La malattia parodontale è l’argomento della presente rassegna, in cui proponiamo aggiornamenti su alcuni campi sperimentali, come la terapia con cellule staminali, e sulle sfuggenti correlazioni con le patologie sistemiche dove tanti indizi non sono ancora diventati prove. A diabete e malattie cardiovascolari, indagate da decenni, si è aggiunta oggi la sindrome respiratoria acuta da Coronavirus 2 con cui la malattia parodontale condivide probabilmente il tratto più distintivo e cioè che la reazione dell’ospite può essere più dannosa della noxa patogena, come avviene anche nei pazienti affetti da artrite reumatoide.
Lo studio OPERA sui risultati della terapia parodontale nell’artrite reumatoide
La parodontite si associa in modo indipendente all’artrite reumatoide (AR) ma sono ancora scarsi i dati sui possibili benefici che la terapia parodontale potrebbe portare ai pazienti affetti da questa malattia di probabile origine autoimmunitaria che può colpire anche altri apparati oltre a quello scheletrico.
Obiettivo di questo studio clinico randomizzato condotto nel Regno Unito è stato quello di valutare se vi siano i presupposti per eseguire ulteriori ricerche.
Sono stati quindi scelti casualmente due gruppi di 30 pazienti, ciascuno con AR e parodontite: il primo veniva sottoposto a un trattamento parodontale eseguito da un’igienista all’inizio del periodo sperimentale; il secondo fungeva da controllo e veniva sottoposto al medesimo trattamento al termine del periodo sperimentale (cioè dopo sei mesi).
I parametri oggetti di ricerca (profondità di sondaggio, sanguinamento al sondaggio, livello di attacco clinico) venivano misurati all’inizio, a tre e a sei mesi di distanza.
I risultati hanno rivelato che la terapia parodontale apporta significativi benefici al parodonto e riduce la gravità dei parametri clinici relativi alla AR oggetto della ricerca.
Stato parodontale dei molari inferiori dopo trattamento con cellule staminali della polpa dentale e L-PRF
Cubuk S, Oduncuoglu BF, Alaaddinoglu EE. The effect of dental pulp stem cells and L-PRF when placed into the extraction sockets of impacted mandibular third molars on the periodontal status of adjacent second molars: a split-mouth, randomized, controlled clinical trial. Oral Maxillofac Surg. 2023 Mar;27(1):59-68. doi: 10.1007/s10006-022-01045-2.
Il protocollo split-mouth rende particolarmente interessanti e attendibili le ricerche sugli effetti di una terapia, dato che nello stesso soggetto un’emiarcata funge da controllo e l’altra da sito sperimentale. Oggetto di questo studio clinico controllato e randomizzato è un esito di frequente riscontro in chirurgia orale (40% secondo alcuni autori) e cioè il minus osseo di almeno 4 mm sulla superficie distale del secondo molare dopo l’estrazione del terzo incluso, al quale si cerca di rimediare con suture e lembi appositi oltre a interventi rigenerativi. Gli autori hanno utilizzato il L-PRF, che consiste in fibrina autogena polimerizzata fisiologicamente che, essendo ricca di piastrine, leucociti, fattori di crescita e proteine plasmatiche viene utilizzata da tempo nelle procedure rigenerative non solo orali; inoltre, è risultata essere anche un affidabile scaffold (trama di sostegno) per l’impiego di cellule staminali.
Il L-PRF puro è stato messo a confronto con quello addizionato di cellule staminali della polpa dentale in un campione di 13 pazienti, per un totale di 26 siti anatomici.
Sono stati misurati la profondità di sondaggio e il livello di attacco clinico del secondo molare prima e sei mesi dopo l’estrazione del terzo molare incluso; sono state inoltre valutate radiograficamente la perdita di osso e la densità ossea relativa sulla superficie distale del secondo molare.
Tutti i dati sono stati misurati dal medesimo operatore in modalità cieco. Premesso che si tratta del primo esperimento del genere e che il campione è molto limitato, i risultati dimostrano che i parametri parodontali risultavano significativamente migliori dopo sei mesi con differenze medie di 1,65 mm per la profondità di sondaggio e 1,54 mm per il livello di attacco clinico, mentre non sono emerse differenze rilevanti dalle misure radiografiche.
Non si sono neppure manifestate significative differenze tra i siti trattati con L-PRF puro e quelli nei quali sono state aggiunte le cellule staminali.
Il biofilm dentale di pazienti sintomatici con Covid-19 contiene SARS-Cov-2
Il sospetto che i tessuti molli orali potessero ospitare il virus Sars-Cov-2 era sorto sulla base del fatto che le cellule epiteliali sono dotate dei recettori ACE-2 ai quali esso si lega. Due anni fa, inoltre, fu dimostrata la presenza del virus nel fluido del solco gengivale e fu creato un sistema di rilevazione del virus nella saliva. La ricerca si è poi estesa anche al biofilm.
In un gruppo di soggetti sottoposti al tampone naso/orofaringeo analizzato con PCR sono stati prelevati sei campioni di bioiflm dentale; in totale 70 individui sono risultati positivi al tampone faringeo e 13 di essi (18,6%) erano positivi anche per i campioni di biofilm dentale.
Due dati sono molto interessanti e presentano potenziali connessioni interdisciplinari, anche se ancora di limitato valore per l’esiguità dei numeri; il primo è che la carica virale dei tamponi faringei era significativamente maggiore nei soggetti con biofilm dentali positivi, il secondo è la stretta correlazione tra i sintomi (febbre, faringodinia e tosse) e la presenza di virus nel biofilm (46% dei casi).
Efficacia del trattamento della malattia parodontale nel controllo glicemico
Di Domenico GL, Minoli M, Discepoli N, Ambrosi A, de Sanctis M. Effectiveness of periodontal treatment to improve glycemic control: an umbrella review. Acta Diabetol. 2023 Jan;60(1):101-113.
Milanesi FC, Greggianin BF, Dos Santos GO, Toniazzo MP, Weidlich P, Gerchman F, Oppermann RV. Effect of periodontal treatment on glycated haemoglobin and metabolic syndrome parameters: A randomized clinical trial. J Clin Periodontol. 2023 Jan;50(1):11-21.
Nel primo articolo gli autori di due università italiane hanno riassunto le evidenze disponibili prima del 2022 sugli effetti del trattamento parodontale non chirurgico nei pazienti con diabete tipo 2.
In base a una serie di parametri di affidabilità scientifica sono state selezionate 26 ricerche di tipo randomizzato con selezione casuale dei soggetti e una di tipo non randomizzato. I risultati sono statisticamente significativi, per quanto non eclatanti: rispetto ai gruppi di controllo, i diabetici sottoposti a trattamento parodontale non chirurgico mostrano una riduzione più marcata dell’emoglobina glicosilata (HbA1c, parametro di riferimento per la glicemia media) pari a - 0.49 % e - 0.38% rispettivamente a 3 e 6 mesi di distanza. I dati ottenuti non hanno permesso di “promuovere” i trattamenti combinati con aggiunta di antibiotici né quelli con laser che non hanno superato la soglia di significato statistico.
Gli autori della seconda ricerca hanno invece scelto casualmente 79 pazienti con sindrome metabolica (diabete, ipertensione, obesità) e parodontite di grado medio-grave confrontandoli con un campione omogeneo; il primo gruppo ha ricevuto il trattamento parodontale non chirurgico e a distanza di 3 e 6 mesi sono stati misurati i parametri parodontali e di laboratorio (HbA1c, proteina C reattiva, indice HOMA che combina i valori di glicemia e insulinemia).
Al termine, nel gruppo sperimentale si sono prevedibilmente osservati misure significativamente più favorevoli dei parametri parodontali ma non di quelli di laboratorio.
Associazione tra parodontite e gravità dell’infezione da Covid-19
Questo studio è un buon esempio dell’utilità, potenzialmente enorme, dei cosiddetti big data. Dopo avere estratto dai fascicoli sanitari digitali i dati di 568 pazienti colpiti da Covid-19 nel periodo febbraio-luglio 2020, gli autori hanno confrontato le condizioni parodontali (valutate mediante le radiografie disponibili) con alcuni parametri dell’infezione pandemica. È stato così possibile accertare che la gravità della malattia parodontale si associa significativamente sia alle complicanze più gravi dell’infezione (morte, necessità di terapia intensiva, ventilazione assistita) sia ai parametri di laboratorio (formula leucocitaria, D-dimero, proteina C-reattiva).



