti del fenomeno centrale del “medico come persona”, identificato come un concetto mancante nel modello ASE.”
Lo studio si rivela molto realistico e lascia esprimere il pensiero degli studenti:
“Durante la mia prima settimana di frequenza in ospedale ero assolutamente sbalordito di come i medici trattavano i loro pazienti. Come non erano affatto umani con essi. Ma dopo una settimana, mi sorpresi a comportarmi come loro… Questo mi faceva paura, perché sentivo che stavo prendendo la strada sbagliata”.
A fianco di una pratica clinica curricolare e obbligatoria relativa alle materie “tecnico-cliniche” proprie della professione, non esiste una pratica al letto del paziente che insegni allo studente le opportune tecniche relazionali e di dialogo proprie della comunicazione: così come non esistono codici comportamentali sociali di rispetto da parte del paziente che si rivolge a un medico che si sta prendendo cura di lui.
Lo studente medio non sa nulla della relazione medico paziente e di come si sia recentemente evoluta a sfavore della classe medica in generale e in prospettiva a sfavore di tutta la società: tuttavia il corso di laurea è progettato come se questo conflitto relazionale non esistesse. Non esiste un insegnamento di Etica o Bioetica a sé stante e autonomo all’interno del quale queste problematiche vengano insegnate con altre, come ad esempio:
• relazione con il paziente e i modelli psico-comportamentali di riferimento;
• relazione con i Colleghi: importanza del rispetto per evitare comportamenti autolesionisti;
• studio del Codice Deontologico;
• studio delle Leggi relative alla Responsabilità Medica e alla gestione di un ambulatorio;
• studio del Diritto Sanitario ed Assicurativo e della sua storia;
• Storia del Sistema Sanitario Nazionale e sua evoluzione;
• Storia delle evoluzioni giurisprudenziali di interesse sanitario in ambito di Responsabilità Medica;
• Epistemologia e riflessi sociali nella Storia.
Questo elenco dovrebbe costituire la base per produrre prassi codificate in comportamenti definiti, come materia curriculare a indirizzo teorico e pratico, che abbia il peso e il valore almeno equivalente alla Clinica Medica del sesto anno.
Tali insegnamenti sono fondamentali per comprendere, anche, come all’interno della Società le modifiche comportamentali e di orientamento del pensiero dei pazienti siano il frutto e le conseguenze delle filosofie correnti. La Società si è modificata nel profondo e ha cambiato i suoi valori. L’autonomia del singolo è ritenuta superiore anche a quella della Società che considera in maniera diversa i valori solidaristici rispetto al passato. Il medico (che della società fa parte) è ritenuto depositario di antichi valori di solidarietà (che il singolo si aspetta per la cura di sé) ma anche di fiducia nella Scienza. Eppure, la Società e il singolo non hanno la stessa fiducia nella Scienza e non credono più nell’etica e nel disinteresse scientifico. Se il medico considera il valore dell’interesse collettivo superiore a quello del singolo, quando questi invece ritiene l’interesse di sé superiore a quello della collettività, si innesca il conflitto.
“Risultato: se il medico non si adattasse ai desiderata del paziente, potrebbe scatenarsi un contenzioso”
Se vuoi ottenere un risultato devi cambiare il modo di esprimere il concetto e utilizzare un linguaggio che l’interlocutore riconosca come proprio. Ci devi studiare su. Dovrebbe essere l’Università a informare il medico e il futuro medico di come sta cambiando la società nei suoi valori. Bisogna trovare un linguaggio che interpreti e consenta la comunicazione, ma soprattutto la comprensione dei messaggi tra la Scienza e la Società. Il sanitario deve avere i mezzi e gli strumenti culturali per guidare la comunicazione ed essere istruito su come evitare di inasprire il conflitto, affinché la società così mutata possa a sua volta interpretare il messaggio della Scienza secondo i suoi nuovi valori.
Un esempio pratico: la società si orienta verso valori di autonomia e autodeterminazione e tu, quando entra un nuovo paziente, gli fai un preventivo di cura per come sei abituato a fare e per come vedi in quel momento la situazione. Il paziente esce dal tuo studio e va dal Dott. Novaepisteme che lo accoglie, gli illustra una serie di alternative e dialoga con lui sulle possibili soluzioni. Non gli fa alcun preventivo, ma lo esorta a pensare a quanto discusso nella visita. In questi due diversi modi di affrontare la medesima situazione sta la differenza tra chi ha saputo leggere i nuovi valori della società e chi ancora non lo sa fare.
Accanto a una pratica clinica curricolare e obbligatoria relativa alle materie tecnico-cliniche proprie della professione, non esiste una pratica al letto del paziente che insegni allo studente le opportune tecniche relazionali e di dialogo proprie della comunicazione.