Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, GIURO di promuovere l’alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l’arte medica
(Ippocrate, nella sua versione più aggiornata)

Da qualche tempo ricevo telefonate allarmate di Odontoiatri che si (e mi) interrogano sul consenso informato. Chi minimizza, chi puntualizza, chi banalizza … questa non è l’ennesima trafila burocratica, questa è Medicina e come tale deve essere affrontata da chi intende seriamente svolgere la Professione. Tema già affrontato più e più volte ma che la Cassazione non perde occasione di riprendere ogni qualvolta pare svanire all’orizzonte: il consenso informato altro non è che il diritto del Paziente all’autodeterminazione e, come tale, deve essere acquisito in modo da non poter dubitare della consapevole intenzione dello stesso di volersi sottoporre a una determinata terapia o a un determinato intervento. A conforto di questa rinnovata attenzione giungono due decisioni della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione che, a distanza di un anno l’una dall’altra, ribadiscono l’indipendenza e l’autonomia del diritto leso dalla mancata acquisizione del consenso informato ma, d’altro canto, la stretta connessione con il buon esito del trattamento “subito”.

La Corte

La sentenza n. 16633/23, che invito a leggere nella sua interezza perché riporta diverse casistiche che potrebbero interessare i singoli, fornisce anche un riassunto dell’excursus giurisprudenziale che ha portato all’attuale individuazione del diritto all’autodeterminazione.
“Per illustrare le ragioni di tale valutazione si rende opportuno ripercorrere, sia pur sommariamente, lo statuto della responsabilità da mancato consenso informato, quale emergente dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Sezione. È stato già più volte evidenziato che l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente può assumere diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute.

• Nel primo caso, l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia ex se una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario.

• Nel secondo, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende, invece, dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile, di regola, in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova - che, in applicazione del criterio generale di cui all’art. 2697 c.c., grava sul danneggiato - del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso.

Questi enunciati vanno certamente condivisi ma - va rimarcato - non esauriscono lo schema concettuale cui occorre far riferimento ai fini della verifica della fondatezza della pretesa risarcitoria, anche quando dedotta come nascente dalla violazione degli obblighi informativi. Anche in tal caso, il fatto costitutivo del credito risarcitorio richiede la presenza dei seguenti elementi:

la condotta lesiva (ovvero l’omissione o l’incompletezza delle informazioni rese al paziente, insieme con il presunto dissenso all’atto terapeutico nelle ipotesi di cui si dirà);

l’evento di danno (che può essere rappresentato dalla violazione del diritto all’autodeterminazione o della lesione del diritto alla salute o da entrambi allo stesso tempo), legato al primo da nesso di causalità materiale;

il danno-conseguenza, ossia le concrete conseguenze pregiudizievoli, derivanti, secondo nesso di causalità giuridica ex art. 1223 c.c., dall’evento di danno, queste sole costituendo danno risarcibile nel vigente ordinamento che non ammette la risarcibilità di un danno in re ipsa.

La violazione degli obblighi informativi dovuti al paziente può dunque essere dedotta sia in relazione eziologica rispetto all’evento di danno rappresentato dalla lesione del diritto alla salute, sia in relazione all’evento di danno rappresentato dalla violazione del diritto all’autodeterminazione, sia, contemporaneamente, in relazione ad entrambi.
Nel primo caso (deficit informativo dedotto come lesivo del diritto alla salute) non vi sono considerazioni particolari da fare quanto al secondo ed al terzo elemento dello schema concettuale sopra ricordato: risarcibile non sarà, in sé, la lesione dell’integrità psico-fisica, ma le conseguenze pregiudizievoli da questa derivanti (danno patrimoniale - danno biologico - danno morale) nei termini fissati dalla giurisprudenza e che non è necessario in questa sede richiamare. La particolarità in tal caso riguarda piuttosto il primo elemento della fattispecie: il fatto lesivo. In tal caso, infatti, come è stato puntualmente rilevato, “l’omessa informazione assume di per sé carattere neutro sul piano eziologico, in quanto la rilevanza causale dell’inadempimento viene a dipendere indissolubilmente dalla alternativa “consenso/dissenso” che qualifica detta omissione.
In caso, infatti, di presunto consenso, l’inadempimento dell’obbligo informativo, pur esistente, risulterebbe privo di incidenza deterministica sul risultato infausto dell’intervento correttamente eseguito, in quanto comunque voluto dal paziente.
Diversamente, in caso di presunto dissenso, detto inadempimento assume invece efficienza causale sul risultato pregiudizievole, in quanto l’intervento terapeutico non sarebbe stato eseguito - e l’esito infausto non si sarebbe verificato - non essendo stato voluto dal paziente. Nel secondo caso (deficit informativo dedotto come lesivo del diritto alla autodeterminazione) le considerazioni da fare riguarderanno invece il terzo elemento dello schema concettuale, ossia i pregiudizi risarcibili. Quanto al fatto lesivo, invero, se, di regola, occorre allegare e provare, oltre alla violazione dell’obbligo informativo, anche che, se correttamente informato, il paziente avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento, è di converso ipotizzabile che, pur nel caso in cui possa presumersi che questi avrebbe prestato il consenso (o in cui comunque non v’è prova del contrario, come nella specie), egli non sia stato messo nelle condizioni di autonomamente determinarsi ed affrontarle consapevolmente. Anche in tale ipotesi, dunque, la violazione dell’obbligo informativo determina comunque la lesione del diritto all’autodeterminazione.
Con ciò, però, si rimane pur sempre sul piano dell’evento lesivo (o danno-evento), il quale non costituisce ex se, come detto, danno risarcibile. Va dunque ribadito che un danno risarcibile da lesione del diritto all’autodeterminazione è predicabile se e solo se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (e, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente, da allegarsi specificamente e da provarsi concretamente, sia pure a mezzo di presunzioni.”

E quindi?

E quindi, a chi chiede ricordo che l’informazione da dare al Paziente è un obbligo deontologico, che deve essere adeguata al caso cui poi deve essere applicata (quindi redatta anche sulla scorta delle informazioni anamnestiche ottenute visitando il Paziente) e che il consenso – anche se previsto a volte in forma orale – è sempre meglio ottenerlo per iscritto, con una bella firma in calce al testo che riconosca il vostro aver rispettato il Paziente ed il suo diritto all’autodeterminazione.

 

 

Il giuramento - Ultima modifica: 2024-09-26T09:17:35+00:00 da K4
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