Nella conservativa moderna, lo sviluppo delle procedure adesive ha condotto a una importante rivoluzione culturale e metodologica. Analogamente, l’evoluzione dei materiali e dei sistemi adesivi ha influenzato l’approccio al restauro dei denti posteriori, modificando considerevolmente il piano di trattamento.
La necessità di eseguire restauri adesivi sui denti posteriori è legata non solo a richieste estetiche, ma anche a principi bioeconomici, con la possibilità di rinforzare da un punto di vista biomeccanico le strutture dentali residue.
Se è vero che i compositi microibridi e i nanocompositi sono i materiali più spesso consigliati per tutti i tipi di cavità nei denti posteriori, è anche vero che non sono ancora stati risolti i problemi che li riguardano, legati alla contrazione da polimerizzazione e all’adesione dentinale così come all’abilità dell’operatore in termini di isolamento del dente, adesione e riproduzione dell’anatomia originale.
Più la ricostruzione è estesa e la copertura di una o più cuspidi necessaria, più queste problematiche acquistano rilevanza. Ciò ha portato allo sviluppo di tecniche semidirette e indirette che garantiscono la completa polimerizzazione del restauro in composito prima delle procedure di cementazione. Accanto ai compositi e alle leghe metalliche, sono stati introdotti materiali ceramici sempre più performanti che oggi hanno preso il posto delle seconde.
Restauri adesivi indiretti
Il restauro degli elementi dentari dei settori posteriori non può non tenere conto delle specifiche caratteristiche di questi denti: essi, infatti, differiscono dagli anteriori sia in termini di anatomia e istologia sia in termini di carico masticatorio (forza e direzione di forza) che devono sopportare. Sono più larghi, pluriradicolati, con cuspidi più piatte; a livello della giunzione amelo-dentinale presentano una distribuzione di smalto, di per sé molto rigido e fragile, e dentina, elastica, che li rende capaci di sopportare lo stress derivante dalle importanti forze compressive cui sono sottoposti.
La giunzione amelo-dentinale qui presenta una interfaccia meno mineralizzata che correla gradualmente i due tipi tissutali fornendo la capacità di sopportare le deformazioni transitorie indotte dal carico. Questa struttura così complessa è difficile da replicare con un restauro, diretto o indiretto che sia. All’interno dell’arcata dentale, poi, esiste una sorta di mutuo soccorso: i denti posteriori proteggono gli anteriori sopportando i carichi verticali compressivi più intensi, mentre gli anteriori, guidando la disclusione nei movimenti latero-protrusivi, proteggono i posteriori dalle forze di trazione.
I criteri decisionali che guidano il clinico nella scelta di tecniche e materiali possono essere distinti in parametri generali e locali.
- I parametri generali includono età del paziente, igiene orale, motivazione, valutazione del rischio di carie, abitudini alimentari, attività funzionale, ergonomia e disponibilità economica.
- I parametri locali includono la forma della cavità, lo spessore delle pareti residue, posizione dei margini cervicali, presenza di lesioni cervicali, presenza di crepe, posizione del dente, valutazione dell’elemento dentario da un punto di vista della funzione preprotesica e presenza di patologie pulpari o di lesioni parodontali.
Il restauro diretto è tradizionalmente indicato per cavità di I e II classe di piccola e media dimensione con smalto cervicale. In queste situazioni consente un approccio conservativo e un risultato di alto livello, predicibile e ripetibile, con longevità eccellente. Va detto che se non è presente smalto cervicale non c’è indicazione per l’utilizzo di una tecnica indiretta.
In presenza di cavità ampie con coinvolgimento di una o più cuspidi, la tecnica indiretta diventa la soluzione di prima scelta, perché consente di risolvere i numerosi problemi che accompagnano la tecnica diretta, ossia: resistenza all’usura, controllo degli stress da contrazione, possibile ipersensibilità residua, predicibilità dell’adesione dentinale, difficoltà di ricreare un’anatomia dentale corretta in particolare della superficie occlusale, dei punti di contatto e del profilo d’emergenza. Un restauro adesivo indiretto è definito come un restauro coronale parziale in composito o ceramica integrale, che deve inserirsi passivamente in una cavità caratterizzata da specifici attributi e quindi essere cementato adesivamente. Tale tipo di restauro trova indicazione in caso di:
- ampie cavità di II classe con coinvolgimento di cuspidi (una o più);
- restauro di ampie superfici occlusali compromesse da usura e/o bio-corrosione.
Tali indicazioni sono rafforzate da cofattori quali la presenza di smalto cervicale in piccola quantità (altezza < 1 mm e spessore 0.5 mm) o del tutto assente; concavità cervicale; necessità di eseguire restauri multipli in più quadranti per modificare interamente l’occlusione; necessità di ristabilire o incrementare la dimensione verticale.
I vantaggi offerti dai restauri cementati adesivamente rispetto ai restauri diretti sono la possibilità di creare un’anatomia delle superfici occlusali ideale, con un eccellente controllo dei punti di contatto e del profilo di emergenza, e la possibilità di valutare l’occlusione in articolatore. Inoltre, questa tecnica riduce enormemente la contrazione da polimerizzazione che si verifica all’esterno della cavità, migliorando il sigillo marginale.
L’unica contrazione da polimerizzazione che resta è nel sottile strato del cemento resinoso. Il trattamento fototermico (130°C per sette minuti) migliora il grado di conversione del composito e le proprietà fisico-chimiche del restauro.
Nel 2017 Veneziani ha proposto di affiancare ai tradizionali tipi di restauri adesivi indiretti (inlay, onlay e overlay) un nuovo gruppo di restauri in grado di unire estetica e massima preservazione dei tessuti sani e, nello stesso tempo, ridefinire i confini tra conservativa e protesi, sottolineando il cambiamento sostanziale in atto nel piano di trattamento dei settori posteriori.
Distinguiamo quindi:
Restauri indiretti tradizionali
- Inlay - restauri senza interessamento delle cuspidi, indicati per cavità di II classe (OM/OD, MOD) medie e grandi con pareti ben rappresentate in denti vitali. Il materiale ideale è il composito, la tecnica di ricostruzione è diretta (garantisce uguale predicibilità con un approccio più conservativo).
- Onlay – restauri che coprono parzialmente le cuspidi, ma non l’intera superficie occlusale. Trovano indicazione per le cavità di II classe di grandi dimensioni le cui pareti siano supportate parzialmente senza crepe in dentina. In caso di denti trattati endodonticamente è richiesta la presenza di almeno una cresta marginale e due pareti assiali ben supportate in continuità con essa. Il materiale utilizzato in questo caso può essere sia il composito sia la ceramica.
- Overlay – restauri a copertura totale delle cuspidi, indicati per cavità di II classe di grandi dimensioni le cui pareti assiali non siano supportate e siano prive di entrambe le creste marginali. La presenza di crepe in smalto e dentina se il dente è vitale, e l’assenza di una cresta marginale se il dente è trattato endodonticamente, richiedono la copertura totale anche in presenza di pareti residue di adeguato spessore. Possono essere utilizzati sia composito sia ceramica. In caso di restauri multipli ad ampia copertura il materiale di prima scelta dovrà essere la ceramica (vetroceramica disilicato di litio). Per la sua grande resistenza e per la sua capacità di stabilizzare le cuspidi, la ceramica sarà materiale di prima scelta anche in caso di denti colpiti da cracked tooth syndrome, e si opterà per una copertura totale delle cuspidi.
Restauri indiretti di nuova concezione
- Additional overlay – è un restauro a copertura parziale o, più spesso, totale che non prevede alcuna preparazione del dente. È indicato in caso di riabilitazione dell’anatomia di denti che hanno perso tessuto a causa di erosione/abrasione o quando sia necessario un incremento occlusale della dimensione verticale. Il materiale gold standard è la ceramica (disilicato di litio), ma è possibile anche utilizzare il composito.
- Occlusal-veener (o “table top”) – sottile (da 1 a 1.2 mm) restauro adesivo a copertura parziale con design non ritentivo. È indicato nell’erosione progressiva della superficie occlusale o nei casi in cui debba essere aumentata la dimensione verticale. Studi in vitro hanno dimostrato che occlusal-veeners CAD/CAM supersottili (0.6 mm) in resina composita possiedono una resistenza alla fatica significativamente superiore quando messi a confronto con occlusal-veeners in ceramica.
- Overlay-veener (o “veneerlay”) – sono restauri che coinvolgono la superficie occlusale e si estendono a tutta la superficie vestibolare rispondendo a necessità funzionali ed estetiche. Sono indicati per denti posizionati in aree estetiche (tipicamente i premolari superiori) con perdite significative di tessuti duri, gravemente discromici e resistenti allo sbiancamento. Il materiale gold standard è la ceramica (disilicato di litio).
- Long-wrap overlay –coinvolge l’intera superficie occlusale. Si estende a entrambe le pareti vestibolare e/o palatale-linguale, a seconda della perdita di tessuto duro e indifferentemente dal profilo dei tessuti molli. Sono indicati per denti che richiedono una copertura cuspale completa estesa alle pareti assiali per la presenza di estese lesioni cariose, abrasioni, biocorrosioni o fratture che coinvolgono le superfici esterne. Il materiale di scelta è la ceramica (disilicato di litio). Il composito può essere indicato solo come un compromesso più economico.
- Corona adesiva –ricopre completamente il dente, ha margini sovragengivali che seguono il contour dei tessuti molli marginali ed è cementata adesivamente dopo isolamento con diga di gomma. È indicata per quei denti che, presentando la maggior perdita di tessuto, richiedono una preparazione totale. L’approccio adesivo consente al clinico di essere più conservativo nei confronti del poco tessuto dentale residuo e dei tessuti parodontali di quanto consente una corona tradizionale. Con questo restauro di solito non è necessario eseguire l’intervento di allungamento di corona clinica perché non serve creare la resistenza e la forma ritentiva fondamentali per le corone protesiche convenzionali. Il materiale di scelta è il disilicato di litio.
Materiali
La scelta ragionata deve basarsi sulle effettive caratteristiche fisico-meccaniche del materiale e sulle possibilità di verificarne precisione, occlusione, funzione e colore, per ottenere un risultato duraturo dal punto di vista estetico e funzionale.
Ad esempio, una ceramica che può essere provata prima della cementazione rispetto a una che si deve fissare definitivamente prima di apporre qualsiasi modifica offre indiscutibili vantaggi.
L’introduzione dei sistemi CAD/CAM ha rivoluzionato anche la conservativa indiretta. Sono costituiti da uno scanner intraorale o da laboratorio che genera modelli digitali, un software che elabora i dati ricavati dalla scansione e un macchinario che produce il manufatto progettato con il software per sottrazione (fresatore) o per addizione (stampante 3D). Il flusso di lavoro digitale offre molti vantaggi, tra cui la possibilità di confronto tra odontotecnico e clinico in fase di progettazione e di realizzare il manufatto in un solo appuntamento.
È di fondamentale importanza conoscere l’intera gamma dei materiali CAD/CAM a disposizione, le loro proprietà e caratteristiche per offrire al paziente una soluzione terapeutica ottimale. I materiali lavorati per sottrazione sono diponibili in blocchetti di varie dimensioni che, inseriti in un fresatore da laboratorio o chairside, a 3, 4 o 5 assi, a secco o a umido, danno origine al manufatto. In questo gruppo troviamo: cera, Poli(MetilMetAcrilato), resine composite, polimeri altamente performanti, metalli e ceramiche.
- Il PMMA è un polimero sintetico ottenuto da polimerizzazione del metilmetacrilato. Utilizzato per la produzione di corone singole e protesi parziali fisse, è stato di recente oggetto di studio comparativo quando utilizzato per la produzione di inlay: rispetto agli inlay vetroceramici, quelli in PMMA hanno dimostrato di possedere proprietà meccaniche e adattamento marginale sovrapponibili, ragione per cui si sta lavorando al fine di migliorarne le proprietà ottiche e fisiche. Sta diventando, invece, il materiale di scelta per la produzione di protesi mobili fresate.
- Le resine composite sono composte da riempitivi inorganici o organici inglobati in una matrice resinosa organica con iniziatori, stabilizzatori e pigmenti. A differenza delle resine composite dirette, le resine composite fresabili vengono lavorate al di fuori del cavo orale; hanno una contrazione da polimerizzazione ridotta, rilasciano monomeri in minore quantità e hanno proprietà meccaniche superiori. Possono essere caratterizzate aggiungendo supercolori fotopolimerizzabili per ottenere faccette, inlays, onlays e corone perfettamente integrate. Molti studi le confrontano con le ceramiche, ma ancora non c’è consenso su quale materiale sia superiore.
- Polimeri altamente performanti e metalli non trovano indicazione nel nostro ambito.
- Tra le ceramiche disponibili per i sistemi CAD/CAM, le ceramiche rinforzate con leucite e le ceramiche a base di disilicato di litio trovano indicazione per la costruzione di restauri adesivi indiretti in virtù della loro alta resistenza alla frattura e al risultato estetico. Entrambi questi materiali sembrano avere un buon comportamento, ma nel lungo termine il disilicato di litio, grazie alla sua intrinseca resistenza alla flessione, dimostra migliori risultati anche in situazioni difficili: ciò lo rende la ceramica di scelta per veeners, inlay, onlay e corone singole. I blocchetti di disilicato di litio, in fase precristallizzata (color porpora), sono sottoposti a fresatura ad umido e quindi cristallizzati in un forno di sinterizzazione. Dopo questa fase il manufatto è sottoposto a rifinitura, caratterizzazione e glasatura. La lavorazione per addizione o, più semplicemente, stampa 3D, sta suscitando sempre più interesse. Il manufatto viene costruito aggiungendo il materiale (composito, metallo e ceramica) strato dopo strato, in base a un modello tridimensionale virtuale. Questo tipo di lavorazione offre alcuni vantaggi: riduce lo spreco di materia prima e di energia; minimizza il numero di fasi che consentono di ottenere il manufatto finito con riduzione del fattore umano e della possibilità d’errore; è in grado di realizzare a costi predicibili anche dettagli complessi. Le tecnologie additive più utilizzate in odontoiatria sono la stereolitografia e il getto di materiale. La qualità dell’oggetto ottenuto con la stampa dipende dalle caratteristiche della stampante stessa quali la risoluzione o accuratezza, la precisione e l’esattezza.
Alghauli MA, Alqutaibi AY. 3D-printed intracoronal restorations, occlusal and laminate veneers: Clinical relevance, properties, and behavior compared to milled restorations; a systematic review and meta-analysis”. J Esthet Restor Dent 2024 Aug;36(8):1153-1170.
Lo studio vuole valutare se sia possibile produrre restauri intracoronali, faccette sottili e ultrasottili con stampanti 3D e paragonare quindi la loro resistenza meccanica, l’accuratezza, la suscettibilità alla colorazione e la biologia a quelle dei restauri fresati.
Per far questo sono stati identificati in letteratura 1142 articoli tra i quali sono stati scelti 17 studi che mettono a confronto inlay, onlay, veeners occlusali o vestibolari prodotti in ceramiche a base di zirconia o di allumina, ceramiche di disilicato di litio, ceramiche infiltrate, PEEK, resine composite e resine acriliche mediante stampa 3D e fresatura. Dal confronto emerge che è possibile stampare restauri di spessore compreso tra 0.1 e 0.2 mm., e che questi mostrano un adattamento marginale e interno e una veridicità migliore a quelle dei restauri fresati (p < 0.05).
Certamente la scelta del materiale e il disegno della preparazione possono influenzare il risultato. Per quanto riguarda poi i costi, dallo studio emerge che l’investimento iniziale e i costi di produzione associati alla stampa 3D sono significativamente inferiori a quelli che devono essere affrontati per un sistema di fresaggio.
La stampa 3D ha dimostrato anche di essere più efficiente in termini di tempo. La conclusione è che comunque, prima che un restauro in resina stampato possa essere ampiamente usato nella clinica sono necessari ulteriori sviluppi soprattutto per quanto riguarda la suscettibilità alla colorazione.
- La moderna odontoiatria restaurativa è fondamentalmente adesiva.
- Lo spirito conservativo deve pervadere tutte le procedure che divengono così minimamente invasive e mirano alla salvaguardia dei tessuti sani (non solo dentali ma anche pulpari e parodontali).
- I restauri adesivi indiretti rispondono pienamente a questo imperativo arrivando persino a risolvere situazioni complesse senza alcuna preparazione dell’elemento dentario.
- L’avvento del digitale con i sistemi CAD/CAM e l’evoluzione dei materiali hanno consentito di offrire al paziente soluzioni funzionali ed estetiche.
- Cardoso JA, Almeida PJ, Negrão R, et al. Clinical guidelines for posterior restorations based on Coverage, Adhesion, Resistance, Esthetics, and Subgingival management. The CARES concept: Part I – partial adhesive restorations. Int J Esthet Dent. 2023;18(3):244-265.
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