Succhiamento non nutritivo: revisione della letteratura

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Riassunto
Lo scopo di questo lavoro consiste nell’effettuare una revisione sistematica della letteratura riguardo l’abitudine al succhiamento non nutritivo.
È stata effettuata una revisione sistematica della letteratura tramite la banca dati Medline (www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed). Per effettuare la ricerca, sono state scelte le parole chiave “thumb sucking habit, digital sucking habit, finger sucking habit, non nutritive sucking habit”.
Particolare attenzione è stata posta riguardo all’epidemiologia, all’eziologia, agli effetti del succhiamento e alle opzioni terapeutiche.

Summary
Non nutritive sucking habit: a review
The aim of this work consists in presenting a literature review about non nutritive sucking. A literature review through Medline (www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed) has been done. Key words used were: “thumb sucking habit, digital sucking habit, finger sucking habit, non nutritive sucking habit”. Epidemiology, etiology, effects and therapeutic options about non nutritive sucking have been underlined.

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I fattori eziologici di una disgnazia sono suddivisibili in due grandi categorie: intrinseci ed estrinseci. I primi sono legati al pattern genetico, ovvero sono geneticamente determinati e agiscono durante tutto l’arco di accrescimento di un soggetto1-3.
I secondi, detti anche ambientali, non sono geneticamente determinati, e la loro azione è limitata a un preciso periodo di tempo; se eliminati, non sono più in grado di influenzare la crescita.

Le abitudini viziate – quali succhiamento, respirazione orale e deglutizione atipica – rientrano fra i fattori eziologici estrinseci di una disgnazia. Essi sono in grado di alterare la crescita eugnatica di un paziente e, se non rimossi tempestivamente, di generare una vera e propria disgnazia dento-scheletrica.

Particolare importanza assume il succhiamento. Si definisce abitudine viziata il succhiamento di tipo non nutritivo, ovvero che non mira all’alimentazione del soggetto, ma è fine a se stesso. Varie sono le tipologie di succhiamento non nutritivo che sono state descritte in letteratura. Le più comuni sono il succhiamento prolungato del succhiotto, del dito o di oggetti di vario tipo.
Lo scopo di questo lavoro consiste nell’effettuare una revisione sistematica della letteratura circa il succhiamento non nutritivo quale fattore eziologico estrinseco delle disgnazie dento-scheletriche in fase dinamica di crescita.

Materiali e metodi

È stata effettuata una revisione sistematica della letteratura tramite la banca dati Medline (www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed).
Per effettuare la ricerca, sono state scelte le parole chiave “thumb sucking habit, digital sucking habit, finger sucking habit, non nutritive sucking habit”.

Sono stati quindi considerati gli articoli inerenti il succhiamento non nutritivo e che forniscono informazioni circa l’eziologia, la correlazione con le disgnazie, le opzioni terapeutiche proposte dai vari Autori e i risultati ottenuti.
A causa della molteplicità degli studi presenti in letteratura riguardo a tale abitudine viziata, sono stati selezionati solo quelli compresi tra il 1974 e il 2010.
Utilizzando le opzioni dei limits, sono stati considerati soltanto gli articoli riferiti a “Humans”.
Sono stati poi aggiunti due articoli pubblicati su riviste non indicizzate in Medline.

Risultati
Dati epidemiologici

Il succhiamento non nutritivo, in particolare del dito, è un’abitudine viziata relativamente frequente in una fascia d’età che va dai pochi mesi di vita ai 14 anni.
Kurosu4 riporta che il 28% dei pazienti di età compresa tra 1 e 14 anni succhia il dito, mentre Kamiyama riporta che tra i 2 e i 6 anni sono il 23,3%.

Katz et al. sostengono che una grande percentuale (67,9%) di bambini mostra un’abitudine al succhiamento non nutritivo nel corso della vita5-6.
Jenkins et al. e Massler5 sostengono che il succhiamento sia legato anche ad abitudini culturali e allo status socio-economico.
Santos et al.7 evidenziano sulla popolazione brasiliana una prevalenza del succhiamento non nutritivo di circa il 40,2% di cui il 27,7% utilizza il succhiotto e il 12,5% il dito.

Questi Autori sottolineano anche che le bimbe succhiano il dito maggiormente rispetto ai bimbi e che vi è una maggiore frequenza di succhiamento del dito o del succhiotto nei figli di genitori con un livello di educazione alto.
Secondo alcuni Autori l’incidenza del succhiamento del dito tra i bambini diminuisce con l’aumentare dell’età e molti di loro interrompono l’abitudine in un arco di tempo compreso tra i due e i quattro anni8.

Duncan et al.9 evidenziano che a 15 mesi di vita il 63,2% dei bambini ha abitudini di succhiamento non nutritivo, il 37,6% succhia un oggetto, spesso un pupazzo, e il 22,8% un dito. A 36 mesi tale percentuale si riduce al 40% con equiparazione di utilizzo del pupazzo o del dito.
Un’indagine condotta dalla SIDO nel 2002 ha evidenziato che su 900 mamme italiane il 77% utilizza il succhietto10.

Eziologia

Nel corso degli anni sono state avanzate diverse teorie riguardo all’eziologia del succhiamento non nutritivo.
Le tre correnti di pensiero maggiormente accreditate sono:

  • la teoria psicoanalitica;
  • la teoria della “mancata funzione”;
  • la teoria comportamentale.

La teoria psicoanalitica è stata quella più seguita fino ad alcuni anni fa. Essa prevede che il succhiamento del pollice consegua a disturbi emozionali o traumi a livello della sfera psichica profonda. Tale teoria è stata postulata sulla base delle teorie freudiane che tendevano a interpretare su base psicopatologica qualunque atteggiamento non fisiologico.

Tale teoria è avvalorata da diversi studi presenti in letteratura che sostengono4 che la causa delle abitudini viziate nei bambini sia di tipo psicologico. Per tali ragioni, la loro risoluzione risulta di particolare complessità in quanto è dapprima necessario agire sulla componente psicologica che determina insicurezza e poi affrontare propriamente l’abitudine viziata.
La teoria della “mancanza di funzione” sostiene che l’abitudine al succhiamento è legata a un insufficiente o improprio sistema di succhiamento nutritivo nei primi venti mesi di vita (allattamento troppo breve).

A favore di questa ipotesi, Curzon NEJ sostiene che i bambini esquimesi non succhino il dito in quanto vengono portati per anni sulla schiena della madre con una bottiglia di latte in mano mentre Burlington, Popovich e Thompson hanno evidenziato una correlazione statisticamente significativa tra prolungamento del tempo di allattamento e diminuzione dell’abitudine viziata al succhiamento del dito.
Tseng et al.8 sostengono che il succhiamento del dito sia un riflesso innaturale che genera sicurezza nel bimbo.

Nei lattanti, il succhiamento del dito e del succhiotto sono stati correlati a un insufficiente allattamento al seno.
La terza teoria depone a favore del fatto che il succhiamento del dito sia un comportamento acquisito basato sulle leggi dell’apprendimento. Secondo Pavlov, il succhiamento è la base dei moduli comportamentali e il bambino può giungere ad associarvi il concetto di presa del cibo, calore, sicurezza, scarica dell’aggressività. Secondo tale teoria, il succhiamento è un comportamento appreso e senza particolari risvolti psichici.

Effetti del succhiamento sulla crescita e sullo sviluppo dell’apparato stomatognatico

La teoria della matrice funzionale di Moss11 presume che la crescita del volto sia una risposta alle esigenze funzionali e agli stimoli neurotrofici mediata dai tessuti molli.
Se le multifunzioni stomatognatiche (resprirazione, deglutizione, masticazione, fonesi) sono correttamente sviluppate, la crescita avviene in modo corretto.
Quando una noxa patogena, quale un’abitudine viziata, interferisce sul corretto sviluppo delle multifunzioni stomatognatiche, anche la crescita cranio-facciale ne risente e si instaurano una serie di meccanismi che portano alla formazione di una malocclusione.

In letteratura sono presenti molti studi che sostengono che il succhiamento non nutritivo, quale abitudine viziata, sia un fattore eziologico di disgnazia.
In particolare, il rischio di sviluppare una malocclusione è proporzionale al tempo di succhiamento ed è strettamente correlato al periodo della vita in cui esso viene effettuato.
È unanime in letteratura l’opinione che il succhiamento prolungato nel tempo determini effetti negativi dento-scheletrici4.
L’openbite anteriore e il crossbite posteriore sono secondo alcuni Autori le malocclusioni più frequentemente associate al succhiamento12-16.

Tseng et al.8 sostengono che il rischio di sviluppare una malocclusione conseguente al succhiamento sia significativamente elevato nei bambini che interrompono questa pratica oltre i quattro anni di età.
Infatti, il protrarsi nel tempo delle abitudini viziate può alterare significativamente la morfologia e la funzione dell’apparato stomatognatico in fase di sviluppo e causare conseguenti anomalie scheletriche e occlusali4.
Molti Autori evidenziano che il succhiamento protratto del succhiotto è causa di crossbite17-24 latero-posteriore.

Il crossbite posteriore, infatti, può essere causato da fattori ereditari, ma anche esogeni quali respirazione nasale non corretta, tonsille infiammate e adenoidi25-26, ritenzione prolungata o perdita prematura dei decidui, affollamento, schisi palatale, deficit di lunghezza dell’arcata, anomalia dell’anatomia dei denti o della sequenza di eruzione, abitudini viziate quali il succhiamento, respirazione orale e malfunzionamento dell’articolazione temporo-mandibolare18.

Tra questi fattori causali del crossbite posteriore, particolare importanza assume il succhiamento del dito. Esso genera una forte pressione a livello del palato, una concomitante pressione negativa esercitata dalle guance sulle arcate dentarie e un abbassamento della lingua che non consente il corretto sviluppo del mascellare superiore27. Tutto ciò causa un iposviluppo sul piano trasverso del mascellare superiore e un conseguente crossbite latero-posteriore.
È altresì vero che il succhiamento del dito è solo una delle cause del crossbite, come evidenziato da Farsi e Salama26.

Secondo alcuni Autori, il crossbite non consegue solo al succhiamento del dito, ma anche quello prolungato del succhietto e del pupazzo, seppure in misura minore, generano tale tipo di malocclusione27.
Secondo Duncan et al. sia il succhiamento del dito che quello di un oggetto possono causare un crossbite posteriore.
Tali Autori evidenziano, inoltre, la comparsa di un openbite anteriore9.

Altri Autori sottolineano che tra le conseguenze del protrarsi di tale abitudine viziata vi siano la comparsa di un openbite anteriore, la protrusione maxillare, una contrazione del mascellare superiore sul piano trasverso, un crossbite latero-posteriore, una dislocazione indietro e in basso della mandibola e l’affollamento degli incisivi mandibolari4.
Yokota et al. sottolineano, inoltre, un’attività muscolare anormale a livello delle labbra e della lingua4.
Altri autori evidenziano, inoltre, il legame tra succhiamento openbite incisale e proinclinazione degli incisivi superiori.
Vilela Heimer et al. sostengono che l’openbite anteriore si associ al succhiamento protratto, mentre il crossbite posteriore no.

Yemitan et al.28 sostengono che nei pazienti con abitudine al succhiamento prolungata si assiste a una ridotta ampiezza dell’arcata maxillare, una ridotta distanza tra i due canini inferiori e un aumento della profondità del mascellare superiore. Secondo tali Autori il succhiamento del dito mostra una minore riduzione della distanza intercanina e intermolare mandibolare rispetto a quello del succhietto. Essi non evidenziano una correlazione significativa tra la durata del succhiamento e i cambiamenti scheletrici.
Mistrà et al.29 suggeriscono che nei pazienti succhiatori del dito l’overjet aumenta e il morso si apre, mentre non hanno evidenziato una correlazione tra crossbite e succhiamento.
Dimberg et al.30 sottolineano una significativa associazione tra succhiamento e openbite anteriore, occlusione molare di II classe, aumento dell’overjet e crossbite posteriore. Essi sostengono che il succhiamento del succhiotto causi più malocclusioni di quello del dito.

Castelo et al.31 sostengono che il succhiamento quale abitudine viziata giochi un ruolo importante nell’eziologia del crossbite, che si associa con una minore forza di serramento e tendenza alla long face.
Mishiro et al.4 hanno studiato due gruppi di pazienti, uno senza abitudini viziate e uno composto da soggetti che succhiavano il dito. Essi hanno concluso che nel primo gruppo la lingua è in grado di esercitare una pressione di 1.57 kgw sul palato, mentre nel secondo di 1.65 kgw a livello della regione maxillare e
1.80 kgw a livello dell’arcata mandibolare.
Melink et al.1 sostengono che l’utilizzo del succhiotto sia strettamente associato alla presenza di crossbite posteriore.
Øgaard et al.21 mostrano che due anni di utilizzo del succhietto producono significativi effetti sul diametro trasversale del mascellare superiore.
Warren et al.13 dimostrano che l’utilizzo del succhietto oltre i 2-3 anni di età aumenta significativamente la prevalenza di crossbite posteriori, come sottolineato anche da
Melink et al.1.
Questi ultimi1 suggeriscono che per intercettare lo sviluppo del crossbite i pediatri e i genitori dovrebbero controllare lo sviluppo facciale dei bimbi con abitudini al succhiamento non nutritivo o prolungato di biberon. Essi devono prestare particolare attenzione alla lunghezza del frenulo linguale e alla posizione della lingua.

Ovsenik3 ha riscontrato una prevalenza del 20% di crossbite posteriori tra i bambini di 5 anni, di cui circa il 50% succhiano un pupazzo o sono alimentati con il biberon. Egli riscontra anche che al termine dell’allattamento persistono la deglutizione atipica, il succhiamento del dito e la respirazione orale. Ha inoltre riscontrato una correlazione statisticamente significativa tra la presenza di crossbite latero-posteriore e il succhiamento.
Yokota et al.4 hanno stimato la pressione che si esercita durante il succhiamento tra 2 e 4.5 kgw.

Peres et al.32 sostengono che l’abitudine al succhiamento non nutritivo tra i 12 mesi e i 4 anni di età e il succhiamento del dito a sei anni di età sono i fattori di rischio maggiori per la genesi dell’openbite anteriore.
Katz et al. sottolineano una correlazione tra malocclusioni e succhiamento non nutritivo16.
Levrini sostiene che oltre i 24 mesi di utilizzo del succhietto si prevede un incremento del morso aperto dentale mentre sotto i 24 mesi questa correlazione non è evidenziabile10.
Levrini sottolinea anche che il rischio di otiti medie si innalza nei soggetti che utilizzano il succhietto in modo vigoroso; nei soggetti con otite ricorrente va quindi sconsigliato10.

Oltre al succhiamento, anche l’allattamento al biberon protratto interferisce negativamente con lo sviluppo del volto1. Infatti, si è osservato che i bambini che bevono il latte tramite una tazza mostrano migliore competenza labiale, respirazione nasale e una corretta posizione della lingua a riposo33.

Effetti benefici dell’utilizzo
del succhiotto

Il succhiotto, al contrario del dito e di altri oggetti, è un presidio che, se correttamente utilizzato, ha degli effetti benefici. Esso deve però essere anatomico, in grado quindi di distribuire lo stress in modo più uniforme in senso trasversale e caricare meno la cresta anteriore del palato10 e va utilizzato nella maniera e nelle tempistiche corrette. Va inoltre dismesso prima dei 36 mesi di vita27.
È stato infatti dimostrato che l’uso del succhiotto protegge dalle morti improvvise nel lattante, le cosiddette “sudden infant death syndrome” (SIDS), che avvengono solitamente in bimbi con meno di sei mesi di vita8.

Levrini sostiene che l’utilizzo del succhietto tranquillizzi il neonato anche se esso non deve sostituire il rapporto madre-figlio. Egli sottolinea che è importante sospenderne l’utilizzo se si evidenzia la comparsa di malocclusioni. Lo stesso Autore sostiene anche che il succhiamento del pollice risulti essere più fisiologico del succhietto e quindi possa essere ammesso fino all’età di 4 anni10 a meno che non si evidenzi una ridotta propensione al succhiamento del seno materno10, caso nel quale il suo utilizzo va sospeso.

Al fine di ridurre il rischio di SIDS (sindrome della morte improvvisa del lattante) è opportuno usarlo sia durante il sonno diurno che notturno, come suggerito dal Department of Family Medicine and Public Health Science Americano10.
Il succhietto, inoltre, lenisce il dolore causato dall’eruzione della dentatura decidua, accelerando la lacerazione delle mucose10.

Succhiamento non nutritivo protratto: quando intervenire

Tseng et al. sostengono che l’abitudine viziata del succhiamento sia una delle motivazioni più frequenti per cui i genitori richiedono il consulto dell’ortodontista8.
Essi sostengono che i bambini che succhiano il dito dopo i quattro anni di età debbano essere visitati da un ortodontista, mentre prima non sia necessario8.
In ogni caso, i bambini in età scolare, che persistono nel succhiare il dito, dovrebbero essere indirizzati dal pedodontista8. Infatti, a questa età i denti permanenti cominciano a erompere e il succhiamento ha effetti negativi.
Yokota et al.4 sostengono che nel periodo della permuta dentaria si sviluppi la funzionalità della muscolatura periorale. Per tale motivo, le abitudini viziate, quali il succhiamento, assumono particolare importanza in questo specifico arco temporale in quanto possono alterare il corretto sviluppo della muscolatura e causare malocclusioni.

L’American Dental Association raccomanda di motivare i bambini verbalmente a interrompere tale pratica. Consiglia, inoltre, di trovare metodi alternativi per confortare e calmare i bambini, quali orsacchiotti in peluches, effettuare richiami e rinforzi negativi nel caso l’abitudine non cessi (è proposto anche l’uso di un liquido amaro da cospargere sul dito), garantire ricompense nel caso i bimbi interrompano l’abitudine34.
Tseng et al.8 suggeriscono di affrontare il succhiamento del dito con rinforzi positivi, misure alternative di svago e richiami.

Le linee guida del ministero della Salute italiano indicano che è meglio utilizzare il succhietto per meno di 24 mesi e dismetterlo prima dei 36 mesi di età10. È inoltre importante non usare il succhietto con sostanze dolci o anestetiche per evitare la genesi di lesioni cariose.
Nel caso il bambino continui a utilizzare il succhietto oltre questo arco temporale, è importante motivarlo a dismettere l’abitudine, prima con metodi verbali e poi coercizionali, quali il furto del succhietto e il bendaggio del dito.

Diverse sono le opinioni presenti in letteratura circa le apparecchiature che possono essere utilizzate in tali pazienti. Alcune di esse, come Nite Guide e Habit Corrector, possono essere impiegate fin dai 4 anni e la loro azione dipende dalla compliance dei bambini.
Altri Autori suggeriscono l’utilizzo di metodiche più coercitive quali griglie linguali che possano impedire fisicamente l’introduzione di un oggetto o del dito in bocca.

Spesso tali pazienti vengono indirizzati da un logopedista per riabilitare la fonesi, alterata in presenza di quadri malocclusivi quali l’openbite.
A nostro avviso è però fondamentale che prima della riabilitazione della fonesi si creino le premesse anatomiche e venga quindi risolto il quadro malocclusivo. Solo a quel punto potrà essere indicato un consulto con il logopedista.

Correzione spontanea della malocclusione alla sospensione dell’abitudine viziata

Numerosi Autori35-36,38-40 evidenziano una spontanea correzione dell’openbite anteriore dopo interruzione dell’abitudine viziata al succhiamento. Questo però non avviene per il crossbite posteriore che, per essere risolto, necessita di un’adeguata terapia.
Su quest’ultimo punto, però, altri Autori osservano che è più facile riscontrare un crossbite posteriore in dentizione mista rispetto a quella decidua e ipotizzano quindi che alcuni crossbite in dentizione decidua siano autorisolvibili37.

A favore di quest’ultima ipotesi vi è uno studio di Lindner38 che sostiene che il 17% dei crossbite presenti in bambini di età tra i 4 e i 9 anni siano autocorreggibili senza terapia, soltanto rimuovendo il fattore eziologico. Questi dati porterebbero quindi a concludere che sospendendo l’abitudine al succhiamento in dentizione decidua sia possibile riscontrare una correzione spontanea sia dell’openbite anteriore che del crossbite, mentre se la sospensione avviene in epoca più tardiva il crossbite necessita di adeguata terapia per ristabilire corretti rapporti tra le basi ossee.

Proffit e Fields sostengono che nei bambini che presentano una crescita bilanciata orizzontale è più facile assistere a una correzione spontanea dell’openbite rispetto a quelli che presentano una long face o un pattern di crescita verticale27. Fields, Moyers e Larsson36,39-40 sostengono che se il succhiamento viene interrotto tra i 4 e i 6 anni di età si assiste a un miglioramento della malocclusione.
Levine41 suggerisce che se tale abitudine viziata continua oltre questo periodo vi sono scarse possibilità di miglioramento della malocclusione, specie se si associa la deglutizione atipica.
Heimer et al.5 sostengono che alla rimozione dell’abitudine viziata si assista a una correzione spontanea dell’openbite anteriore, ma la morfologia del volto resta invariata.

Allattamento al seno e succhiamento non nutritivo

Melink et al.1 sostengono che il succhiamento del succhietto abbia uno stretto rapporto con l’allattamento al seno. L’allattamento al seno sembra poter prevenire l’utilizzo del succhietto in quanto si è riscontrato che la durata dell’allattamento è inversamente proporzionale all’utilizzo dello stesso1. Anche altri studi confermano che i bambini che non utilizzano il succhietto hanno un periodo di allattamento al seno significativamente maggiore (11 mesi).

Secondo uno studio di de Albuquerque et al.42 eseguito su un gruppo di bambini brasiliani di età compresa da 1 a 3 anni, il 69,2% di essi ha l’abitudine viziata al succhiamento, di cui il 61,6% succhia il succhiotto e l’8,2% il dito. Tra questi pazienti, il 10,2% è allattato esclusivamente al seno, il 4,9% sono alimentati con il biberon e l’84,9% con entrambe le metodiche. Essi concludono che quanto maggiore è la durata dell’allattamento al seno, tanmto minore è la prevalenza del succhiamento non nutritivo.

De Holanda et al.43 sottolineano che l’allattamento al seno per più di sei mesi sia un “fattore preventivo” del succhiamento non nutritivo. Secondo questi Autori, l’uso del succhiotto è maggiormente frequente nei bambini di tre anni e, in particolare, in quelli appartenenti a famiglie agiate e con genitori ad alto livello di scolarizzazione. Questi Autori evidenziano una correlazione non significativa tra succhiamento del dito e allattamento al seno e una prevalenza di succhiamento non nutritivo nel sesso femminile e nell’ultimo maschio nato.

Scavone et al.44 analizzano bambini di età compresa tra 3 e 6 anni e li dividono in gruppi. Nel primo gruppo sono presenti bambini non allattati al seno, nel secondo bambini allattati al seno per meno di tre mesi, nel terzo bambini allattati al seno per un periodo maggiore di 3 mesi e inferiore a 6, nel quarto gruppo bambini allattati al seno per un periodo che va dai 6 ai 9 mesi e un quinto gruppo di bambini allattati al seno per più di 9 mesi. Essi evidenziano che l’utilizzo del succhiotto è maggiormente frequente nei gruppi 1, 2, 3 e 4 (85%, 87,6%, 78% e 70%, rispettivamente), e minore nel gruppo 5 (38,6%).

La prevalenza di succhiamento non nutritivo è ridotta nei bambini che sono stati allattati per più di nove mesi al seno.  Non vi è, secondo questi Autori, differenza statisticamente significativa nell’uso del succhiotto o nel succhiamento del dito tra i due sessi.

Discussione e conclusioni

Dall’analisi della letteratura effettuata appare evidente la necessità da parte dell’odontoiatra di conoscere i fenomeni legati a tale abitudine viziata per potere diagnosticarla, avvertire e motivare i genitori e il paziente, e mettere in atto strategie preventive e terapeutiche. Indipendentemente dalle opinioni presenti in letteratura riguardo alle tempistiche e alle metodiche terapeutiche da effettuare, è fondamentale intervenire prima che l’abitudine viziata abbia causato un quadro disgnatico di particolare importanza. È inoltre importante ripristinare un corretto equilibrio neuromuscolare, una fisiologica postura linguale e corporea e una corretta anatomia dell’apparato stomatognatico. Spesso la terapia è multidisciplinare, coinvolgendo su diversi fronti il pediatra, l’odontoiatra e l’ortodontista; nei casi più gravi anche lo psicologo. Fondamentale è poi il ruolo svolto dai familiari che, se adeguatamente motivati e istruiti, hanno un compito molto importante ai fini della cessazione di questa abitudine viziata.
Il successo dipende infatti dalla motivazione e collaborazione dei pazienti e dei familiari.

Corrispondenza
Giampietro Farronato
Università di Milano
Via Commenda, 10
20100 Milano
Tel. +39 02 55032520
giampietro.farronato@unimi.it

• Lucia Giannini1
• Guido Galbiati1
• Cinzia Maspero2
1DDS, Reparto di Ortognatodonzia, Università degli Studi di Milano, IRCCS Cà Granda-Ospedale Maggiore Policlinico, Dipartimento di scienze diagnostiche, chirurgiche e ricostruttive, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia (direttore prof. G. Farronato)
2MD, DDS, Dirigente Medico, Reparto di Ortognatodonzia, Università degli Studi di Milano, IRCCS Cà Granda-Ospedale Maggiore Policlinico, Dipartimento di scienze diagnostiche, chirurgiche e ricostruttive, Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia (direttore prof. G. Farronato)

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Succhiamento non nutritivo: revisione della letteratura - Ultima modifica: 2012-06-17T08:57:31+00:00 da Redazione

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