Valutazione della prevalenza dei differenti tratti malocclusivi: revisione della letteratura

Evalutation of the prevalence of different malocclusal traits: a review of the literature

Diversi studi dimostrano come la presenza di malocclusioni nella società moderna sia molto elevata e si attesti tra il 60 e l’80%. Ma quali sono quelle che mostrano una maggiore incidenza? Quali i fattori che determinano la prevalenza di una rispetto all’altra?

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Lo scopo dell’ortodonzia consiste nella correzione delle malocclusioni, per cui si è deciso di effettuare una revisione della letteratura per valutare la prevalenza dei diversi tratti malocclusivi. È stata effettuata una ricerca nel database Medline utilizzando le parole chiave: “epidemiology” e/o “prevalence” e “malocclusion”. Dei 650 articoli ottenuti, ne sono stati analizzati 38 che rientravano nei criteri di inclusione: revisioni della letteratura, articoli clinici pubblicati negli ultimi 10 anni, studi condotti su umani, disponibilità del full text. Sono stati esclusi gli studi che valutavano le anomalie dentarie, i traumi e quelli basati su soggetti con malformazioni cranio-facciali. La prevalenza di malocclusioni è molto elevata, intorno al 60-80%, ma le variazioni occlusali sono correlate con l’etnia. La seconda classe Angle è più frequente nella popolazione caucasica mentre la III è predominante in quelle asiatica e negroide. Nonostante le differenze razziali, le variazioni occlusali seguono una distribuzione universalmente comparabile. La prima classe appare la prevalente, seguita dalla seconda e infine dalla terza classe. In aggiunta si può affermare che l’overjet aumentato e il deep-bite risultano più frequenti di overjet ridotto e open-bite, rispettivamente. Il cross-bite è un’anomalia poco diffusa, mentre l’affollamento dentario risulta la più frequente. La prevalenza delle malocclusioni ha valori che dipendono anche dal tipo di dentatura: in quella decidua si hanno delle caratteristiche malocclusive, come open-bite, cross-bite e overjet aumentato, con una prevalenza maggiore rispetto alla dentatura permanente poiché sono correlate con abitudini viziate come il succhiamento non nutritivo. A causa di molteplici discrepanze tra le classificazioni dei tratti malocclusivi, suggeriamo la necessità di un’uniformità nella classificazione di queste malocclusioni per permettere un confronto tra gli studi.

The aim of the present study is to review the scientific literature about the prevalence of malocclusions, since the purpose of orthodontics is the correction of malocclusion. A research was carried out through the Medline database using the following key words: “epidemiology” or “prevalence” and “malocclusion”.
Among the 650 identified articles, 38 articles met the inclusion criteria: literature reviews, clinical articles published in the last ten years, studies on humans, full text available.
The studies on dental anomalies, trauma and craniofacial deformities where excluded.  The prevalence of malocclusions in modern population is about 60-80% but occlusal variation differs among different ethnicities. The Angle class II is more frequent in Caucasian population while Angle class III is predominant in Asian and Negroid population. However, the occlusal variation follows a universal distributional pattern for most world populations. This pattern is arranged in the following descending order: Angle cl
ass I, Angle class II and Angle class III. In addition, increased overjet and deep-bite are more common than reduced overjet and open-bite, respectively. The cross-bite is not very common in the general population, instead crowding is the most common malocclusal trait. The prevalence of malocclusion also depends on the type of dentition. Increased overjet, anterior open-bite and posterior cross-bite are more common in the deciduous dentition as they are related to non-nutritive sucking habits. Due to multiple discrepancies observed among the classifications published on the malocclusal traits, we believe a universal classification is needed, in order to compare their prevalence among different studies.

Le alterazioni dentarie hanno rappresentato un problema fin dall’antichità, ma solo dopo il 1850 furono pubblicati i primi veri testi di ortodonzia. Tuttavia l’obiettivo di questa disciplina rimaneva limitato all’allineamento dentale e alla correzione delle proporzioni facciali, era perciò riservata poca attenzione all’occlusione.
Solo verso la fine dell’Ottocento si sviluppò il concetto di occlusione corretta in una dentatura naturale, grazie a Edward H. Angle che contribuì in maniera sostanziale allo sviluppo di questo concetto.

In seguito alla definizione di occlusione normale e allo schema delle malocclusioni, agli inizi del 1900 l’obiettivo dell’ortodonzia non fu più solo l’allineamento dei denti malposizionati, ma diventò il trattamento della malocclusione, intesa come ogni deviazione dallo schema occlusale ideale descritto da Angle.

In base a quanto detto, gli obiettivi dell’ortodonzia moderna possono essere riassunti come segue:

  • creare le migliori relazioni occlusali possibili;
  • ottenere una buona estetica facciale con stabilità del risultato occlusale raggiunto e mantenimento a lungo termine.
  • Prima di entrare nello specifico analizziamo, però, cosa intendiamo per malocclusione e quali sono le sue caratteristiche.

Malocclusioni

Le malocclusioni dentarie sono rappresentate da un anomalo rapporto tra i denti del mascellare superiore e quelli del mascellare inferiore e possono verificarsi nei tre piani dello spazio (verticale, trasversale e sagittale). Ci troviamo, perciò, di fronte a una malocclusione in tutti quei casi in cui le arcate dentarie, le strutture ossee e la muscolatura masticatoria non sono in rapporto armonico tra loro (disarmonia estetica e/o funzionale). La presenza di malocclusioni può causare problemi di varia natura:

  • funzionali, come disturbi della fonazione, della masticazione, della deglutizione o della respirazione;
  • estetici, poiché possono determinare alterazione dell’estetica del sorriso fino a quadri di asimmetrie facciali;
  • sociali ed emozionali, perché gravi malocclusioni possono causare problemi psicologici;
  • articolari (disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare);
  • odontoiatrici, perché denti disallineati possono portare a un aumentato rischio di carie e malattia parodontale se i soggetti colpiti non sono correttamente istruiti alle norme di igiene orale.

Eziopatogenesi
L’eziologia delle alterazioni dento-scheletriche è multifattoriale e si possono individuare tre fattori causali: ereditari, congeniti e acquisiti. Per quanto riguarda i fattori ereditari, sappiamo che l’eziopatogenesi delle malocclusioni è poligenica e a espressività variabile. Noi non ragioniamo in termini genetici, ma valutiamo la ricorrenza familiare di un’alterazione; infatti, il tratto ereditario determina i limiti delle nostre azioni. I fattori congeniti sono quelli acquisiti a livello intrauterino; fra essi quelli che possono avere effetto a livello del cavo orale sono: farmaci, esposizione a sostanze chimiche e tossiche come alcool e radiazioni ionizzanti, traumi e patologie infettive. Abbiamo, infine, i fattori acquisiti che sono quelli che intervengono dopo la nascita. Tra questi possiamo annoverare: parafunzioni (succhiamento, onicofagia, deglutizione atipica, respirazione orale), traumi post-natali, patologie infiammatorie e neoplastiche. Questi fattori non agiscono in modo indipendente, ma i loro effetti si sovrappongono: si può affermare che, di solito, uno di essi prevale sugli altri che tuttavia sussistono. Uno studio ha cercato di valutare i fattori causali che possono portare allo sviluppo della malocclusione e ha concluso che i fattori acquisiti intervengono nel 61% dei casi di malocclusioni, quelli congeniti nel 24% e quelli ereditari nel 15% dei casi1.

1. Prima classe molare
1. Prima classe molare

Prognosi
La prognosi delle malocclusioni è in funzione di:

  • ereditarietà del difetto;
  • tipi di difetto; ad esempio, difficili da risolvere sono la terza classe mandibolare e le asimmetrie;
  • tempi di intervento; ci sono condizioni in cui bisogna agire a ridosso del picco di crescita (per esempio, seconde classi mandibolari) altrimenti si allunga il tempo della terapia.
  • Scopo di questo lavoro è valutare la prevalenza dei differenti tipi di malocclusione attraverso un’analisi della letteratura.

Materiali e metodi
Per trovare gli articoli riguardanti la prevalenza delle malocclusioni sono state effettuate due ricerche nel database Medline (PubMed, www.ncbi.nim.nih.gov). Per entrambe, sono state utilizzate le seguenti parole chiave: “epidemiology” e/o “prevalence” e “malocclusion”. Per la prima ricerca sono stati inseriti i seguenti limiti: article types “review”, text availability “full text available”. Da questo lavoro sono state ricavate 64 revisioni della letteratura e, analizzando gli abstract, ne sono state selezionate tre.

La seconda ricerca è stata eseguita, invece, utilizzando dei limiti differenti: text availability “full text available”, publication dates “10 years”, species “humans”. In questo modo sono stati ottenuti 586 articoli, dei quali 35 sono stati giudicati utili per il nostro studio. Sono stati esclusi i lavori che valutavano le anomalie dentarie, i traumi e gli studi basati su soggetti con malformazioni cranio-facciali o che valutavano il trattamento delle malocclusioni. In conclusione, abbiamo ricavato 35 articoli e 3 revisioni per un totale di 38 lavori da noi analizzati. In aggiunta è stato anche consultato il manuale di testo “Contemporary Orthodontics”, 5a ed., Proffit et al., 2012.

2. Seconda classe molare
2. Seconda classe molare

Risultati

Diversi studi dimostrano come la prevalenza di malocclusioni nella società moderna sia molto elevata e si attesti circa al 60-80%1-5. Questo dato però risulta essere molto generico; infatti, gli studi condotti per valutare la prevalenza di malocclusioni si basano su diverse variabili, tra cui:

  • classificazione utilizzata (Angle);
  • etnia;
  • IOTN (indici di priorità di trattamento);
  • fattori ambientali;
  • tipo di dentizione.

Prevalenza delle malocclusioni in relazione alla classificazione di Angle
La classe dentaria secondo Angle è una classificazione statica basata sui rapporti che i denti superiori contraggono con gli inferiori in due aree: a livello molare e a livello canino.

Classe molare

• Prima classe: il vertice cuspidale della cuspide mesio-vestibolare del primo molare superiore alloggia nel solco vestibolare principale del primo molare inferiore. Va valutata a destra e a sinistra perché non è detto che coincidano (Figura 1).

• Seconda classe: il primo molare inferiore occlude con il superiore in una posizione più distale rispetto alla I classe (Figura 2). La seconda classe può essere divisa ulteriormente in due categorie:

  • prima divisione con overjet aumentato.
  • seconda divisione con overjet normale che è su base ereditaria. Spesso si ha vestibolarizzazione degli incisivi laterali superiori e lingualizzazione degli incisivi centrali superiori.

• Terza classe: il primo molare inferiore occlude con il superiore in posizione più mesiale rispetto alla I classe (Figura 3).

3. Terza classe molare
3. Terza classe molare
4. Prima classe canina
4. Prima classe canina

Classe canina

• Prima classe: il vertice cuspidale del canino superiore alloggia nello spazio tra canino e primo premolare inferiore (Figura 4).

• Seconda classe: il canino inferiore occlude più distale rispetto alla I classe (Figura 5).

5. Seconda classe canina
5. Seconda classe canina

• Terza classe: il canino inferiore occlude più mesiale rispetto alla I classe (Figura 6).

6. Terza classe canina
6. Terza classe canina

Analizzando i vari studi si riscontrano delle percentuali di prevalenza delle varie malocclusioni molto variabili. La malocclusione di prima classe ha un range di prevalenza che va dal 43% al 93,6%, la seconda classe varia dal 4,4% al 39,7% e, infine, la terza classe ha una prevalenza variabile dal 2% al 22,6% (Tabella 1).

Schermata 2016-07-15 alle 11.42.06

Tre studi7,9,15 hanno escluso alcuni soggetti in quanto non era possibile valutare la classe molare secondo Angle per la mancanza dei primi molari.

Overjet

L’overjet è la distanza, sul piano sagittale, tra margine incisivo superiore e margine incisivo inferiore e il suo valore normale va da 0-2 mm (Figura 7).
Si parla di overjet aumentato quando supera i 2 mm (Figura 8); viene invece definito diminuito quando è inferiore a 0 mm (Figura 9) e in questo caso si determina un’inversione dentaria tra incisivi inferiori e superiori (da 1 a 4 elementi).
I dati presenti in letteratura sono molto variabili a seconda dell’età e del gruppo etnico/razziale, come evidenzia la Tabella 2, ma c’è una distribuzione caratteristica che si ritrova in tutti gli studi.

7. Overjet normale
7. Overjet normale
8. Overjet aumentato
8. Overjet aumentato
9. Overjet diminuito
9. Overjet diminuito

I valori di overjet normale sono i più frequenti, con una prevalenza compresa tra il 32,1% e il 94,1%. Una prevalenza minore ma comunque elevata, che è compresa tra il 5,3% e il 50%, ha l’overjet aumentato. Overjet diminuito o inversione dentaria anteriore si presentano con una prevalenza molto inferiore nella popolazione generale, che va dallo 0,3% al 14,1%.
Solo gli studi di Mda10 e di Celikoglu14 presentano valori di prevalenza di overjet aumentato che superano quelli dell’overjet normale.

Schermata 2016-07-15 alle 11.42.23

Overbite

È la distanza, sul piano frontale, tra margine incisivo superiore e margine incisivo inferiore.
In America viene considerato normale un valore di overbite fino a 3 mm, mentre nei paesi scandinavi la norma è fino a 6 mm (Figura 10).
Distinguiamo un open-bite quando non si ha sovrapposizione tra elementi superiori e inferiori, perciò ha un valore inferiore a 0 mm (Figura 11), e un deep-bite quando invece è presente un eccesso di sovrapposizione che è maggiore di 3 mm per la scuola americana e di 6 mm per quella scandinava (Figura 12).
Essendoci differenti classificazioni dell’overbite, risulta difficile riuscire a confrontare i dati presentati nei vari studi che riportiamo nella Tabella 3.

10. Overbite normale
10. Overbite normale
11. Open-bite anteriore
11. Open-bite anteriore
12. Deep-bite
12. Deep-bite

In generale, si può affermare che i valori normali di overbite sono quelli con la prevalenza più alta, variabile tra un minimo di 53,5% e un massimo di 96,2%. Questi valori sono seguiti da quelli del deep-bite che presenta una prevalenza variabile tra il 2,2% e il 36,6%. La prevalenza minore è quella dell’open-bite che presenta valori compresi tra l’1,3% e il 17%.

Schermata 2016-07-15 alle 11.42.39

Cross-bite

I cross-bite sono inversioni dentarie che si possono distinguere in posteriori (Figura 13) e anteriori (Figura 14) e in monolaterali o bilaterali. Possono interessare interi segmenti dell’arcata dentaria oppure riguardare singoli denti.

Schermata 2016-07-15 alle 11.43.56

Individuiamo un cross-bite anteriore quando i denti superiori, a livello del distretto compreso tra canino di destra e canino di sinistra, si trovano all’interno rispetto ai corrispondenti denti inferiori; ciò si ha ad esempio nell’overjet negativo. In un cross-bite posteriore, invece, sono i denti molari e premolari superiori, o i corrispettivi decidui, a essere disposti palatalmente rispetto ai corrispondenti inferiori.
Questa condizione, di solito, riflette un’arcata dentale mascellare stretta ma può verificarsi anche per altri motivi. Molti studi riportano i cross-bite come una manifestazione frequente di malocclusione e noi ne riassumiamo i dati nella Tabella 4.

13. Cross-bite posteriore
13. Cross-bite posteriore
14. Cross-bite anteriore
14. Cross-bite anteriore

Dall’analisi di questa Tabella possiamo dichiarare che, in generale, il cross-bite posteriore si riscontra più di frequente rispetto a quello anteriore. Un solo studio22 presenta una prevalenza di cross-bite anteriore molto superiore rispetto a quella del cross-bite posteriore.
Se si esclude tale lavoro, il cross-bite posteriore mostra una prevalenza compresa tra l’8,8% e il 31%, mentre il cross-bite anteriore presenta valori di prevalenza variabili da un minimo dello 0,6% a un massimo del 20,8%. Alcuni studi5,6,8,9,12,14,22 dividono anche i dati di prevalenza del cross-bite posteriore in base alla differenziazione in unilaterale e bilaterale e, a eccezione dello studio di Celikoglu14, ne risulta che il cross-bite monolaterale ha una maggiore prevalenza rispetto a quello bilaterale.

Anomalie di allineamento

Le anomalie di allineamento si possono distinguere in affollamento e spaziatura della dentatura.
L’affollamento dentario risulta da una lunghezza d’arcata insufficiente per riuscire a ospitare tutti i denti con il giusto allineamento e viene calcolato sottraendo lo spazio richiesto per l’allineamento dentario dalla lunghezza d’arcata. Al contrario, si hanno dei diastemi nella dentatura quando la lunghezza dell’arcata supera lo spazio necessario per i denti e ciò si può anche verificare in caso di denti con un diametro mesio-distale ridotto (Tabelle 5, 6). Nella Tabella 5 sono stati riportati i valori di affollamento degli studi11,19-21 che distinguevano tra affollamento mascellare e mandibolare. Questi lavori riportano prevalenze complessive di affollamento comprese tra il 14,1% e il 38,2%. L’affollamento risulta più presente a livello dell’arcata superiore rispetto a quella inferiore; solo due studi6,18 riportano una prevalenza maggiore dell’affollamento mandibolare rispetto a quello mascellare, ma entrambi prendono in considerazione solo la zona incisale. L’affollamento mascellare presenta una prevalenza variabile tra il 7,1% e il 75,2%; l’affollamento mandibolare, invece, ha valori di prevalenza che vanno dal 4,6% al 73,7%. La Tabella 6 riporta la prevalenza della presenza di spazi nella dentatura. Con l’eccezione di due studi12,14, tutti gli altri trovano una prevalenza di spazi superiore nell’arcata superiore rispetto a quella inferiore e ciò si può spiegare considerando che lo spazio più presente nella dentatura è il diastema tra gli incisivi centrali superiori.

Schermata 2016-07-15 alle 11.44.12

La prevalenza di spazi nell’arcata mascellare varia dal 4,6% al 29,3% mentre nell’arcata mandibolare è compresa tra il 2,2% e il 20,7%.
Prevalenza delle malocclusioni in relazione alla necessità di trattamento ortodontico (indice di necessità di terapia ortodontica IONT, Brook e Shaw26)
L’indice IOTN classifica la malocclusione in base al significato delle varie caratteristiche dell’occlusione per la futura salute orale dell’individuo e delle caratteristiche estetiche per valutare se costituiscono un handicap per il soggetto. L’intenzione degli autori era di proporre un mezzo di identificazione di individui che più probabilmente trarrebbero beneficio dalla terapia. Tale indice valuta la componente estetica e la salute orale, cioè definisce quali sono i tratti dell’occlusione che possono portare nel tempo danno al paziente. La componente dentale (DHC, Dental Healt Component) consta di 5 gradi:

  • Grado 1, nessuna necessità di trattamento;
  • Grado 2, lieve necessità di trattamento;
  • Grado 3, borderline;
  • Grado 4, necessità di trattamento;
  • Grado 5, estrema necessità di trattamento.

Una serie di articoli presentano dati riguardanti le malocclusioni valutando la necessità di trattamento utilizzando l’indice IOTN. Ne riportiamo i dati nella Tabella 7.
Dall’analisi della Tabella 7, si osserva che la percentuale di soggetti che hanno necessità di trattamento per la loro malocclusione, cioè che presentano un grado 4 e 5, varia tra il 12,6% e il 62%. La percentuale di soggetti che, invece, non ha alcuna necessità o ha un bisogno lieve di trattamento, che presenta perciò un grado 1 o 2, varia dal 9,9% al 52%. Si osserva inoltre che tre studi13,28,29 accorpano i dati che riguardano le malocclusioni di grado 1 e 2, considerandole come malocclusioni lievi che non necessitano o hanno una lieve necessità di trattamento. Lo studio di Sharma13 accorpa anche le percentuali dei gradi 4 e 5, che vengono considerate malocclusioni gravi con una forte necessità di trattamento.

Schermata 2016-07-15 alle 11.44.24

Lo studio di Josefsson27 ha confrontato le varie necessità di trattamento in soggetti svedesi e di origine straniera. Ha diviso i soggetti in quattro gruppi: A, che comprende soggetti nati in Svezia e con entrambi i genitori svedesi; B, che comprende soggetti nati nell’Est Europa o con almeno un genitore nato in questi paesi; C, che comprende soggetti asiatici; D, formato da soggetti originari di altri paesi come Africa, America o Europa Occidentale. Lo studio ha rilevato che la necessità di trattamento era sentita maggiormente nel gruppo A, ma l’ortodontista ha rilevato una necessità di trattamento maggiore in tutti i gruppi rispetto a quella auto percepita.

Gli studi di Sharma13 e Nobile28 hanno valutato la necessità di trattamento ortodontico in relazione all’età. Il primo studio conclude che il gruppo che cerca di più il trattamento è tra i 12 e i 14 anni, con una percentuale più alta di soggetti di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile. Nello studio italiano di Nobile la necessità di trattamento ortodontico era del 56,2% a 11 anni, 60,1% a 12-13 anni e 56,5% a 14-15 anni. Alcuni studi hanno calcolato la gravità della malocclusione e la conseguente necessità di trattamento con indici diversi, perciò non sono stati inseriti nella precedente tabella. In particolare, lo studio di Suliano3 ha utilizzato l’indice TPI (Treatment Priority Index di Grainger del 1967) e ha individuato il 38,2% dei soggetti con una malocclusione minore, il 20,8% con una malocclusione definita, il 13,3% con una malocclusione severa e il 9,8% con una malocclusione estremamente severa. Negli studi di Shivakumar19 e Bhardwaj31 la malocclusione è stata stabilita con il DAI (Dental Aestetic Index) descritto dall’OMS nel 1997.

Nel primo studio19 si osserva che l’80,1% dei soggetti non ha anomalie o ha una malocclusione lieve che non necessita di trattamento (DAI I), il 15,7% ha una malocclusione definita con necessità di trattamento (DAI II), il 3,7% ha una malocclusione severa che richiede un trattamento ortodontico elettivo (DAI III) e solo lo 0,5% presenta una malocclusione invalidante con necessità di un trattamento ortodontico da considerarsi obbligatorio (DAI IV). Nello studio di Bhardwaj31 si è ricavato che il 79,58% non ha una malocclusione o ha una malocclusione minore (DAI I), il 16,39% ha una malocclusione definita (DAI II), il 3,69% una malocclusione severa (DAI III) e lo 0,34% una malocclusione invalidante (DAI IV).

Schermata 2016-07-15 alle 11.44.39

Anche lo studio di Behbehani6 ha valutato la gravità della malocclusione, ma sulla base di dati definiti dagli stessi autori che non rientrano in alcuna classificazione. Questo studio conclude che circa il 70% degli adolescenti del Kuwait analizzati ha una malocclusione moderata-severa, il 15% circa ha una malocclusione lieve, solo il 14% ha un’occlusione ideale.

Prevalenza della malocclusione in base al tipo di dentizione e alle abitudini viziate
Nel corso della vita si va incontro al cambiamento della dentizione, passando da dentatura decidua a permanente attraverso una fase di dentatura mista. La cronologia della permuta dentaria distingue tre fasi:

  • fase di dentatura decidua, che va dalla comparsa del primo dente deciduo fino alla comparsa del primo dente permanente (da 6 mesi circa ai 6 anni);
  • fase di dentatura mista, che va dall’eruzione del primo dente permanente all’esfoliazione dell’ultimo dente deciduo. Si distingue una fase precoce che va dai 6 agli 8 anni, in cui erompono i primi molari permanenti e permutano gli incisivi inferiori e superiori, e una fase tardiva dai 9 ai 12 anni, in cui permutano i canini e i primi molari decidui inferiori e superiori;
  • fase di dentatura permanente, che va dall’esfoliazione dell’ultimo dente deciduo all’eruzione dei secondi molari.

Nella Tabella 8 abbiamo riassunto gli studi che riportano le percentuali di malocclusione dividendole in base alla dentatura decidua e mista. Si osserva che due studi20,32 riportano una percentuale di malocclusione più elevata nella dentatura decidua, mentre un lavoro31 individua una prevalenza di malocclusione maggiore nella dentatura mista.

Molti studi che valutano la malocclusione in dentatura decidua o mista analizzano inoltre la prevalenza di alcuni tratti occlusali che sembrano associati con la presenza di abitudini viziate, come la suzione non nutritiva. I tratti malocclusivi che presentano un’associazione statisticamente significativa con tale abitudine viziata sono: open-bite anteriore, overjet aumentato e cross-bite posteriore, in particolare quello unilaterale. Nella Tabella 9 riportiamo i valori di prevalenza di questi tratti malocclusivi valutati in soggetti con abitudini di suzione di dita, ciuccio o uso del biberon. Analizzando la precedente Tabella si osserva che la presenza di open-bite anteriore, cross-bite posteriore od overjet aumentato nella dentizione decidua sono fattori di rischio per la malocclusione nella dentatura mista. Tuttavia, si osserva che l’open-bite va più frequentemente incontro a correzione nel passaggio da dentatura decidua a mista, come dichiarato negli studi di Goìs20 e di Dimberg33. Il cross-bite posteriore e l’overjet aumentato, invece, tendono a persistere più frequentemente nella dentatura mista di soggetti che presentavano questa malocclusione già in dentatura decidua. Quest’osservazione è in accordo con lo studio di Goìs20, in cui si dichiara che una correzione spontanea dell’open-bite anteriore si ha nel 70,1% dei casi, il cross-bite posteriore persiste nell’87,8% e l’overjet aumentato raggiunge il 72,9%.

Gli studi di Romero35 e di Ize-Iyamu36 valutano la prevalenza di open-bite nei soggetti con abitudine di suzione non nutritiva rispetto a coloro che non presentano questa abitudine viziata. Nello studio di Romero35 si evidenzia che il 35,3% dei soggetti che hanno l’abitudine alla suzione non nutritiva presenta un open-bite anteriore; invece solo l’1,98% dei soggetti senza tale abitudine presenta un open-bite anteriore. Questo studio, inoltre, afferma che prolungare la suzione al seno riduce la probabilità di sviluppare open-bite anteriore, mentre in presenza di abitudini di suzione non nutritiva la probabilità di sviluppare malocclusione aumenta di 2,38 volte per ogni anno di persistenza.

Lo studio di Ize-Iyamu36 conclude che l’open-bite anteriore è presente nel 2,8% dei soggetti, ma in quelli con abitudini di succhiamento questa percentuale sale al 10,9% dei bambini.

Discussione

Prevalenza della malocclusione in base alla classe di Angle
Un problema che si riscontra analizzando la letteratura è che risulta difficile confrontare i dati presenti nei vari articoli in quanto si è di fronte a popolazioni diverse e a campioni di età molto variabili.
Tuttavia, analizzando più nello specifico i dati forniti dai vari studi, quello che si riscontra è che, nonostante le variazioni occlusali siano differenti nelle varie parti del mondo, c’è comunque una distribuzione generale della frequenza delle malocclusioni. Possiamo perciò dichiarare che la malocclusione di prima classe risulta la prevalente, seguita dalla malocclusione di seconda classe mentre per ultima riscontriamo la malocclusione di terza classe, la meno frequente. Questa osservazione risulta compatibile con quanto affermato nelle revisioni del 1990 di El-Mangoury e Mostafa16 e con quella più recente (2014) di Joshia et al.17. Analizzando la letteratura11,18,21 si osserva, inoltre, che le anomalie occlusali tendono a essere presenti in associazione le une con le altre, non individualmente, per cui spesso un soggetto ha trattato più di un’anomalia.

Overjet

Per quanto riguarda l’overjet, si è evidenziato che più frequentemente si riscontrano valori di overjet normale, una prevalenza minore ha l’overjet aumentato mentre, invece, l’overjet diminuito è quello che presenta la prevalenza inferiore nella popolazione generale. Il problema principale che si riscontra nel confrontare tra loro questi valori è che i range entro cui l’overjet è considerato normale o aumentato sono variabili. Solo lo studio di Shivakumar19 utilizza i range di overjet da noi citati, cioè un valore normale tra gli 0 e i 2 mm e aumentato sopra i 2 mm. In alcuni studi6,9,12 il valore di overjet normale viene considerato tra 0 e 3,5 mm, per altri14,20 va da 1 a 3 mm, in uno studio15 viene considerato tra 1 e 4 mm, mentre altri due11,18 considerano normale un overjet di 0-5 mm. Alcuni lavori, inoltre, distinguono varie categorie di overjet aumentato e in generale quando è maggiore di 9 mm viene considerato estremamente grave6,9,11,18. L’overjet negativo con inversione dentaria viene sempre considerato quando si ha un valore inferiore a 0 mm, tranne che nello studio di Gois20 che considera l’overjet ridotto per valori inferiori a 1 mm. Due lavori11,14 aggiungono, infine, la definizione di occlusione testa a testa e ne riportano i valori separatamente.

Overbite

Per quanto riguarda la prevalenza dell’overbite, abbiamo visto che i valori normali sono quelli con la prevalenza più alta, seguiti dal deep-bite mentre l’open-bite è quello che presenta la prevalenza inferiore. Un problema nell’analisi della letteratura sta nel fatto che i dati di overbite sono difficilmente comparabili tra di loro in quanto i valori considerati normali variano all’interno dei vari lavori. In due studi6,12 non vengono forniti valori numerici, ma gli autori individuano l’overbite in base al grado di ricopertura dell’incisivo superiore su quello inferiore, perciò definiscono un valore normale quando un terzo dell’incisivo superiore copre l’inferiore, aumentato quando da due a tre terzi dell’incisivo superiore ricoprono l’inferiore e parlano di deep-bite quando l’incisivo superiore copre per tre terzi l’inferiore e si ha un trauma alla gengiva. Altri due studi7,15 individuano il passaggio da overbite normale e deep-bite per valori superiori ai 4 mm, mentre un altro18 individua un deep-bite quando si hanno misurazioni maggiori a 5 mm. Solo tre studi9,11,14 considerano il valore di overbite normale come da noi precedentemente descritto, cioè compreso tra 0 mm e 3 mm, mentre uno20 lo considera normale per valori compresi tra 1 mm e 3 mm e ridotto al di sotto di 1 mm. Tutti gli studi invece sono concordi nel valutare l’open-bite per valori inferiori a 0 mm, cioè quando non si ha sovrapposizione tra gli incisivi superiori e gli inferiori, che di conseguenza appare l’unico dato confrontabile anche se bisogna tenere in considerazione le differenze di campione dei vari studi.

Cross-bite

La prevalenza di cross-bite posteriore risulta essere molto bassa nella popolazione generale, con una maggiore presenza di cross-bite monolaterale rispetto a quello bilaterale. Questo dato è influenzato da variabili come età e gruppo razziale, mentre non vi sono differenze di sesso. Il cross-bite risulta più frequente nei soggetti di età inferiore, in quanto è correlato ad abitudini viziate come il succhiamento, e il suo trattamento va iniziato il più precocemente possibile poiché la sua permanenza può portare a deviazioni mandibolari e a una crescita asimmetrica della mandibola come dichiarato nello studio di Krasteva25.

Anomalie di allineamento

Le anomalie di allineamento comprendono l’affollamento e la presenza di spazi nella dentatura. L’affollamento dentario emerge, in molti studi6,9,10,14,15,18,19,21, come l’anomalia più frequente; questa malocclusione risulta, inoltre, correlata all’età, come dichiarato nello studio di Šidlauskas9, in quanto si riscontra più di frequente nel gruppo di ragazzi di età maggiore. Lo studio di Traebert38 sostiene che, tra tutte le alterazioni dentarie considerate, solo l’affollamento dentale a livello incisale genera un impatto sulla qualità di vita.

L’analisi dei dati della Tabella 5 presenta però una problematica: infatti, tre articoli6,8,18 hanno calcolato l’affollamento solo nella regione incisale che va dalla superficie mesiale del canino di destra a quella mesiale del canino di sinistra. Gli altri tre articoli9,12,14, invece, parlano di affollamento dell’intera arcata.
Il fatto che alcuni lavori trattino solo di affollamento della zona incisale si può spiegare tenendo conto che è questa la zona che più frequentemente si presenta affollata; infatti lo studio di Bourzgui15 afferma che il 50% dei soggetti presenta affollamento anteriore, mentre solo il 2,5% mostra affollamento posteriore.

Un’altra difficoltà sorge quando si valutano i criteri con cui si è definito l’affollamento nei diversi lavori.
La maggior parte degli studi9,11,14,18,20 considera affollamento i valori maggiori di 2 mm sottraendo lo spazio richiesto per l’allineamento dentario (dato dalla somma dei diametri mesio-distali dei singoli denti misurati a livello dei punti di contatto) dalla lunghezza d’arcata. Uno studio12 invece parla di disallineamento per valori superiori a 0,5 mm, un altro6 identifica un disallineamento lieve per valori inferiori a 3,5 mm ma non riporta il valore minimo che prende in considerazione e, infine, il lavoro di Gábris8 parla di disallineamento ma non riporta i valori di riferimento considerati. Per quanto riguarda la presenza di spazi nella dentatura, tutti gli studi utilizzano gli stessi parametri e definiscono spazio quando la distanza tra due elementi dentari adiacenti è superiore ai 2 mm.

Anche qui si risconta il problema di confrontare studi che valutano gli spazi solo nella regione incisale con altri che invece prendono in considerazione l’intera arcata; infatti, tre studi6,8,18 valutano la regione incisale, mentre tre9,12,14 valutano le arcate in toto.

Prevalenza della malocclusione in base alla razza
Dall’analisi della letteratura si è concluso che le variazioni occlusali seguono una distribuzione universalmente comparabile per la maggior parte delle popolazioni mondiali. La prima classe appare la prevalente, seguita dalla seconda classe mentre la terza risulta la meno rappresentata. Detto ciò si può però affermare che le prevalenze di seconde e terze classi sono diverse nelle varie popolazioni. La seconda classe presenta la prevalenza maggiore nei soggetti di razza caucasica e ciò è compatibile con quanto affermato nello studio di Petroviç1, Joshia17 e Lux39. In soggetti arabi la prevalenza di seconde classi è inferiore rispetto ai soggetti caucasici e diminuisce ancora in quelli di razza negroide.

Soggetti asiatici, arabi e di razza negroide, invece, hanno una probabilità maggiore di avere terze classi rispetto a soggetti caucasici che hanno la prevalenza minore di terze classi come risulta anche dagli studi di Soha7, Borzabadi-Farahani12, Joshia17 e Josefsson27.

Soggetti indiani sembrano seguire le prevalenze di malocclusione dei caucasici, infatti hanno una probabilità di avere una seconda classe maggiore rispetto a quella di altre popolazioni asiatiche, mentre la loro prevalenza di terze classi è inferiore7. Per quanto riguarda l’overjet, anche in questo caso si osservano delle peculiarità razziali. L’overjet diminuito o inversione dentaria anteriore si presenta con una prevalenza molto inferiore nella popolazione generale rispetto all’overjet aumentato, ma mostra una presenza relativamente maggiore nei paesi del Sud America e dell’ovest asiatico.

La prevalenza di open-bite e deep-bite risulta essere significativamente influenzata da variabili come l’età e la razza. L’open-bite risulta essere relativamente meno frequente nella popolazione negroide, rispetto a quella sudamericana e caucasica; il deep-bite, invece, è più frequente nella popolazione caucasica.

Prevalenza delle malocclusioni in base alla necessità di trattamento ortodontico
Le limitazioni dei vecchi indici per classificare le malocclusioni, come il TPI (Treatment Priority Index) utilizzato nello studio di Suliano3 o il DAI (Dental Aestetic Index) impiegato negli studi di Shivakumar19 e Bhardwaj31, è che erano soggettivi e la valutazione era diversa in base all’operatore. L’indice attuale (indice di necessità di terapia ortodontica IONT, Brook e Shaw, 198926) è uguale per tutti, affinché la malocclusione venga classificata in modo univoco e che la decisione di trattare un paziente sia standardizzata.

Questo permette di ridurre la soggettività della valutazione in modo che la decisione di prendere in cura un paziente presso una struttura pubblica sia razionale. In generale vengono presi in cura per un trattamento ortodontico i soggetti con una malocclusione di grado 4 o 5. Dall’analisi della letteratura si vede che purtroppo non in tutti gli studi viene usato l’indice IOTN come invece sarebbe consigliabile per avere decisioni univoche e un migliore confronto della gravità delle malocclusioni nei diversi paesi.

Gli studi che utilizzano l’indice di Brook e Shaw (IOTN) mostrano percentuali diverse delle malocclusioni nei vari gradi con differenze molto ampie tra uno studio e l’altro. La percentuale di soggetti con un grado 4 o 5 va dal 4,2% al 62% mentre coloro che non hanno necessità di trattamento variano, invece, dal 9,9% al 52%. Visti i dati riguardanti la prevalenza dei diversi tratti occlusali, che presentano una distribuzione abbastanza universale, non è chiaro perché le percentuali sulla gravità della malocclusione siano così diversi gli uni dagli altri, soprattutto considerando che l’indice IOTN è standardizzato e uguale in tutto il mondo.
Una spiegazione di questi risultati molto discordanti potrebbe essere la diversa età dei soggetti analizzati e la disponibilità di cure ortodontiche nei vari paesi; infatti molti studi non specificano se i soggetti analizzati siano o no già andati incontro a un trattamento correttivo della malocclusione.

Lo studio di Josefsson27, in cui sono analizzati diversi gruppi etnici (svedesi, dell’est Europa, asiatici e africani o americani) con età comparabili e in cui le analisi sono state eseguire dagli stessi operatori in tutti i gruppi, si osservano dei valori, nei vari gradi dell’indice IOTN, che non si discostano molto gli uni dagli altri. La percentuale di soggetti che presentano un grado 1 va dal 9,9% al 17%, mentre le malocclusioni più gravi, di grado 4 e 5, si ritrovano in una percentuale che va dal 30% al 40%. In questo caso le differenze non sono perciò così estese e sono ascrivibili alla diversa ampiezza del campione di soggetti presenti nei quattro gruppi analizzati. L’indice IOTN può anche risultare utile per valutare quanti soggetti che hanno una forte necessità di trattamento ortodontico non sono ancora andati incontro a cura. Ad esempio, nello studio di Nobile28 è stato osservato che se si esclude chi ha già un dispositivo ortodontico (15,9%) almeno il 43,6% di bambini ha una necessità di cura che non è stata ancora realizzata.

Prevalenza della malocclusione in base al tipo di dentizione e alle abitudini viziate
Nonostante i dati dello studio di Dhar32 che evidenzia una prevalenza di malocclusione superiore in dentatura mista rispetto a quella decidua, la maggior parte dei lavori5,20,33 dichiara che si ha una prevalenza maggiore di malocclusione nei soggetti di età inferiore. Questi risultati supportano l’idea di rimandare il trattamento ortodontico all’età di dentizione mista. Bisogna però considerare che gli individui con una malocclusione nella dentatura decidua presentano un rischio maggiore di avere malocclusione nella dentatura mista rispetto a quelli senza malocclusione. L’analisi della letteratura permette quindi di dichiarare che l’età è associata con la malocclusione, mentre lo stesso non si può dire per il sesso. Nella nostra revisione, infatti, la prevalenza delle malocclusioni non è stata investigata in base al sesso, in quanto tutti gli studi che hanno valutato i due gruppi non hanno riscontrato differenze statisticamente significative tra maschi e femmine,10,12-14,25,29,32.

Per quanto riguarda la presenza di abitudini viziate si osserva che l’open-bite anteriore, il cross-bite posteriore e l’overjet aumentato sono le uniche condizioni che mostrano un’associazione significativa con il succhiamento e tali quadri malocclusivi, se presenti in dentatura decidua, sono fattori di rischio per la malocclusione in dentatura mista.

Si osserva che individui con cross-bite posteriore e overjet aumentato nella dentatura decidua più facilmente mantengono questa caratteristica nella dentizione mista. L’open-bite anteriore, invece, tende ad autocorreggersi nel passaggio da dentatura decidua a mista. Ciò si può spiegare pensando al fatto che le abitudini di suzione non nutritiva tendono a scomparire con l’aumento dell’età. Lo studio di Dimberg33 dichiara, infatti, che la prevalenza delle abitudini di succhiamento decresce dal 66% al 4% dai 3 ai 7 anni.

La correzione spontanea è però minore nei soggetti che succhiano le dita rispetto a quelli che succhiano un ciuccio, in quanto risulta più semplice eliminare il succhiamento del ciuccio rispetto a quello delle dita. Lo studio di Dimberg33 evidenzia che nei soggetti che a sette anni presentano ancora abitudini di suzione persistenti, queste sono dovute al succhiamento del pollice o di altre dita.

Conclusioni

• La malocclusione presenta una prevalenza compresa tra il 60% e l’80%.

• Le variazioni occlusali sono differenti nelle varie parti del mondo. La seconda classe ha una prevalenza più alta nella popolazione di razza caucasica, invece la terza è più frequente nella popolazione asiatica e poi in quella negroide. Tuttavia, nonostante queste differenze razziali c’è una sovrapponibilità di prevalenza delle singole classi di Angle nelle varie etnie. La prima classe di Angle risulta essere la più riscontrata, seguita dalla seconda, mentre dimostra minor prevalenza la terza classe.

• Le anomalie occlusali tendono a presentarsi associate le une alle altre e non singolarmente, per cui spesso un soggetto deve trattarne più di una.

• C’è necessità di un’uniformità nella valutazione e classificazione di overjet e overbite per permettere un confronto significativo dei valori di queste malocclusioni. Possiamo comunque affermare che, per quanto riguarda l’overjet, ha una prevalenza maggiore l’overjet aumentato rispetto a quello inverso. Parlando di overbite, invece, il deep-bite risulta prevalente rispetto all’open-bite.

• Il cross-bite risulta un’anomalia poco diffusa nella popolazione generale; il cross-bite posteriore è più diffuso rispetto a quello anteriore e questa malocclusione è più frequentemente unilaterale che bilaterale.

• L’affollamento dentario risulta l’anomalia più frequente nella dentatura, come dichiarato in diversi studi. Questa malocclusione risulta inoltre correlata all’età in quanto si riscontra maggiormente con l’aumentare degli anni.

• L’indice IOTN è un buon metodo che permette di confrontare direttamente la gravità della malocclusione in quanto è standardizzato e univoco. Il suo utilizzo dovrebbe però avere una maggiore diffusione.

• L’età risulta correlata con la prevalenza di malocclusione; quest’ultima è, infatti, più elevata nei soggetti con dentatura decidua. Si osservano spesso correzioni spontanee della malocclusione nel passaggio da dentizione decidua a mista; si consiglia perciò di rimandarne il trattamento alla fase di dentatura mista.

• Non si evidenziano differenze statisticamente significative tra i sessi per le varie malocclusioni.

• In linea generale, si può asserire che in soggetti in crescita che presentano abitudini viziate riscontriamo più frequentemente: open-bite anteriore, aumentato overjet con incompetenza labiale e presenza di cross-bite posteriore (più frequentemente unilaterale). Tali malocclusioni, presenti in dentatura decidua, sono fattori di rischio per la persistenza delle medesime anche in dentatura mista. Si osserva però che l’open-bite anteriore va incontro più frequentemente a correzione spontanea, mentre il cross-bite posteriore e l’overjet aumentato tendono a persistere nel passaggio da dentatura decidua a mista.

Corrispondenza
Elena Ciapponi
elena.ciapponi90@gmail.com

Reparto di ortodonzia (diretto
dalla prof.ssa G. Garattini), Ospedale San Paolo, Dipartimento di scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche, Università degli studi di Milano

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Valutazione della prevalenza dei differenti tratti malocclusivi: revisione della letteratura - Ultima modifica: 2016-03-15T12:17:59+00:00 da Redazione

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