Un gruppo di ricercatori dell'Università di Copenhagen (Danimarca), in collaborazione con l'Università di Göttingen (Germania), ha pubblicato una scoping review che affronta un tema di grande rilevanza: l’impatto delle malattie autoimmuni e delle terapie farmacologiche correlate sulla sopravvivenza e sugli outcome degli impianti dentali. L’aumento della prevalenza delle malattie autoimmuni, infatti, unito alla diffusione capillare dell’implantologia, ha reso urgente chiarire se e in che misura i pazienti autoimmuni presentino un rischio maggiore di complicanze. Gli autori hanno condotto una ricerca sistematica nelle principali banche dati internazionali, selezionando gli studi clinici che riportavano dati su pazienti con diagnosi autoimmuni sottoposti a riabilitazione implantare.
I risultati più significativi
L’analisi ha mostrato un quadro complesso e non sempre univoco. Alcune patologie, come l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico, sembrano associate a una guarigione ossea meno prevedibile. In questi casi i farmaci immunosoppressivi, spesso indispensabili per il controllo della malattia, possono influenzare negativamente la risposta dei tessuti perimplantari. Tuttavia, la maggior parte degli studi riporta percentuali di sopravvivenza degli impianti comunque elevate. Questo dato conferma che, pur in presenza di condizioni sistemiche impegnative, l’implantologia resta una possibilità terapeutica concreta. Il vero nodo riguarda il monitoraggio delle complicanze biologiche: infiammazione cronica, riassorbimento osseo marginale e rischio di perimplantite si presentano con frequenza leggermente superiore rispetto alla popolazione generale, anche se non in modo uniforme.
Implicazioni per la pratica clinica
Per il clinico la revisione offre spunti concreti. Non esistono controindicazioni assolute all’inserimento di impianti nei pazienti con malattie autoimmuni. Tuttavia è necessario modulare il trattamento in base alla patologia e alla terapia farmacologica in corso. La collaborazione interdisciplinare con il medico curante diventa un requisito imprescindibile. Anche la fase di pianificazione chirurgica richiede maggiore attenzione, con protocolli di igiene stringenti e follow-up ravvicinati. Un approccio personalizzato, che tenga conto della stabilità della malattia e della tipologia di farmaci assunti, è la strategia più efficace per ridurre il rischio di complicanze.
Il valore della ricerca sugli impianti dentali
Questo lavoro, pubblicato sulle pagine di Clinical Oral Implants Research, evidenzia quanto sia importante ampliare le conoscenze su un tema ancora poco esplorato. Gli studi disponibili restano pochi e spesso eterogenei, ma aprono la strada a nuove indagini prospettiche. La revisione sottolinea inoltre l’urgenza di protocolli condivisi che guidino i professionisti nella gestione di questi pazienti. Il messaggio finale è chiaro: l’implantologia nei pazienti autoimmuni non è proibita, ma richiede una valutazione attenta e continua. Solo così è possibile operare in sicurezza, per il bene del paziente, ma anche dell'odontoiatra.



