Ormai assolto dall’appellativo di “patologia”, il bruxismo è ora considerato una semplice attività motoria notturna, ma resta nella lista dei fattori di rischio, con smalto dentale, articolazioni temporomandibolari e vita coniugale tra le vittime più colpite. Non mancano tuttavia voci a sua difesa con ipotesi più o meno credibili e sostenibili, come quella di sapore darwiniano di molti anni fa che lo considerava un metodo per affilare i denti e guadagnare un vantaggio competitivo nelle capacità di difesa e nelle attività lavorative. Di recente, con un’ottica meno neanderthaliana, qualche studioso ha iniziato a considerarlo come un’attività con effetto protettivo nei pazienti OSAS, nei quali interrompe l’apnea, e in quelli con reflusso gastroesofageo, dove impedirebbe l’ingresso dell’acido nel cavo orale. Inoltre, è stata osservato anche l’aumento del flusso sanguigno cerebrale durante la masticazione, mentre studi epidemiologici su larga scala hanno rilevato l’associazione tra edentulia, riduzione della capacità masticatoria e declino cognitivo.
Essendo il bruxismo una forma di attività masticatoria, si può presumere che abbia uguali effetti ma, logicamente, è necessario indagare ancora, considerando pure che si tratta di attività con durata ben diversa. (Lobbezoo F et al. Using your jaws sharpens your teeth… and mind! J Oral Rehabil. 2024 Nov;51(11):2498-2499).
Di questa e altre recenti ricerche sul bruxismo si occupa la presente rassegna.
La fisiopatologia del bruxismo notturno
Kato T, Higashiyama M, Katagiri A, et al. Understanding the pathophysiology of sleep bruxism based on human and animal studies: A narrative review. J Oral Biosci. 2023 Jun;65(2):156-162.
Il ruolo del sistema nervoso centrale nel bruxismo è stato finora poco studiato, anche per la mancanza di un affidabile modello animale, e il complesso delle conoscenze è ben riassunto in questa pubblicazione. Tra quelle più interessanti la differenza nello schema motorio tra bruxismo notturno e masticazione e l’associazione tra bruxismo e ciclo sonno/veglia ultradiano, cioè maggiore di 24 ore; come pure l’aumento della frequenza cardiaca 10 secondi prima di un episodio di bruxismo che diventa tachicardia un secondo prima (e un aumento si verifica anche per frequenza respiratoria e pressione arteriosa). Le ricerche hanno archiviato un’idea tenacemente radicata e cioè che l’iperattività muscolare fosse la causa; le registrazioni strumentali hanno dimostrato che nei bruxisti il 90% della durata del sonno è libero da contrazioni dei muscoli masseteri, il cui tono è simile a quello dei non bruxisti in tutte le fasi del sonno.
Mediatori dell’infiammazione e struttura del sonno nel bruxismo notturno
Fulek M, Wieckiewicz M, Szymanska-Chabowska A et al. Inflammatory Markers and Sleep Architecture in Sleep Bruxism-A Case-Control Study. J Clin Med. 2024 Jan 25;13(3):687.
Partendo da alcuni studi recenti che collegano il rischio di ipertensione arteriosa, accidenti cerebro e cardiovascolari con i microrisvegli notturni (che si verificano anche nei bruxisti) e con malattie autoimmunitarie, gli autori hanno indagato lo stato dei mediatori flogistici in 83 soggetti (età media 34 anni) in cui il bruxismo era stato accertato con polisonnografia (attualmente il metodo diagnostico più attendibile ma anche più costoso e indaginoso) associata a elettromiografia dei masseteri. I dati raccolti non sostengono l’ipotesi iniziale per quanto riguarda i livelli delle interleuchine 1,6 e 8 e del TNF-a (anche se sono risultate al di sopra dei valori normali) ma hanno confermato che il bruxismo altera sensibilmente la qualità del sonno riducendone la durata e interrompendolo con frequenti microrisvegli (in particolare sono coinvolte la fase N1 del sonno leggero, la N3 del sonno profondo e quella REM). La saturazione arteriosa di ossigeno, inoltre, risulta significativamente inferiore alla norma e correlata alla intensità del bruxismo. Gli autori sottolineano che tra i punti deboli del protocollo vi era l’aver eseguito una sola polisonnografia per soggetto e auspicano studi più ampi impiegando strumenti più semplici e utilizzabili a domicilio.
Dispositivi domiciliari per la diagnosi del bruxismo
Yamaguchi T, Mikami S, Maeda M, et al. Portable and wearable electromyographic devices for the assessment of sleep bruxism and awake bruxism: A literature review. Cranio. 2023 Jan;41(1):69-77.
Cid-Verdejo R, Chávez Farías C, Martínez-Pozas O, et al. Instrumental assessment of sleep bruxism: A systematic review and meta-analysis. Sleep Med Rev. 2024 Apr;74:101906.
Abe Y, Nakazato Y, Takaba M, at al. Diagnostic accuracy of ambulatory polysomnography with electroencephalogram for detection of sleep bruxism-related masticatory muscle activity. J Clin Sleep Med. 2023 Feb 1;19(2):379-392.
Tra i fattori che hanno limitato il progresso della ricerca sul bruxismo vi sono sicuramente la difficoltà e i costi della diagnosi di certezza con polisonnografia che richiede, inoltre, di dormire in un ambiente estraneo. Questi articoli permettono di approfondire un ambito tecnologico destinato sicuramente a rivoluzionare e facilitare la diagnosi del bruxismo e non solo. Si tratta per lo più di elettromiografi per uso domiciliare che misurano la contrazione dei muscoli masseteri e nel complesso hanno dimostrato di essere molto affidabili per sensibilità, ma alcuni non lo sono altrettanto per la specificità, tendendo quindi a sovrastimare il numero degli episodi di bruxismo. Esistono anche apparecchi più sofisticati come lo Sleep Profiler, realizzato per l’insonnia cronica, che, oltre a registrare una serie di parametri fisiologici (frequenza cardiaca, numero di risvegli e russamenti) è dotato pure di elettromiografo ed elettroencefalografo. Tutti i dati rilevati possono poi essere inviati a una piattaforma web dove vengono analizzati.
Il bruxismo nei pazienti edentuli
Luchi Klöppel N, Pauletto P, Meiriely de Almeida Lopes N, et al. Prevalence and Severity of Sleep Bruxism in Edentulous Patients: A Cross-Sectional Study. Int J Dent. 2024 Nov 8;2024:7498654.
Castro Mattia PR, Panitz Selaimen CM, Teixeira ER, et al. The Effects of Sleeping With or Without Prostheses on Sleep Quality, Sleep Bruxism, and Signs of Obstructive Sleep Apnea Syndrome: A Pilot Study. Int J Prosthodont. 2018 May/Jun;31(3):197-205.
Oramai lontani i tempi in cui si addebitava a fattori occlusali la causa del bruxismo, è interessante leggere queste ricerche, di cui la prima svolta su 23 edentuli (età media 63 anni) ai quali è stata allestita una coppia di nuove protesi totali rimovibili. Dopo un mese di adattamento, i soggetti sono stati istruiti sull’uso del Bruxoff, apparecchio per uso domiciliare che registra frequenza cardiaca e attività dei muscoli masseteri, classificandola in fasica, tonica o mista. In base al numero di episodi/ora (0, meno di 2, tra 2 e 4, più di 4) il paziente veniva considerato non bruxista oppure bruxista lieve, moderato o grave. Le misurazioni hanno individuato 18 bruxisti di cui 10 lievi, 1 moderato e 7 gravi, rivelando che si tratta di un disturbo tutt’altro che raro e aggiungendo un motivo in più per evitare l’uso notturno delle protesi (come consigliano anche gli autori del secondo articolo). Precedenti ricerche avevano dimostrato che il bruxismo negli edentuli segue i medesimi schemi dei non edentuli con prevalenza media del 33% nei campioni esaminati; questo nonostante esso tenda a ridursi con l’avanzare dell’età.
La concentrazione di melatonina nella saliva dei bruxisti
Gürhan C, Saruhan E, Bayırlı AB. Comparative evaluation of salivary melatonin levels in patients with bruxism: a case-control study. Biomark Med. 2024;18(19):843-851.
Essendo un’attività motoria che disturba il sonno, non sorprende che i ricercatori si siano interessati al possibile ruolo della melatonina per controllare il bruxismo. In questa ricerca, i soggetti sono stati inclusi nel gruppo sperimentale in base alla diagnosi di “bruxismo probabile” così come descritto dai criteri internazionali e cioè mediante anamnesi ed esame obiettivo (mentre per la diagnosi di certezza è necessaria la polisonnografia). Per entrambi i gruppi sono stati misurati i livelli di melatonina salivare notturna e di ansia mediante il questionario STAI di autovalutazione. I risultati non hanno rivelato differenze per quanto riguarda l’ansia, mentre la concentrazione di melatonina salivare era significativamente inferiore nel gruppo dei bruxisti (421 microg/ml contro 557,9 microg/l). Tale dato sostiene le (poche) precedenti ricerche sul possibile impiego di questo ormone, coinvolto nella regolazione del ritmo sonno/veglia, nel trattamento del bruxismo.
Le parafunzioni orali come antidolorifico e stimolatori delle funzioni cognitive
Weijenberg RA, Lobbezoo F. Chew the Pain Away: Oral Habits to Cope with Pain and Stress and to Stimulate Cognition. Biomed Res Int. 2015;2015:14943.
Il legame tra ansia, stress e parafunzioni orali è ben noto e può ora poggiare anche su evidenze neurofisiologiche. Masticare chewing-gum o rosicchiare le unghie può alleviare lo stress e anche il dolore; lo stesso meccanismo è stato invocato nel bruxismo, come insegna il detto popolare “stringi i denti e vai”. L’ipotesi che spiega tali effetti positivi è che la masticazione avrebbe effetti simili a quelli dell’esercizio fisico. Pur coinvolgendo solo un limitato numero di muscoli, si è infatti visto che riduce gli effetti negativi dello stress, aumenta la frequenza cardiaca e il flusso vascolare cerebrale, il che a sua volta attiverebbe le funzioni cognitive.



