Nel corposo Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, una disposizione molto apprezzata dai professionisti è quella dell’art. 56, rubricato “Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di Covid-19”.

L’articolo dispone per le “attività imprenditoriali danneggiate” - e sarà infatti chiesto di attestare questo danno - delle tutele rispetto ai rapporti in essere con le banche e gli intermediari finanziari, sia per le aperture di credito in conto corrente, i “fidi”, che per altre forme tecniche di prestito, come mutui e leasing.

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In sintesi, la norma mira a evitare che le imprese, già danneggiate dalla crisi economica portata dall’epidemia, si vedano anche “chiudere i rubinetti” della liquidità bancaria, con la revoca degli affidamenti, proprio nel momento di maggior bisogno. Inoltre, si consente alle imprese di sospendere i pagamenti rateali in programma.

Anche per i professionisti

L’art. 56 si compone di ben 12 commi, e non sempre il suo testo è cristallino.

Una prima incertezza è circolata in relazione alla applicabilità ai professionisti, visto che il testo si riferiva alle “imprese”. In effetti, la lettura del comma 2, con il diretto riferimento a una nozione comunitaria di impresa più “larga” di quella nazionale, portava a considerare i professionisti nel novero di chi avrebbe usufruito della disposizione, ma il condizionale e i dubbi non sono mancati.

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con un testo pubblicato sul suo sito Internet in data 22 marzo, ha infine dovuto chiarire che l’intenzione del Governo che ha emanato il decreto era di includere i professionisti.

I professionisti però si devono domandare se quanto previsto nell’articolo 56 riguarda tutti i rapporti da loro intrattenuti con banche e intermediari finanziari, o se quelli di natura privata ne sono esclusi.

A questo proposito, è pacifico che i finanziamenti e i leasing stipulati per l’acquisto o l’utilizzo di beni da impiegarsi esclusivamente nella professione sono inclusi. Mentre i rapporti instaurati nella veste di privato consumatore non lo potranno essere.

Si tratta dunque di capire come discriminare i due tipi di rapporti. Ad avviso di chi scrive, se nei rapporti è stata “spesa” da parte del professionista la sua partita Iva, ad esempio quando sono presenti le fatture, si tratta di rapporti certamente professionali. Sarà invece da vedere come si comporteranno le banche a fronte della moratoria rispetto al divieto di revoca dei “fidi” su conti correnti che, per i professionisti, sono per loro natura inevitabilmente promiscui, cioè utilizzati sia per i movimenti dell’attività che per quelli privati. Una lettura sistematica dell’articolo 56 farebbe propendere per l’esclusione dei conti correnti promiscui dal novero dei rapporti “protetti”, in quanto il suo scopo è quello di tutelare le attività economiche e non i privati cittadini, cui sono dedicate altre disposizioni.

L’alternativa dell’accordo bancario

Per la sospensione delle rate di mutui e leasing, un’importante considerazione emerge osservando che quella prevista dall’articolo 56 del Decreto legge non è l’unica strada praticabile.

Anzi, se nel decreto la sospensione è prevista per le rate scadenti fino al giorno 30 settembre incluso, è disponibile anche un accordo diretto fra la banca o l’intermediario e il professionista che, a fronte di difficoltà finanziarie in esito di eventi calamitosi o di crisi particolarmente intense, consente di ottenere una sospensione di 12 mensilità e, di conseguenza, di “allungare” la durata dei finanziamenti già in essere alla data del 31 gennaio 2020.

Tale accordo appare dunque, al momento, migliore della sospensione fino al 30 settembre delle rate, prevista dall’art. 56, gli importi delle quali sarebbero poi presumibilmente “spalmati” su quelle rimanenti, e non a queste “accodate”. Per accedere a tale accordo ci si deve rivolgere direttamente a banche e intermediari.

Oltre a quanto già indicato, le differenze di questo accordo con quanto previsto dall’art. 56 sono l’assenza dell’onere di allegazione alla richiesta della dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio, di cui si dirà oltre, e di essere, la conclusione dell’accordo, subordinata alla volontà della banca o dell’intermediario, mentre la sospensione ex art. 56 si configura come un diritto del richiedente in presenza delle condizioni ivi previste.

A chi spettano le misure di sostegno

Una lettura frettolosa delle previsioni dell’art. 56 potrebbe fare pensare che quanto ivi previsto spetti di diritto a tutti i professionisti che inoltrassero alle loro controparti bancarie, con decisione unilaterale, la comunicazione prevista al comma 2, e per la quale banche e intermediari già forniscono dei fac-simile. Una sorta, dunque, di “aiuto di diritto”. Non sembra però, a più accurata lettura, che sia così.

Anzi, emergono dei profili che consigliano molta cautela nei giudizi che precedono la decisione di inoltrare quella comunicazione. Infatti, al comma 3 viene stabilito un onere, e precisamente quello di corredare la comunicazione del comma 2 con una “dichiarazione sostitutiva di atto notorio” ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000. Con tale dichiarazione, il professionista deve attestare “di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da Covid 19”.

Il testo utilizzato dal legislatore per l’attestazione è particolare, in quanto configura una nuova fattispecie diversa sia dalla “crisi” che dall’insolvenza. Ad avviso di chi scrive, la “carenza” deve essere già attuale al momento dell’inoltro della comunicazione ex comma 2, a nulla rilevando una sola temuta futura difficoltà finanziaria. In altri termini, già al momento dell’invio della comunicazione si devono aver avuto difficoltà a pagare spese correnti e si deve poter dimostrare che tali difficoltà sono direttamente dipese dal diffondersi dell’epidemia. Come fare? Tenendo presente che in più occasione si è ribadito, da parte del Governo, che le attività professionali non sono limitate nella loro operatività, dare tali dimostrazioni non si può considerare pura formalità e in molti casi nemmeno facile. Si pensi a professionisti che avessero scorte liquide, anche su conti personali.

Rilasciare la dichiarazione sostitutiva di atto notorio richiesta dal comma 3, senza porsi alcuna domanda sulla capacità o meno di dimostrare quella effettiva “temporanea carenza”, è cosa da ben ponderare.

Si tenga a tal fine presente che il comma 6 dell’art. 56, prevede che banche e intermediari, per avere la parziale garanzia dello Stato ivi prevista a supporto del loro accresciuto rischio, devono inviare al MISE, che è tenuto ad eseguire dei controlli ex art. 71 del DPR 445/2000, una comunicazione telematica sulle operazioni oggetto delle misure di sostegno. Le conseguenze di una eventuale futura contestazione di aver rilasciato una falsa dichiarazione sono di tipo penale e assai pesanti.

Nella grande variabilità delle condizioni riferibili ai singoli casi personali, data la tecnicità di quanto si deve attestare con autocertificazione, si consiglia di approfondire con i propri consulenti la decisione di accedere agli aiuti previsti dall’art. 56. Il “fai da te” è dunque vivamente sconsigliato.

Paolo Bortolini

 

L’articolo 56 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n.18, dispone per le “attività imprenditoriali danneggiate” delle tutele rispetto ai rapporti in essere con le banche e gli intermediari finanziari, sia per le aperture di credito in conto corrente, i “fidi”, che per altre forme tecniche di prestito, come mutui e leasing.

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Covid-19: la sospensione delle rate dei mutui e dei leasing dei professionisti - Ultima modifica: 2020-03-27T11:07:26+00:00 da redazione
Covid-19: la sospensione delle rate dei mutui e dei leasing dei professionisti - Ultima modifica: 2020-03-27T11:07:26+00:00 da redazione

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