Le estrazioni seriate in ortodonzia sono una strategia molto efficace nella prevenzione dell'affollamento, ma richiedono visione strategica e abilità tecnica. Con un esperto accreditato nel settore, smontiamo i falsi miti e analizziamo gli errori che si possono commettere nei casi estrattivi. A partire dalla scelta dei tempi.

Dottor Fontana, lei parla di “estrazioni consapevoli”. Cosa significa, per un ortodontista, decidere di estrarre un dente sano?
La decisione di intraprendere un trattamento estrattivo si basa su un approccio che tiene conto di fattori come sovraffollamento dentario, sporgenza degli incisivi, tessuti parodontali di supporto, biologia ossea e attenta valutazione estetica. Oggi una parte di pazienti, ma anche di odontoiatri e ortodontisti, la considera una pratica superata, come se l’avanzare della tecnologia potesse modificare i processi biologici del paziente o aumentare lo spazio a disposizione nelle arcate dentarie; questo purtroppo non è vero e in una percentuale significativa di casi il trattamento ortodontico richiede l’estrazione di uno o più elementi, in genere i quattro premolari. Non è una decisione a cui si può rinunciare, ma una necessità clinica che ha per obiettivo il rispetto dei limiti anatomici dell’osso, la protezione della salute parodontale, il posizionamento corretto degli incisivi e l’ottenimento di un’occlusione estetica e funzionale. A volte, cercare di conservare tutti i denti a ogni costo può risultare pericoloso per il paziente, esponendolo a danni parodontali irreversibili (come deiscenze e fenestrazioni ossee), recessioni gengivali, inclinazioni dentali eccessive, mancanza di corretto overjet e overbite, estetica del sorriso non adeguata, instabilità a lungo termine e probabilità di recidiva dell’affollamento molto alta. Al tempo stesso, procedure indiscriminate di stripping delle superfici interprossimali per creare spazio possono essere dannose per la conservazione dello smalto, favorendo processi cariosi o di demineralizzazione a fronte di un guadagno di spazio spesso assai modesto e insufficiente. Le estrazioni consapevoli sono frutto di un ragionamento clinico approfondito volto al mantenimento della salute orale nel tempo.
Si fanno meno estrazioni oggi rispetto al passato?
Sicuramente sì, non per motivazioni biologiche, ma per lo sviluppo di correnti di pensiero che vorrebbero far credere che si possono trattare tutti i casi evitandole. Questo messaggio è anti-moderno e non riflette ciò a cui si sta assistendo in termini di sviluppo delle arcate dentarie. Le future generazioni andranno sempre più incontro a una riduzione dello spazio in arcata. È un processo che si può leggere in chiave filogenetica. L’uomo preistorico aveva un sistema masticatorio molto sviluppato poiché era costretto a masticare tutto il giorno cibi ipocalorici consistenti come radici, bacche, cibi crudi e andava incontro a processi di usura interprossimale marcata, che portavano a sovraffollamenti molto limitati delle arcate. Oggi siamo abituati a consumare cibi ipercalorici, morbidi, facili da masticare e l’azione masticatoria muscolare è sollecitata solo per pochi minuti durante l’intera giornata. Il ridotto sviluppo del sistema masticatorio sta portando alla riduzione delle dimensioni delle arcate, che dovranno contenere una dentatura uguale rispetto al passato, ma con meno spazio a disposizione.
Quali sono i criteri clinici che più spesso la portano a indicare un piano estrattivo?
Il primo è l’affollamento dentale, specie se presente in arcata mandibolare, che è delimitata da due corticali ossee, linguale e vestibolare, e non vi sono modi per aumentarne lo spazio disponibile. Altri parametri sono la proclinazione marcata degli incisivi e le biprotrusioni dentali. Se gli incisivi sono molto inclinati in fuori, riportarli in una posizione più corretta richiede spazio. Nella scelta estrattiva va anche considerata la qualità del parodonto: se è molto sottile o sono già presenti recessioni gengivali, risolvere un affollamento espandendo le arcate può essere molto pericoloso. Nei pazienti iperdivergenti, con tendenza al morso aperto, l’allineamento dei denti verso l’esterno può peggiorare la malocclusione; se è presente spazio in arcata, il morso può essere chiuso efficacemente e la verticalità del paziente controllata con successo.
C’è anche un aspetto legato alle tempistiche: quanto incide il “quando” si estrae?
Moltissimo. Nel timing “classico”, il caso da trattare con l’estrazione di quattro premolari è di solito un paziente di 12-13 anni in dentatura permanente completa. Dopo attenta valutazione, seguono diagnosi e piano di trattamento estrattivo, che è correttivo nei confronti della malocclusione. A volte, ci si può rendere conto che segni di affollamento grave sono già presenti in un bambino di 6-8 anni. Per esempio, quando nella mandibola i canini decidui vengono persi precocemente e gli incisivi laterali si trovano già a contatto con i primi molaretti da latte. Tale situazione evolverà con ogni probabilità in un grave affollamento a 12 anni, quando tutti i denti permanenti eromperanno e non troveranno spazio. In questi casi, il timing di intervento può essere diverso: si parla di un approccio preventivo a seguito di una previsione futura di affollamento. Il protocollo di estrazioni seriate prevede l’estrazione anticipata del canino da latte (se ancora presente) e del primo molaretto da latte, allo scopo di favorire l’eruzione anticipata del primo premolare permanente; quando questo si trova in arcata, lo si estrae prima del completamento della dentatura permanente. L'obiettivo è prevenire l’affollamento, favorire l’eruzione fisiologica di tutti gli altri elementi dentari al centro del processo dento-alveolare ed evitare il più possibile eruzioni ectopiche o inclusioni dentarie, spesso dovute a grave carenza di spazio. L’approccio preventivo porterà il bambino al completamento della dentatura permanente senza quattro premolari e la terapia ortodontica sarà in genere più semplice e breve.
Ci sono casi in cui il dubbio resta, anche per un clinico esperto?
Certo. Il protocollo di estrazioni seriate si applica solo quando la diagnosi è chiara e il beneficio atteso è evidente. Ai genitori bisogna dire che, se si decide di non intervenire precocemente in presenza di una grave carenza di spazio, si esporrà la dentatura permanente al rischio di erompere in posizione ectopica fuori dal contesto sano osseo-gengivale o al rischio di inclusioni dentarie. Il riposizionamento di un dente ectopico o la disinclusione di un dente incluso, però, non equivalgono a un'eruzione fisiologica all’interno del processo dento-alveolare in un contesto osseo e parodontale ideale. Nei casi borderline è corretto procedere con prudenza, non intervenire con estrazioni precoci e monitorare l’evoluzione nel tempo.
Che ruolo gioca la comunicazione con i genitori?
La prima visita ha aspetti psicologici molto delicati ed è fondamentale investire tempo e attenzione nella comunicazione del razionale clinico, chiarendo in modo approfondito i benefici, anche in termini estetici e funzionali. Ai genitori occorre spiegare che una certa percentuale di pazienti, in media il 15-20% dei casi, ha bisogno di un piano di trattamento estrattivo. Non è una decisione legata a una maggiore propensione di un clinico rispetto a un altro, ma una necessità imposta dalla condizione dento-scheletrica del paziente. Quando il trattamento è ben pianificato e condotto correttamente, gli spazi estrattivi verranno completamente chiusi e il risultato finale sarà armonico ed equilibrato: il paziente non presenterà alcun deficit estetico o funzionale rispetto a un caso trattato senza estrazioni. Possono aiutare anche simulazioni della progettazione del caso estrattivo che consentono di pre-visualizzare il risultato finale. La condivisione del progetto terapeutico è di grande aiuto, perché comprendere il vero motivo di una scelta clinica è sempre il primo passo per accettarla.
Si possono trattare i casi estrattivi con gli allineatori trasparenti?
Il problema principale degli allineatori è che presentano grosse limitazioni negli spostamenti radicolari. Il rischio di trattare un caso estrattivo con allineatori è rappresentato dal fatto che lo spazio estrattivo, anziché chiudersi per mezzo di una traslazione dei denti adiacenti, rischia di chiudersi più per avvicinamento delle corone (tipping dentale) lasciando le radici molto divergenti tra loro nel sito estrattivo. Per evitare queste criticità, oggi si tende a ibridizzare il trattamento con allineatori aggiungendo sezionali con terapia fissa, power arms, ancoraggi scheletrici o dispositivi aggiuntivi, che aumentano la complessità per il medico e rendono discutibile l’estetica per il paziente.
Laureato in Odontoiatria (2007) e specializzato in Ortodonzia e Funzione Masticatoria (2011), con tesi pubblicata su rivista internazionale peer-reviewed. Diplomato Federale Ortodontista in Svizzera, con riconoscimenti di eccellenza europea (E.B.O., 2018) e italiana (IBO, 2019). Esercita la libera professione in Italia e Svizzera, con un focus clinico su estetica del sorriso, biomeccanica avanzata con ancoraggi scheletrici tramite miniviti e strategie di trattamento invisibile. Docente di corsi avanzati dedicati alla gestione dei casi estrattivi complessi in ortodonzia. Attivo nella formazione continua e nella ricerca scientifica, ha contribuito con pubblicazioni e relazioni a livello nazionale e internazionale, mantenendo un costante aggiornamento sulle tecniche più innovative e sulla gestione multidisciplinare del paziente ortodontico.

