Sigillanti endodontici a base di bioceramiche

DM_il dentista moderno_atomi_particelle_ Vantaggi legati all'uso delle bioceramiche

Oramai da qualche anno i materiali bioceramici costituiscono una realtà di interesse clinico rilevante, in ragione dell’elevata biocompatibilità dimostrata nel corso dei numerosi studi clinici e di laboratorio. In questo ampio contenitore sono compresi allumina, zirconia, idrossiapatite, fosfato di calcio, biovetri, vetro-ceramiche. Possono essere classificati più semplicemente in base all’interazione con i tessuti circostanti, quindi come bioceramiche inerti o bioattive. Queste ultime possono essere ulteriormente distinte fra degradabili e non.

Nella fattispecie, si considerino le evidenze scientifiche correlate a tali sostanze impiegate come componenti di cementi endodontici. In questo senso, oltre alla suddetta tolleranza da parte dei tessuti possono essere indagate diverse altre variabili: efficacia nella sigillatura, adesione, solubilità, effetti antibatterici.

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Krell e Wefel nel 1984 documentarono per la prima volta l’impiego di bioceramiche (nella fattispecie fosfato di calcio) come sigillanti endodontici. È in seguito alle esperienze di Chohayeb che lo stesso materiale ha trovato impiego in diversi trattamenti endodontici, compresi incappucciamento pulpare, riparazione di difetti periapicali e trattamento di perforazioni a livello della forca.

Vantaggi legati all’uso delle bioceramiche

 

I principali vantaggi legati all’uso delle bioceramiche come canal sealer sono due: in primo luogo, la loro biocompatibilità previene la reazione dei tessuti circostanti. In più, grazie al contenuto in fosfato di calcio, essi assumono a indurimento completo una struttura cristallina simile a quella dei tessuti biologici duri, la quale favorisce l’interfaccia con la dentina canalare. La durezza acquisita costituisce per contro il principale svantaggio nel momento in cui sia effettivamente necessario il ritrattamento canalare.

L’esatto meccanismo dell’adesione del sigillante alla dentina non è stato del tutto chiarito, ma risponde probabilmente a uno dei seguenti modelli:

1) diffusione di particelle all’interno dei tubuli dentinali con impegno di tipo meccanico

2) denaturazione delle fibre collagene della dentina intertubulare e infiltrazione da parte della componente minerale del sigillante

3) reazione parziale del fosfato con silicato e idrossido di calcio, con formazione di idrossiapatite lungo la zona di infiltrazione.
Partendo da tali presupposti, e con la possibilità che in un prossimo futuro nuovi prodotti di questo tipo – oggi in fase di sperimentazione – vengano introdotti sul mercato, è utile elencare le proprietà che un sigillante ideale dovrebbe soddisfare, nella sequenza in cui Grossman le illustrò.
1) adeguata viscosità
2) garantire sigillo efficace

3) radiopacità
4) il particolato deve essere sottile e, di conseguenza, facilmente miscelabile
5) non andare incontro a contrazione durante l’indurimento
6) non indurre discromie dentali
7) garantire quantomeno un’azione batteriostatica
8) indurimento lento
9) insolubilità nei fluidi
10) buona tolleranza da parte dei tessuti periapicali
11) solubilità a contatto con solventi (ritrattabilità).

Sigillanti endodontici a base di bioceramiche - Ultima modifica: 2017-08-17T08:18:08+00:00 da redazione

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