La densità ossea relativa è un dato prezioso da conoscere. Non per niente la qualità dell’osso alveolare condiziona la stabilità primaria degli impianti e determina la prognosi a lungo termine. Per ottenere misure quantitative, i clinici utilizzano di norma la tomografia computerizzata (TC), che fornisce valori in unità Hounsfield (HU). Tuttavia, la TC non sempre risulta disponibile e, in molti casi, non si giustifica a causa dei costi e della dose di radiazioni. Per risolvere questo limite, un gruppo di ricercatori russi delle principali università e centri clinici ha sviluppato un metodo rapido e a basso costo per stimare la densità ossea relativa sfruttando ortopantomografie digitali (OPT, OrtoPanTomo-grafie) analizzate con il software ImageJ.
Il protocollo con ImageJ
Gli autori hanno utilizzato ImageJ 1.54i, un software gratuito e open source sviluppato dal National Institutes of Health (NIH, USA). Questo programma è ampiamente diffuso in campo medico e biologico per l’elaborazione e la misura quantitativa delle immagini digitali. Nel presente studio, i ricercatori lo hanno impiegato per calcolare il “mean gray value” (valore medio di grigio, 0–255) nelle regioni di interesse (ROI, Region of Interest).
Per garantire la riproducibilità, hanno standardizzato il flusso operativo: hanno impostato le misure iniziali, escluso le immagini con illuminazione non uniforme o con rapporto segnale/rumore (SNR, Signal-to-Noise Ratio) < 20 dB, selezionato le ROI con lo strumento poligonale e gestito più aree tramite “ROI Manager”. Infine, hanno espresso la densità in forma relativa, rapportando il valore medio della ROI d’interesse con quello di un’area di riferimento sana.
La scelta dell’area di riferimento
Poiché i parametri di esposizione radiografica influenzano i valori, gli autori hanno cercato un riferimento stabile. Dopo varie comparazioni, hanno individuato l’angolo mandibolare come area ideale: i clinici lo riconoscono facilmente, le immagini lo mostrano senza sovrapposizioni e il coefficiente di variazione (CV, Coefficient of Variation) risulta il più basso tra tutte le aree testate. Pertanto, nelle aree sane il rapporto medio ha raggiunto 1,052, con deviazione standard (DS) 0,058 e CV 0,055 ± 0,011.
Campione e analisi
I ricercatori hanno condotto uno studio retrospettivo multicentrico, analizzando database radiografici raccolti fra il 2020 e il 2023. Inizialmente hanno valutato 312 OPT, successivamente hanno ritenuto idonee 94 immagini e, infine, hanno selezionato un campione stratificato di 30 soggetti (età media 48,2 ± 12,1 anni; 53% donne). Hanno processato i dati con Microsoft Excel e con modelli misti in R. Per verificare la robustezza, hanno applicato bootstrap (1000 iterazioni), test di Shapiro–Wilk e Mann–Whitney con correzione Benjamini–Hochberg. Inoltre, hanno calcolato la potenza statistica con G*Power. La ripetibilità ha mostrato valori elevati: coefficiente di correlazione intraclasse (ICC, Intraclass Correlation Coefficient) pari a 0,982 per l’angolo mandibolare, 0,945 per la cresta alveolare e 0,891 per le aree patologiche.
Risultati principali
I dati hanno dimostrato che il metodo distingue chiaramente le condizioni patologiche. Infatti, la densità ossea relativa nelle aree difettuali è risultata 0,64 ± 0,11, mentre nelle aree sane ha raggiunto 1,052 ± 0,058. Pertanto, quando il valore differisce meno dell’11% dallo standard (≈1), i ricercatori ritengono plausibile una completa rigenerazione della densità. Inoltre, nel caso clinico presentato, relativo a una perimplantite, il rapporto è migliorato da 0,68 a 0,95 a sei mesi dal trattamento, mostrando l’efficacia del monitoraggio.
Vantaggi e limiti
Questo protocollo consente ai clinici di monitorare quantitativamente l’osso nel tempo utilizzando risorse minime. Di conseguenza, risulta utile nei controlli post-implantari, post-chirurgici e post-estrattivi. Inoltre, l’elevata riproducibilità (ICC > 0,9; CV < 5% nelle aree di riferimento) rende il metodo paragonabile agli standard consolidati della radiologia odontoiatrica. Tuttavia, lo studio, pubblicato su Dentistry Journal, non è privo di limiti. Il metodo richiede infatti immagini di buona qualità, operatori formati nella selezione delle ROI (almeno 10 casi di addestramento) e apparecchi radiografici calibrati. Inoltre, i sottogruppi clinici rari, come le perimplantiti avanzate, necessitano di ulteriori conferme con campioni più ampi.



