Fino a pochi decenni fa, l’igiene dentale era spesso relegata ai margini dell’odontoiatria, considerata accessoria se non trascurabile. Oggi questa disciplina non solo ha conquistato dignità clinica, ma si sta rivelando una leva strategica per la prevenzione, la salute sistemica e l’efficacia a lungo termine di ogni trattamento odontoiatrico. Oltre che per la crescita, anche economica, dello studio.
Da “semplice” pratica di prevenzione, l’igiene dentale oggi si può considerare un importante tassello strategico dell’odontoiatria moderna. Tecnologie sofisticate, nuove consapevolezze relazionali e un ruolo clinico in continua espansione la rendono un’attività sempre più rilevante per la salute dei pazienti, ma anche per il successo terapeutico degli odontoiatri e degli studi dentistici.
La figura dell’igienista dentale, un tempo percepita come ancillare, oggi è autonoma e specializzata, fondamentale per intercettare precocemente patologie, motivare alla prevenzione e contribuire attivamente alla gestione di pazienti complessi. Una risorsa preziosa sicuramente sul piano clinico, ma anche in chiave organizzativa ed economica: la sua attività all’interno dello studio odontoiatrico può aumentare la fidelizzazione dei pazienti, generare valore e costruire quel ponte fondamentale tra prevenzione e terapia che è alla base di una odontoiatria realmente contemporanea.

Una disciplina viva, in continua evoluzione

Annamaria Genovesi
Annamaria Genovesi, Igienista Istituto Stomatologico Toscano

Si potrebbe definirla così, l’igiene dentale, parafrasando il pensiero di Annamaria Genovesi, professionista e docente con una lunga esperienza, divenuta punto di riferimento per questa disciplina che in pochi decenni, spiega, ha conquistato definitivamente la fiducia di odontoiatri e pazienti, e oggi occupa un posto di rilievo nell’odontoiatria. «L’igienista dentale è una figura nata con compiti di prevenzione primaria e secondaria essendo la prevenzione terziaria compito riservato per molto tempo al dentista», spiega. «Oggi la situazione è profondamente cambiata, almeno per certe patologie. Non v’è dubbio, ad esempio, che la terapia della parodontite sia ormai prevalentemente appannaggio dell’igienista dentale, con compiti che identificano oggettivamente un’attività di prevenzione terziaria. Ovviamente tutto questo spinge a richiamare, in linea con gli indirizzi etici di una professione sanitaria, ad approfondimenti specifici che consentano di garantire ai nostri pazienti cure di qualità e un costante impegno verso la professionalità e la responsabilità». A facilitare l’importante compito dell’igienista ha contribuito anche l’innovazione degli strumenti e dei protocolli. «Ovviamente l’evoluzione tecnologica ha investito anche la nostra professione, portandoci a ottenere risultati clinici che hanno aperto la strada a diversi cambiamenti. Mi preme comunque sottolineare che le evoluzioni tecnologiche sono utili a semplificare le nostre procedure cliniche e a renderle più prevedibili. Non possiamo tuttavia pensare che queste, da sole, possano essere fonte di risultati. Nella nostra professione rimane fondamentale, meglio ancora irrinunciabile, una seria motivazione del paziente che sfoci in una sua collaborazione attiva, prerequisito in assenza del quale non c’è procedura clinica o dispositivo tecnologico che possa garantire risultati prevedibili e, soprattutto, stabili nel tempo. Alla base dei nostri risultati rimane una profonda cultura biologica che rifugge da facili sollecitazioni commerciali che offrono più o meno miracolosi dispositivi. In altre parole, i dispositivi semplificano spesso le procedure, ma gli obiettivi e il razionale delle nostre terapie devono restare sotto il nostro controllo. Credo anche che si stiano identificando diverse sottospecialità della nostra professione», prosegue Genovesi. «Accanto a igienisti dedicati alle tradizionali funzioni preventodontiche, emerge la necessità di figure specializzate nella terapia della parodontite, attività da seguire strettamente con il parodontologo, e nel trattamento del piccolo paziente, affiancando il pedodontista. In futuro probabilmente vedremo una figura di igienista implanto-protesica, preparata per affiancare l’implantologo nelle riabilitazioni più importanti. In realtà, questo è un progetto che sto portando avanti attraverso la collaborazione tra Fondazione Istituto Stomatologico Toscano e UniCamillus, giovane e brillante istituzione universitaria. Da questa collaborazione, ormai da tempo, è nata l’offerta di Master Universitari di 1° livello nelle varie specialità della nostra disciplina. Il successo in termini di iscritti e di qualità dei partecipanti è sicuramente la gratificazione maggiore e rappresenta un importante stimolo a perseverare su questa strada».

Odontoiatra-igienista dentale, un’alleanza destinata a rafforzarsi

Francesco Cairo
Francesco Cairo, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP)

In un momento in cui la salute orale è sempre più al centro dell’attenzione pubblica e scientifica, il tema della collaborazione tra odontoiatra e igienista dentale assume un ruolo centrale. Ne è convinto Francesco Cairo, presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), nonché professore associato presso l’Università di Firenze, che da anni lavora sul fronte dell’integrazione clinica e formativa tra le due figure.
«Oggi è impensabile uno studio odontoiatrico moderno che non preveda la presenza dell’igienista dentale. È una figura fondamentale, tanto nella prevenzione quanto nella gestione terapeutica delle patologie parodontali e peri-implantari».
Cairo sottolinea però che questo ruolo si inserisce sempre in una logica di lavoro coordinato.
«L’igienista opera in stretta collaborazione con l’odontoiatra. Le scelte cliniche, anche per quanto riguarda le terapie non chirurgiche, vanno condivise e ben integrate nel piano complessivo del trattamento.
È una questione di sicurezza, efficacia e responsabilità. L’integrazione tra le due figure non è solo auspicabile: è ormai strutturale. E sarà ancora più centrale nella gestione dei pazienti con patologie sistemiche e, soprattutto, oncologiche. Nei prossimi anni, il contributo dell’igienista dentale nella prevenzione e nella cura di chi affronta una chemioterapia sarà fondamentale».
Questa integrazione è già codificata all’interno di linee guida internazionali e nazionali, solide e condivise. Cairo ricorda che lo step 1 e 2 del trattamento parodontale – cioè la strumentazione non chirurgica – rientrano nelle competenze dell’igienista, su indicazione del dentista. Il terzo step, quello chirurgico, resta di competenza odontoiatrica, mentre il mantenimento (step 4) è nuovamente affidato all’igienista. «Si tratta di un sistema equilibrato, costruito sulla base dell’evidenza scientifica. È scolpito nella pietra. Ora stiamo lavorando all’adattamento di questi protocolli per i pazienti oncologici, con l’obiettivo di offrire un percorso adeguato anche in condizioni cliniche complesse».
Sul piano comunicativo, per Cairo la motivazione del paziente è un processo scientifico. «Si basa su tre pilastri: le capacità relazionali del clinico, la struttura organizzativa dello studio e la consapevolezza, da parte del paziente, di avere una patologia da trattare. È solo quando il paziente comprende il rischio reale della malattia che si attiva una motivazione autentica».
C’è infine un altro fronte su cui, secondo Cairo, è necessario continuare a investire: la comunicazione personalizzata. «Parlare in modo chiaro al paziente, spiegare, ascoltare, adattare il linguaggio: sono passaggi fondamentali per costruire un’alleanza terapeutica solida. La vera sfida, oggi, è rendere la compliance, ancora poco sviluppata, una realtà diffusa. Troppi pazienti non riescono a seguirla, e spesso la responsabilità ricade sull’organizzazione dello studio e sulla qualità della comunicazione. In fondo, il vero salto di qualità è riuscire a far comprendere bene quello che il paziente deve fare. Anche un gesto semplice, come imparare a spazzolarsi i denti una volta al giorno, in molte aree del mondo rappresenterebbe un progresso straordinario». Marketing e comunicazione possono essere strumenti utili, ma solo se messi al servizio di un progetto clinico coerente e fondato.

Dal paziente alla persona: una nuova prospettiva

Martina Gangale, Igienista dentale, psicologa clinica e docente a contratto presso diversi atenei italiani

Per Martina Gangale, igienista dentale, psicologa clinica e docente a contratto presso diversi atenei italiani, il cambiamento nella relazione con il paziente non è una novità recente, ma un ritorno all’essenza originaria della medicina. «Per me il paziente è sempre stato prima di tutto una persona, poi un paziente, e solo in ultimo un cliente» afferma con convinzione. Una visione che si inserisce perfettamente nel paradigma moderno della promozione della salute, dove l’operatore non è più soltanto un tecnico, ma un interlocutore empatico, capace di ascolto e orientato alla costruzione di un rapporto umano autentico. Il paziente oggi non è più un distretto anatomico su cui intervenire, ma un individuo portatore di emozioni, aspettative, bisogni e vissuti. Questo non significa abbandonare le linee guida e i protocolli, ma integrarle con una visione più ampia, che tenga conto della soggettività e favorisca una vera alleanza terapeutica». Un tempo, ricorda Gangale, la relazione medico-paziente era sbilanciata: da un lato c’era il depositario unico del sapere, dall’altro un paziente passivo.
Oggi, invece, si tende a riconoscere un ruolo più attivo e responsabile anche a chi riceve le cure. «La relazione si costruisce su un equilibrio: il professionista offre la propria competenza tecnica, il paziente il proprio vissuto e la volontà di collaborare.
Entrambi contribuiscono, in modo paritario, alla realizzazione degli obiettivi di salute. Il medico resta responsabile delle scelte tecniche, ma il paziente diventa interlocutore consapevole, protagonista del proprio percorso di cura». Come due piloti che devono coordinarsi per arrivare a destinazione, medico e paziente devono costruire insieme un rapporto basato sulla fiducia, sul rispetto e sulla condivisione delle scelte.

Tecnologie per coinvolgere e motivare

In questo nuovo scenario, spiega Martina Gangale, anche la tecnologia gioca un ruolo chiave, trasformandosi in strumento relazionale e motivazionale. «La digitalizzazione permette oggi di rendere accessibile al paziente un linguaggio clinico spesso complesso, facilitando la comprensione e quindi l’adesione alle cure». L’utilizzo di fotografie, scanner intraorali, videocamere e app interattive consente di mostrare in modo diretto e immediato ciò che il paziente non può percepire da solo. «Quando una persona vede chiaramente cosa succede nella propria bocca, non si limita più a subire il trattamento, ma partecipa attivamente al proprio miglioramento».
Gangale crede molto anche nell’utilizzo di strumenti ludici, soprattutto con i più piccoli. Alcune app, racconta, permettono di trasformare il momento dell’igiene orale in un gioco coinvolgente. «Attraverso sensori nello spazzolino e immagini interattive, il bambino impara a rimuovere la placca, riconosce il colore viola che ha già visto durante la seduta clinica, guadagna punti e stelline per curare un draghetto virtuale. È un gioco, sì, ma è anche un apprendimento profondo.
Prendersi cura di sé diventa un gesto naturale, quotidiano, divertente». Per gli adulti il meccanismo è simile, ma basato su statistiche e dati personalizzati che permettono sia al paziente sia al professionista di intervenire in modo più mirato.
Tutto questo non sostituisce il clinico, ma potenzia il suo intervento. «Il paziente deve essere guidato in fase clinica, ma anche in quella domiciliare. Quando ha strumenti adeguati, può gestire la propria salute in modo più consapevole, giorno dopo giorno». La tecnologia, quindi, non è solo utile al professionista, ma è una vera opportunità per entrare in relazione con il paziente e per rafforzare la sua motivazione al cambiamento. «La salute orale diventa parte di uno stile di vita più ampio, che comprende l’alimentazione, l’attività fisica e altri comportamenti orientati alla salute e all’igiene». Una competenza che va oltre l’ambito tecnico: per Gangale, infatti, l’igienista dentale dovrebbe compiere un salto di qualità. «Bisogna riconoscere che siamo fornitori di relazione d’aiuto. Senza qualità umane e relazionali, senza apertura mentale, senza predisposizione all’ascolto non si può davvero essere efficaci». La comunicazione e la psicologia, sottolinea, sono scienze a tutti gli effetti, e come tali vanno studiate e integrate nella formazione continua. «Serve sì una base teorica, ma anche una filosofia professionale che ci permetta di non perdere di vista l’essenziale: che ogni paziente, prima ancora di essere tale, è una persona».

Verso un approccio personalizzato

Igiene dentale
Direttore Didattico del Corso di Laurea in Igiene dentale presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, professore a contratto presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Vicepresidente dell’Accademia Tecnologie Avanzate nelle Scienze di Igiene Orale

A fare la differenza è anche la modalità con cui si utilizzano le nuove tecnologie, spiega Silvia Sabatini, igienista dentale che svolge la libera professione a Roma e past president della Società di Scienze dell’Igiene Orale (SISIO), dopo aver compiuto un lungo percorso di formazione che l’ha portata a conseguire titoli post graduate all’UCL Eastman Dental Institute di Londra, alla New York State University di Buffalo, (USA), all’Harvard Medical School di Boston e, nuovamente nell’UK, al King’s College London. «Le vere novità non sono più solo gli strumenti, ma il modo in cui li utilizziamo» osserva Silvia Sabatini in qualità di Vicepresidente dell’Accademia Tecnologie Avanzate nelle Scienze di Igiene Orale.
«Stiamo finalmente iniziando a prestare attenzione all’ergonomia, al benessere del professionista, reso possibile anche dal diffondersi di manipoli più leggeri, manici cavi, sistemi ingrandenti e dispositivi con luce LED integrata, che migliorano la visibilità e riducono l’affaticamento. Strumenti più precisi significano non solo vantaggi per il paziente, ma anche per chi li maneggia». Questa evoluzione si riflette nella qualità delle prestazioni offerte. Secondo Sabatini, «un professionista che lavora in modo confortevole è più accurato, più sereno e, di conseguenza, più efficace». Gli ultrasuoni moderni, ad esempio, permettono l’uso di acqua riscaldata, evitando il fastidio del freddo e riducendo le vibrazioni grazie a modalità di lavoro più soft. «Oggi abbiamo la possibilità di offrire una seduta di igiene orale molto più raffinata, anche grazie agli air-polisher di ultima generazione, che superano nettamente le vecchie tecnologie».
La questione dell’anestesia, spesso percepita come un ostacolo nel lavoro dell’igienista, è ridimensionata. «Con gli strumenti attuali non sento la necessità di ricorrere all’anestetico. Se c’è ipersensibilità va trattata comunque, indipendentemente dalla seduta di igiene, magari con prodotti domiciliari specifici come dentifrici o molecole remineralizzanti. Non possiamo limitarci a constatare il problema e ignorarlo».
Nonostante queste innovazioni, molte realtà cliniche restano ancorate a strumentazioni tradizionali collegate al riunito. «Strumenti anche validi, ma che non offrono le stesse possibilità di regolazione o gestione del comfort. In molti casi, manca semplicemente la volontà di aggiornarsi e conoscere nuove tecnologie».
Eppure, non si tratta di tecnologie complesse né economicamente proibitive. «Serve solo un po’ di formazione, soprattutto per quanto riguarda la manutenzione. Sempre più colleghi acquistano direttamente le proprie apparecchiature, soprattutto se lavorano in autonomia o in studi che offrono questa possibilità».
Anche il laser trova posto nella pratica dell’igiene dentale. «Ho a disposizione un laser ad erbio: lo utilizzo per quelle prestazioni che rientrano nel mio ambito, ma non è qualcosa che acquisterei personalmente, data la sua vocazione chirurgica».
Sabatini non sente il bisogno di spingersi oltre i limiti della propria professione. «Non sono un medico e non voglio esserlo. Il nostro ambito è già molto ampio: va dalla prevenzione alla gestione della malattia parodontale e perimplantare, fino allo sbiancamento, su cui lavoro moltissimo». Proprio lo sbiancamento, sottolinea, rappresenta spesso il primo contatto tra paziente e professionista. «È una porta d’accesso. Se il paziente entra per un’esigenza estetica e io riesco a fargli intravedere un percorso più completo di cura, tanto meglio».

Un volano per lo studio

Igiene dentale
Fabio Cedro, Consulente, esperto di gestione nel settore odontoiatrico

Nello studio odontoiatrico moderno, l’igienista dentale non è più una figura accessoria, ma un vero cardine del sistema clinico ed economico. Grazie al suo ruolo nella prevenzione, nel mantenimento e nella motivazione del paziente, diventa un’estensione attiva e strategica dell’attività dell’odontoiatra. Gli interventi di igiene professionale, la profilassi e lo screening parodontale non solo migliorano la salute orale, ma permettono anche di intercettare precocemente patologie come carie, gengiviti o lesioni sospette, avviando tempestivamente percorsi diagnostici e terapeutici più complessi.
La relazione frequente e diretta con il paziente trasforma l’igienista in una figura di riferimento per l’educazione sanitaria e la fidelizzazione. «È spesso proprio lui o lei a instaurare quel rapporto di fiducia che porta il paziente a tornare regolarmente per i richiami», spiega Fabio Cedro, consulente, esperto di gestione nel settore odontoiatrico, «rendendo lo studio un punto di riferimento stabile e continuo».
In alcuni casi, lo screening include tecnologie avanzate come i test salivari o l’autofluorescenza, che rendono l’igienista un alleato prezioso anche nella prevenzione sistemica e nella diagnosi precoce, sempre in sinergia con l’odontoiatra.
Da questa impostazione clinica deriva anche un grande potenziale economico, perché, fa notare Cedro, «sebbene la prestazione di igiene professionale, da un punto di vista puramente gestionale, sia una delle meno redditizie per lo studio dentistico, è pur vero che ha un grande valore se analizzata e valutata in un contesto più ampio». L’igienista, infatti, non solo fidelizza, ma genera nuovi percorsi terapeutici e, con essi, valore. La sua presenza regolare mantiene i pazienti “agganciati”, riducendo la dispersione e creando un flusso costante e prevedibile.
«Investire sull’igienista significa riconoscerne il suo ruolo strategico nella gestione dello studio», dice Cedro. Ecco perché per uno studio può essere conveniente assegnare a questa figura la responsabilità del reparto igiene, coinvolgerla nei protocolli, nella formazione interna, nel marketing e nelle campagne di prevenzione sul territorio. Si possono strutturare percorsi combinati “igiene + check-up”, creare sistemi di monitoraggio dei pazienti convertiti ai trattamenti. «Tutto contribuisce a trasformare l’igienista», conclude Cedro, «in un vero moltiplicatore di crescita», in pratica in un punto di snodo tra clinica e management, tra prevenzione e sviluppo, e dunque in un volano per lo studio.

 

 

 

Igiene dentale. Non chiamatela più “pulizia dei denti” - Ultima modifica: 2025-10-27T17:52:42+01:00 da Paola Brambilla
Igiene dentale. Non chiamatela più “pulizia dei denti” - Ultima modifica: 2025-10-27T17:52:42+01:00 da Paola Brambilla