Il trattamento farmacologico post-chirurgico dopo un intervento di chirurgia orale ha lo scopo di controllare il dolore, prevenire le complicanze infettive, ridurre l’infiammazione e favorire una guarigione ottimale dei tessuti molli e duri.
La chirurgia odontoiatrica costituisce una parte essenziale dell’attività clinica quotidiana, comprendendo interventi di diversa complessità, che spaziano dalle estrazioni dentarie e dall’asportazione di lesioni fino alla chirurgia parodontale, pre-protesica e implantare. Nonostante l’evoluzione delle tecniche chirurgiche e anestesiologiche, il periodo post-operatorio continua a rappresentare una fase cruciale per il successo clinico, nonché per il benessere e la soddisfazione del paziente. Il trattamento farmacologico successivo a un intervento di chirurgia orale ha lo scopo di controllare il dolore, prevenire le complicanze infettive, ridurre l’infiammazione e favorire una guarigione ottimale dei tessuti molli e duri.
Tuttavia, le scelte terapeutiche - in termini di principi attivi, posologia, modalità di somministrazione e durata - risultano spesso eterogenee, generando incertezza tra i clinici e il rischio di sovra o sottotrattamento.
Negli ultimi anni, numerose società scientifiche e organismi internazionali hanno proposto linee guida e raccomandazioni evidence-based volte a razionalizzare l’uso dei principali farmaci impiegati nel post-operatorio.
Particolare attenzione è stata dedicata agli antibiotici sistemici, oggetto di continuo riesame per via delle implicazioni legate all’antibioticoresistenza. Parallelamente, l’impiego di antinfiammatori non steroidei (FANS) e corticosteroidi per il controllo del dolore e dell’edema è in continua evoluzione, anche grazie alla disponibilità di nuove formulazioni e modalità di somministrazione.
Questo articolo intende offrire una panoramica aggiornata sulle indicazioni farmacologiche nel post-operatorio chirurgico in odontoiatria.
Saranno esaminate le principali raccomandazioni ed evidenze disponibili e approfondite le implicazioni cliniche utili a orientare una gestione terapeutica razionale e personalizzata.
Principali obiettivi del trattamento farmacologico post-chirurgico
La gestione farmacologica del periodo post-operatorio riveste un ruolo fondamentale per il buon esito della chirurgia odontoiatrica.
Oltre al controllo dei sintomi, mira a sostenere i processi fisiologici di guarigione, prevenire complicanze e favorire un recupero rapido e confortevole.
Controllo del dolore
Il dolore è uno degli aspetti più rilevanti sia dal punto di vista clinico che del comfort del paziente. Se non adeguatamente trattato, può interferire con l’alimentazione, il riposo e l’adesione alla terapia, oltre a generare ansia e timore verso futuri trattamenti.
I farmaci analgesici più utilizzati sono i FANS e il paracetamolo, anche in associazione; in casi selezionati può essere indicato l’impiego di oppioidi deboli.
Prevenzione delle infezioni
L’infezione post-operatoria è una delle complicanze più temute. L’uso di antibiotici, a scopo profilattico o terapeutico, deve essere attentamente valutato in base alla tipologia e durata dell’intervento, alla presenza di fattori di rischio (es. immunodeficienza, diabete) e alle condizioni igieniche orali del paziente.
Controllo dell’infiammazione e dell’edema
La risposta infiammatoria post-chirurgica, seppur fisiologica, può causare gonfiore, dolore e difficoltà funzionali, soprattutto dopo interventi invasivi. FANS e corticosteroidi sono i principali farmaci impiegati: l’uso pre-operatorio di cortisonici in singola dose, ad esempio, si è dimostrato efficace nel ridurre l’edema post-estrattivo.
Supporto alla guarigione dei tessuti
La farmacoterapia post-operatoria può favorire la rigenerazione tissutale, soprattutto attraverso la prevenzione delle complicanze e il mantenimento di un microambiente favorevole. L’uso di antisettici orali, integratori, probiotici o terapie coadiuvanti può avere un ruolo di supporto, soprattutto in pazienti fragili o a rischio.
Antibiotici
Indicazioni e controversie
L’impiego degli antibiotici nel post-operatorio della chirurgia odontoiatrica è stato a lungo considerato una prassi consolidata. Tuttavia, numerose revisioni sistematiche e linee guida più recenti hanno iniziato a ridimensionare questa pratica, evidenziando che l’uso indiscriminato di antibiotici non solo è spesso inutile, ma contribuisce in maniera rilevante al problema dell’antibioticoresistenza. Le raccomandazioni attuali invitano quindi a un utilizzo mirato, fondato su una valutazione individuale del rischio infettivo.
Linee guida attuali
Le principali società scientifiche e organismi internazionali, tra cui il National Institute for Health and Care Excellence (NICE), l’American Dental Association (ADA), il Cochrane Oral Health Group, l’Italian Academy of Osseointegration (IAO) offrono raccomandazioni chiare.
- Estrazioni semplici o chirurgia minore in pazienti sani: non è raccomandato l’uso sistemico di antibiotici, né prima né dopo l’intervento, in assenza di segni clinici di infezione o fattori di rischio sistemici.
- Chirurgia del dente del giudizio e germectomia: in assenza di infezione attiva e in soggetti immunocompetenti, una singola dose pre-operatoria di antibiotico (es. 2 g di amoxicillina un’ora prima o, in caso di allergia, 600 mg di clindamicina) può essere sufficiente per ridurre l’incidenza di alveoliti e infezioni precoci. La prosecuzione della terapia nel post-operatorio non è generalmente raccomandata, salvo presenza di complicanze intraoperatorie (es. sanguinamento eccessivo, esposizione ossea prolungata) o rischio aumentato di infezione.
- Chirurgia implantare non complicata: in pazienti sani sottoposti a impianto singolo o a procedure di breve durata, una singola dose antibiotica pre-operatoria (es. 2 g di amoxicillina un’ora prima) ha dimostrato efficacia nella riduzione delle infezioni precoci e nell’aumento del tasso di successo implantare. Non vi è evidenza a favore di un’estensione della terapia nel post-operatorio.
- Procedure ad alto rischio infettivo: interventi complessi o prolungati (es. con innesti ossei, rialzi del seno mascellare, rigenerazioni ossee guidate), così come trattamenti in pazienti immunodepressi, diabetici o con scarsa igiene orale, possono giustificare un trattamento antibiotico sistemico per 5-7 giorni, iniziando idealmente con una dose pre-operatoria, sempre associato a istruzioni igieniche e rivalutazione clinica precoce.
Timing e durata
La tempistica della somministrazione antibiotica è cruciale per l’efficacia. Le evidenze indicano che la somministrazione pre-operatoria, anche in singola dose, offre una maggiore efficacia nella prevenzione delle infezioni rispetto alla somministrazione solo post-operatoria. Questo approccio consente, infatti, di garantire livelli adeguati del farmaco nei tessuti durante la fase chirurgica, momento critico per l’esposizione batterica.
Quando la terapia antibiotica è effettivamente indicata, la sua durata dovrebbe essere la più breve possibile: in linea generale, non dovrebbe superare i 5-7 giorni, fatta eccezione per situazioni cliniche complesse o complicazioni post-operatorie. L’approccio “start low, go short”, che privilegia l’uso mirato e limitato degli antibiotici, è oggi il paradigma preferito.
Rischi di resistenza antimicrobica
L’uso eccessivo o inappropriato di antibiotici ha un impatto diretto sull’emergere di ceppi batterici resistenti, con ripercussioni non solo sul singolo paziente ma anche a livello di salute pubblica. Per contrastare questa tendenza, l’OMS ha introdotto il sistema AWaRe, che classifica gli antibiotici in tre gruppi.
- Access: farmaci di prima linea, a basso rischio di selezione di resistenze, da preferire per le infezioni comuni (es. amoxicillina);
- Watch: antibiotici da usare con maggiore cautela per l’elevato potenziale di resistenza (es. azitromicina, cefalosporine di 3ª generazione);
- Reserve: molecole da impiegare solo come ultima risorsa in casi di infezioni multiresistenti.
In odontoiatria, l’amoxicillina, eventualmente associata all’acido clavulanico in presenza di resistenze note o rischio aumentato, rimane il farmaco di prima scelta. Nei pazienti allergici alle penicilline, è possibile ricorrere alla clindamicina, alla claritromicina o alla azitromicina, sebbene presentino dei limiti: la prima è associata a un aumentato rischio di colite pseudomembranosa da Clostridioides difficile, mentre le altre due appartengono al gruppo Watch e possono favorire lo sviluppo di resistenze crociate.
VADEMECUM CLINICO
Quando RACCOMANDARE gli antibiotici
- Pazienti immunocompromessi, oncologici o con diabete non compensato
- Presenza di infezioni acute (ascessi, pericoronariti, osteiti)
- Interventi complessi (rialzo del seno mascellare, grandi innesti ossei, implantologia avanzata o riabilitazioni implanto-protesiche estese)
- Pazienti cardiopatici (secondo linee guida specifiche)
Quando EVITARE gli antibiotici
- Pazienti giovani e sani, senza comorbilità
- Chirurgia pulita, ben pianificata e di breve durata
- Procedure semplici (estrazioni non complesse, interventi parodontali minori)
- Buone condizioni locali (igiene orale adeguata, assenza di infiammazione)
PRINCIPIO GUIDA:
“Non prescrivere quando non necessario, ma non esitare quando è indicato”.
Antinfiammatori non steroidei (FANS)
Meccanismo d’azione e farmaci più utilizzati
I FANS agiscono inibendo l’attività della ciclossigenasi (COX), enzima chiave nella sintesi delle prostaglandine, mediatori responsabili di dolore, infiammazione e edema. Esistono due principali isoforme della COX.
- COX-1, prodotta costantemente dall’organismo e presente in molti tessuti anche in condizioni normali, con un ruolo protettivo a livello gastrico, renale e nella funzionalità piastrinica;
- COX-2, espressa in maniera inducibile in risposta a stimoli infiammatori, con un ruolo centrale nei meccanismi dell’infiammazione acuta.
La maggior parte dei FANS inibisce sia COX-1 che COX-2, riducendo efficacemente l’infiammazione ma comportando anche effetti collaterali come un aumentato rischio di sanguinamenti gastrointestinali, a causa della soppressione della COX-1. Sono quindi stati sviluppati FANS (es. colecoxib) in grado di agire selettivamente sulla COX-2, minimizzando gli effetti gastrointestinali.
Tuttavia, il loro utilizzo è stato collegato a eventi trombotici, motivo per cui il loro impiego è generalmente controindicato a causa dell’alto rischio di malattia vascolare non diagnosticata. In chirurgia odontoiatrica, i principi attivi più impiegati includono:
- ibuprofene: 400-600 mg ogni 6-8 ore, prima scelta in pazienti giovani e senza comorbilità;
- ketoprofene: 80-100 mg ogni 8 ore, con azione più rapida ma maggior rischio gastrolesivo rispetto all’ibuprofene;
- naproxene: 250-500 mg ogni 12 ore, utile nei pazienti che preferiscono meno somministrazioni grazie alla sua lunga emivita;
- diclofenac: 50-75 mg ogni 8-12 ore.
Questi farmaci sono generalmente ben tollerati, con un profilo analgesico e antinfiammatorio efficace, soprattutto se assunti entro le prime 24-48 ore dall’intervento.
Efficacia analgesica e associazioni
Numerose meta-analisi hanno confermato l’efficacia superiore dei FANS rispetto al paracetamolo nella gestione del dolore post-estrattivo, soprattutto nei primi due giorni. L’ibuprofene, in particolare, è spesso considerato il farmaco di prima scelta per il suo buon equilibrio tra efficacia e tollerabilità. L’associazione ibuprofene + paracetamolo (a dosaggi alternati o combinati) si è rivelata più efficace del singolo farmaco nella riduzione del dolore acuto, con minori necessità di ricorso a oppioidi.
Effetti avversi e controindicazioni
L’uso dei FANS è controindicato o va valutato con cautela in caso di:
- patologie gastrointestinali (gastrite, ulcere, sanguinamenti), soprattutto in pazienti anziani o in terapia cronica con ASA o corticosteroidi;
- alterazioni della funzione renale, in particolare nei soggetti disidratati o con insufficienza renale preesistente;
- rischio cardiovascolare elevato, soprattutto con l’uso cronico di alcuni COX-2 inibitori;
- terapie concomitanti con anticoagulanti o corticosteroidi.
In questi casi, è preferibile optare per il paracetamolo oppure valutare l’uso di gastroprotettori.
Alternative
Il paracetamolo (500-1000 mg ogni 6-8 ore) è spesso utilizzato come alternativa sicura in pazienti con controindicazioni all’uso di FANS. È ben tollerato e privo di effetti gastrolesivi ma ha un potere analgesico leggermente inferiore. Può essere associato a oppioidi deboli come codeina (paracetamolo 1000 mg + codeina 60 mg o paracetamolo 500 mg + codeina 30 mg per i dolori meno severi) o tramadolo per potenziare l’effetto analgesico, ma solo in casi selezionati e per brevi periodi, per evitare effetti avversi e dipendenza.
L’associazione FANS + corticosteroidi, invece, è sconsigliata per il rischio di effetti sinergici sulla mucosa gastrica, salvo casi selezionati e per brevi periodi, sotto attenta valutazione medica.
VADEMECUM CLINICO
Quando e come USARE I FANS
- Interventi chirurgici di media entità con dolore previsto (es. estrazioni complesse, chirurgia parodontale)
- Alla dose minima efficace, per il periodo più breve necessario (di solito non oltre le prime 48-72 ore post-operatorie)
- Precocemente, idealmente prima che il dolore insorga (sono più efficaci!)
- In associazione a paracetamolo per potenziarne l’efficacia analgesica
Quando EVITARE I FANS
- Pazienti con storia di ulcera peptica, gastrite o sanguinamenti gastrointestinali
- Pazienti con insufficienza renale, disidratazione o in trattamento con nefrotossici
- Pazienti con rischio cardiovascolare elevato (soprattutto COX-2 selettivi)
- In combinazione con corticosteroidi (aumentato rischio di gastrolesività), salvo valutazione clinica
PRINCIPIO GUIDA
“Usa il FANS giusto, alla dose minima efficace e solo per il tempo necessario: così si controlla il dolore senza rischi inutili”.
Ricorda: in caso di dolore lieve-moderato, il paracetamolo è il farmaco di prima scelta per il suo profilo di sicurezza, anche nei pazienti a rischio gastrointestinale o cardiovascolare.
Corticosteroidi
Ruolo nel controllo dell’infiammazione e dell’edema
I corticosteroidi agiscono principalmente attraverso meccanismi genomici, legandosi a recettori intracellulari e modulando l’espressione genica. Inducono la produzione di proteine antinfiammatorie (es. lipocortina) e inibiscono mediatori pro-infiammatori (citochine, COX-2, prostaglandine e leucotrieni) bloccando l’enzima fosfolipasi A2. Hanno anche effetti non genomici più rapidi, che influenzano la risposta infiammatoria e immunitaria modulando membrane e vie di segnalazione intracellulare. Sono particolarmente efficaci nel contenere la risposta infiammatoria precoce e nel ridurre l’edema post-chirurgico, soprattutto nei primi 2-3 giorni dopo interventi traumatici o in aree a scarsa espansione tissutale, come l’area del terzo molare inferiore o la regione zigomatica negli interventi implantari con rialzo del seno.
Indicazioni specifiche in chirurgia orale
Le evidenze più solide sull’efficacia dei corticosteroidi si concentrano in:
- estrazioni complesse, ad esempio di ottavi inferiori inclusi;
- chirurgia implantare complessa, soprattutto con innesti ossei o accessi ampi;
- chirurgia maxillo-facciale minore, dove il contenimento dell’edema migliora l’outcome estetico e funzionale.
Modalità di somministrazione
I corticosteroidi possono essere somministrati per via orale (in compresse, 1 o 2 ore prima dell’intervento), sottomucosa (infiltrazione locale nella zona del blocco anestetico), intramuscolare (iniezione nel muscolo deltoide un’ora prima dell’intervento) o endovenosa (in contesti ospedalieri), a seconda della tipologia di intervento e delle condizioni cliniche del paziente. Le molecole più comunemente utilizzate includono:
- desametasone: potenza antinfiammatoria molto elevata (25-30 volte il cortisolo), emivita biologica lunga (36-72 ore) / 4-8 mg in dose singola pre-operatoria o, in alternativa, 4 mg/die per 2-3 giorni nel post-operatorio;
- metilprednisolone: potenza antinfiammatoria medio-alta (5-6 volte il cortisolo), emivita biologica media (18-36 ore) / 16, 32 o 40 mg (a seconda della tipologia di intervento) pre-operatoriamente o in dosi frazionate post-intervento.
La somministrazione pre-operatoria di corticosteroidi ha mostrato una maggiore efficacia nella riduzione di edema e dolore rispetto alla sola somministrazione post-operatoria.
Sicurezza e precauzioni
A dosaggi moderati e per brevi periodi (≤3 giorni), i corticosteroidi sono generalmente ben tollerati. Tuttavia, la loro somministrazione è controindicata o richiede estrema cautela in pazienti con:
- diabete mellito non controllato (per il rischio di iperglicemia acuta);
- infezioni sistemiche attive o immunodepressione;
- patologie gastriche o epatiche in fase attiva.
Nel caso di somministrazione combinata con FANS, è fondamentale associare un gastroprotettore (es. inibitori di pompa protonica come omeprazolo) per ridurre il rischio di effetti gastrolesivi sinergici.
VADEMECUM CLINICO
Quando CONSIDERARE i corticosteroidi
- Estrazioni complesse (es. ottavi inclusi o germectomie profonde)
- Chirurgia implantare estesa, con innesti o accessi ampi
- Rialzi del seno mascellare e chirurgia pre-protesica maggiore
- Chirurgia maxillo-facciale minore con rischio di edema marcato
- Pazienti in cui l’edema può compromettere funzioni o compliance
Quando EVITARE o usare con cautela i corticosteroidi
- Diabete non compensato
- Infezioni attive o immunosoppressione importante
- Ulcera gastrica, epatopatie, rischio emorragico elevato
- In associazione prolungata con FANS senza gastroprotezione
PRINCIPIO GUIDA
“La somministrazione mirata e a breve termine dei corticosteroidi può ottimizzare la gestione post-chirurgica, riducendo edema e dolore senza aumentare i rischi sistemici”.
Altri farmaci e coadiuvanti
Oltre ai farmaci principali come antibiotici, FANS e corticosteroidi, nella gestione del post-operatorio chirurgico odontoiatrico esistono numerosi altri presidi farmacologici e terapeutici, spesso impiegati come supporto complementare per ottimizzare la guarigione, migliorare il comfort del paziente e ridurre il rischio di complicanze locali.
Antisettici locali
Gli antisettici orali rappresentano una risorsa utile per il controllo della carica batterica locale, soprattutto nei pazienti con scarsa igiene orale o in presenza di ferite chirurgiche esposte. La clorexidina allo 0,12-0,20% (sotto forma di collutorio, spray o gel) è l’agente più utilizzato e viene generalmente prescritta per 5-7 giorni nel post-operatorio. È fondamentale informare il paziente circa i possibili effetti collaterali come pigmentazione temporanea dei denti, alterazione del gusto e desquamazione mucosa.
Probiotici
Alcuni studi recenti suggeriscono che l’uso di probiotici orali (es. Lactobacillus reuteri o Streptococcus salivarius) possa contribuire al riequilibrio della flora batterica orale e ridurre l’incidenza di infezioni secondarie o disturbi gastrointestinali correlati all’antibioticoterapia. Anche se le evidenze sono ancora limitate, l’integrazione probiotica può essere considerata nei pazienti sottoposti a terapia antibiotica sistemica prolungata o con disbiosi preesistenti.
Terapie locali: gel, spray e medicazioni
Gel a base di acido ialuronico, aloe vera, ozono o allantoina sono sempre più utilizzati per favorire la rigenerazione mucosa, ridurre l’infiammazione e promuovere una guarigione più rapida. In chirurgia implantare o rigenerativa, l’impiego di membrane riassorbibili impregnate di sostanze antimicrobiche rappresenta un’opzione valida per proteggere il sito chirurgico nei primi giorni.
Integratori e supporti nutrizionali
La guarigione dei tessuti orali è influenzata anche dallo stato nutrizionale del paziente. In alcuni casi, può essere utile consigliare un’integrazione di:
- vitamina C e zinco, che favoriscono la sintesi del collagene e la rigenerazione tissutale;
- vitamina D, implicata nei processi di guarigione ossea e nella modulazione immunitaria;
- multivitaminici o supporti proteici nei pazienti anziani, debilitati o sottoposti a chirurgia maggiore.
Inoltre, è consigliabile fornire indicazioni alimentari specifiche nel post-operatorio, incoraggiando l’assunzione di cibi morbidi, nutrienti e non irritanti, e garantendo un’adeguata idratazione, specialmente nelle prime 48 ore.
Proposte operative e riflessioni sull’appropriatezza prescrittiva
La crescente consapevolezza del ruolo centrale della farmacoterapia nella gestione del post-operatorio odontoiatrico impone una riflessione critica sulla necessità di un uso razionale, personalizzato e basato sulle evidenze scientifiche. Il rischio di sovraprescrizione - in particolare per antibiotici e oppioidi - è tutt’altro che trascurabile, e può tradursi in effetti collaterali evitabili, aumento della resistenza antimicrobica e inutili costi per il sistema sanitario.
Checklist prescrittiva: uno strumento semplice per la pratica quotidiana
Per favorire l’appropriatezza prescrittiva, può essere utile dotarsi di una checklist semplificata, da usare in fase di pianificazione post-operatoria.
Alcuni punti chiave da considerare sono:
- tipo e durata della procedura chirurgica;
- stato sistemico del paziente e comorbilità;
- condizioni locali (infezioni preesistenti, igiene, compliance);
- farmaci in uso, allergie note;
- preferenze e percezione del dolore del paziente.
Questa valutazione sistematica consente di evitare sovrapposizioni terapeutiche e di identificare i farmaci più indicati caso per caso.
Verso una prescrizione ragionata: il modello a tre livelli
Una proposta operativa utile per il clinico può essere l’adozione di un modello prescrittivo stratificato su tre livelli di rischio, strutturato nel seguente modo:
LIVELLO 1 – Chirurgia minore in paziente sano
Terapia:
- nessun antibiotico
- paracetamolo al bisogno
- antisettico locale (se indicato)
Esempi: Estrazione semplice, mini-chirurgia mucosa, chirurgia implantare a basso impatto.
LIVELLO 2 – Chirurgia complessa o pazienti con comorbilità lievi/moderate
Terapia:
- singola dose antibiotica pre-operatoria
- paracetamolo e/o FANS (in base al profilo clinico)
- corticosteroidi (se necessari)
- antisettico locale
- indicazioni nutrizionali
Esempi: impianti con rialzo, interventi di rigenerazione ossea, estrazioni multiple.
LIVELLO 3 – Pazienti fragili o interventi ad alto rischio infettivo
Terapia:
- antibioticoterapia sistemica (5-7 giorni)
- paracetamolo e/o FANS (con cautela in pazienti a rischio gastrointestinale o cardiovascolare)
- corticosteroidi solo se i benefici superano rischi (es. diabete non compensato)
- probiotici
- monitoraggio clinico più serrato
Esempi: immunodepressi, diabetici scompensati, pazienti oncologici, interventi su aree infette.
Questo approccio consente di personalizzare la terapia in base al rischio clinico, evitando un trattamento “standard” per tutti e migliorando l’efficacia e la sicurezza delle cure.
Un cambio di paradigma: da protocollo standard a decisione clinica consapevole
La tendenza a prescrivere “per sicurezza” deve oggi lasciare il passo a un modello più dinamico, in cui la decisione terapeutica è parte integrante della strategia chirurgica, e non un automatismo.
Questo implica:
- formazione continua e conoscenza aggiornata delle linee guida;
- comunicazione chiara con il paziente circa gli obiettivi e i limiti della terapia;
- monitoraggio degli effetti clinici e delle reazioni avverse.
Infine, è importante sottolineare che una buona gestione farmacologica non sostituisce la qualità chirurgica, ma la integra. Un approccio attento e bilanciato può ridurre complicanze, migliorare l’esperienza post-operatoria e rafforzare la fiducia del paziente nei confronti del trattamento odontoiatrico.
Conclusioni
Il trattamento farmacologico post-chirurgico in odontoiatria rappresenta un pilastro fondamentale per garantire il successo clinico delle procedure, migliorare il comfort del paziente e prevenire complicanze. Tuttavia, l’efficacia terapeutica va sempre bilanciata con l’appropriatezza prescrittiva, in un contesto che oggi richiede maggiore responsabilità clinica e adesione alle linee guida basate sull’evidenza. Antibiotici, FANS e corticosteroidi costituiscono i cardini della gestione farmacologica post-operatoria, ma il loro impiego deve essere selettivo, mirato e individualizzato. L’integrazione con antisettici, probiotici e supporti nutrizionali può contribuire a migliorare gli esiti, specialmente nei pazienti a rischio o in chirurgia maggiore. La sfida attuale per l’odontoiatra è duplice: da un lato, mantenere un elevato standard terapeutico e, dall’altro, ridurre l’uso inappropriato di farmaci, in particolare antibiotici e oppioidi. Solo attraverso una formazione continua, una valutazione pre-operatoria accurata e una comunicazione trasparente con il paziente è possibile ottimizzare l’intervento farmacologico, trasformandolo in uno strumento di cura realmente efficace, sicuro e sostenibile.
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