Un nuovo approccio chirurgico per aumentare lo spessore dei tessuti molli all’inserimento degli impianti in zone estetiche

Figura 1

Riassunto

Il successo della terapia implantare nei settori estetici è determinato non solo dalle percentuali di sopravvivenza degli impianti ma anche dalla qualità del loro mantenimento a lungo termine. In quest’ottica il management dei tessuti molli peri implantari assume un ruolo critico. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare un nuovo approccio da applicare in chirurgia implantare, basato sull’associazione del lembo coronale multiplo e della tecnica bilaminare. È stato selezionato un campione di 6 pazienti, con una monoedentulia nel settore estetico del mascellare superiore. Dopo l’inserimento dell’impianto e della vite di guarigione, a livello del sito implantare è stato posizionato un innesto di tessuto connettivo precedentemente prelevato dal palato. In ogni paziente sono stati registrati tre paramentri parodontali, con follow up a un anno. L’analisi statistica ha evidenziato un miglioramento clinicamente significativo dei parametri (rec,ppd) registrati a livello dei siti dentali adiacenti a quello implantare, dove in particolare il tessuto cheratinizzato ha mostrato un trend positivo statisticamente significativo. 

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Negli ultimi anni la letteratura internazionale ha documentato percentuali molto elevate di successo e mantenimento degli impianti, conferendo grande affidabilità alle moderne procedure implanto-protesiche1-4;l’esigenza estetica ha portato i clinici a focalizzare l’attenzione sulla riabilitazione dei settori estetici con l’intento di ottenere una buona armonizzazione del restauro e dei tessuti molli perimplantari rispettivamente con i denti e la mucosa circostanti. In quest’ottica il management dei tessuti perimplantari è determinante per la stabilità dei tessuti. Da una recente metanalisi (Esposito et al, 2007) è emerso che i numerosi lavori condotti sulla gestione dei tessuti molli non hanno evidenziato alcun protocollo specifico; tuttavia gli Autori hanno sottolineato come un approccio chirurgico minimamente invasivo possa influenzare positivamente la guarigione dei tessuti e quindi il decorso post chirurgico5,6. L’approccio chirurgico utilizzato nel nostro lavoro, basato sull’abbinamento del lembo coronale multiplo e della tecnica bilaminare, potrebbe rivelarsi utile in chirurgia implantare sia in termini funzionali che estetici. La variazione del lembo coronale multiplo, utilizzato in chirurgia muco-gengivale per il trattamento delle recessioni multiple7,8, è efficace in qualità di lembo d’accesso alla cresta edentula nei casi di inserimento di impianti singoli; allo stesso tempo la tecnica bilaminare determina un incremento dello spessore dei tessuti e dell’ampiezza della parte cheratinizzata intorno all’impianto, creando un sistema di tessuti stabile che garantisce un buon risultato estetico9,10.

Materiali e metodi

È stato selezionato un campione di 6 pazienti ciascuno dei quali presentava una condizione di monoedentulia intercalata, a livello del settore estetico, nel mascellare superiore. La procedura chirurgica adottata prevede l’accesso alla cresta edentula attraverso un lembo coronale multiplo e il posizionamento a livello del sito implantare di un innesto di tessuto connettivo, secondo la tecnica bilaminare; il lembo a busta viene effettuato con una prima incisione al centro della cresta edentula che si continua vestibolarmente con incisioni intrasulculari che interessano i due denti adiacenti; in corrispondenza delle papille vengono realizzate incisioni oblique, a spessore parziale, convergenti verso il centro della cresta edentula che rappresenta il centro di rotazione del lembo (figure 1 e 2).

Figura 1
Figura 1
Figura 2
Figura 2

Il disegno del lembo anticipa la deformazione che subiranno i tessuti in seguito allo spostamento coronale delle papille chirurgiche, per cui i loro vertici costituiranno quelli delle papille anatomiche corrispondenti; dopo lo scollamento del lembo è possibile ottenere, grazie alle incisioni intrasulculari effettuate anche sul versante palatale, una completa visualizzazione della cresta edentula che prepara agli step successivi, ovvero l’inserimento dell’impianto trans-mucoso e della vite di guarigione. L’innesto di tessuto connettivo, prelevato dal palato secondo la tecnica “trap door”, descritta da Harris nel 1992, viene posizionato e suturato sul versante vestibolare a livello del sito impiantare (figura 3).

Figura 3
Figura 3

Successivamente si procede con la disinserzione muscolare del lembo attraverso incisioni a spessore parziale, superficiali, condotte nella regione più apicale del lembo stesso: in questo modo si favorisce la mobilizzazione delle papille chirurgiche che viene considerata adeguata quando queste riescono a ricoprire passivamente le papille anatomiche. Si procede con la disepitelizzazione delle papille anatomiche, fondamentale per ampliare il letto connettivale su cui andrà ad ancorarsi il lembo dopo il posizionamento delle suture (figura 4).

Figura 1
Figura 1

In ogni paziente sono stati registrati, a livello dei denti adiacenti al sito implantare, la profondità di sondaggio (PPD), l’ampiezza del tessuto cheratinizzato (KT) e la profondità di recessione (REC); i valori sono stati misurati al momento della chirurgia e successivamente a distanza di 3 mesi, 6 mesi e un anno.

Risultati

I dati ottenuti sono stati analizzati statisticamente per valutare l’effettiva influenza di questa procedura chirurgica sulla qualità dei tessuti molli perimplantari. Per confrontare i dati ottenuti dalla registrazione dei parametri parodontali, al momento dell’intervento e a un anno di distanza, è stato effettuato il test t di Student per dati appaiati; nei casi in cui i dati non presentavano una distribuzione normale è stato utilizzato il test non parametrico di Wilcoxon. L’analisi statistica è stata eseguita con il software Sigmastat. I test statistici effettuati sui dati attinenti alla profondità di recessione, misurata a livello dei denti (mesiale e distale) adiacenti all’impianto, hanno mostrato l’assenza di differenze statisticamente significative tra i valori rilevati al momento della chirurgia e a un anno da questa (p=0.52 a livello del sito mesiale; p=0.5 a livello del sito distale). Analogamente dall’osservazione dei risultati ottenuti dai valori relativi alla profondità di sondaggio, si evince che anche in questo caso non esistono differenze statisticamente significative tra i due gruppi di dati; allo stesso modo, il tessuto cheratinizzato misurato a livello dei denti adiacenti al sito implantare ha mostrato un incremento significativo sul piano clinico, ma non statistico. Il dato che desta maggior interesse è rappresentato dall’incremento del tessuto cheratinizzato registrato a livello del sito implantare dopo un anno di follow up. I risultati mostrano che esiste una differenza statisticamente significativa (p=0.002) tra i valori registrati al momento della chirurgia e dopo un anno di follow up (tabelle 1 e 2).

DM_2011_Tab1DM_2011_Tab2Discussione

I risultati ottenuti nello studio, sia in termini di outcome clinico che estetico, sono soddisfacenti: gli impianti si sono integrati correttamente e l’estetica, sia a livello dei restauri che dei tessuti molli, è stata molto valida. Dalla valutazione dei dati si evince che questa procedura chirurgica applicata agli impianti determina un buon enhancement dei tessuti, confermato dal miglioramento clinicamente significativo dei parametri parodontali registrati a livello dei siti dentali, adiacenti a quello implantare, dove, in particolare, il tessuto cheratinizzato ha mostrato un significativo trend positivo. Inoltre, l’assenza delle incisioni verticali di svincolo ha rappresentato indubbiamente un vantaggio in quanto ha eliminato la possibilità che si formassero linee di discontinuità sulla trama superficiale dei tessuti, mentre l’applicazione dell’innesto di tessuto connettivo a livello del sito implantare, secondo la tecnica bilaminare, ha conferito a livello marginale, uno spessore maggiore determinando un incremento dell’ampiezza del tessuto cheratinizzato e, quindi, maggiore stabilità.

Conclusioni

Questo è uno studio preliminare; probabilmente il raggiungimento della significatività statistica solo in uno dei parametri valutati (il KT implantare) è dovuto all’esiguità del campione, che ha conferito ai test effettuati un power sostanzialmente basso. Saranno necessari ulteriori indagini per valutare l’effettiva efficacia e affidabilità a lungo termine di questo approccio
chirurgico.

Corrispondenza
Chiara D’Elia
Via Tiziano, 10 – Arezzo
hara85@hotmail.com 

Bibliografia

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Un nuovo approccio chirurgico per aumentare lo spessore dei tessuti molli all’inserimento degli impianti in zone estetiche - Ultima modifica: 2011-10-01T14:40:17+00:00 da adelecaracausi

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