Risoluzione di malattie infiammatorie e parodontali: aspetti molecolari e implicazioni terapeutiche

L’infiammazione parodontale è una malattia supportata sia da immunità congenita che acquisita ed è associata alla perdita permanente del legamento parodontale, del cemento e dell’osso alveolare1. I batteri patogeni e i loro prodotti tossici suscitano la risposta immunitaria dell’ospite, inducendo una cascata di eventi infiammatori per contrastare l’infezione. Durante le fasi iniziali vengono reclutate le cellule infiammatorie e vengono prodotti ed espressi i mediatori pro-infiammatori, tra cui prostaglandine, leucotrieni e interleuchine, finché l’infezione viene contenuta o risolta.

D’altro canto, i mediatori anti-infiammatori vengono prodotti dai neutrofili per controllare la durata e l’estensione dell’infiammazione2. L’ultimo stadio dell’infiammazione avviene come un processo attivo mediato da diverse molecole lipidiche endogene, derivanti dall’acido arachidonico, chiamate lipossine e resolvine2. Le lipossine sono piccole molecole lipidiche che si attaccano a un ricettore cellulare specifico e giocano un ruolo importante nella regolazione dell’accumulo e nell’attivazione dei granulociti durante l’infiammazione3-5.

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Gli studi sulla terapia delle malattie infiammatorie, come la parodontite, sono stati classicamente focalizzati per moderare l’espressione delle molecole endogene responsabili dell’inizio e del mantenimento dell’infiammazione. Per cui sono stati messi a punto i farmaci anti-infiammatori non-steroidei (NSATD) o gli inibitori COX specifici per bloccare la produzione delle molecole pro-infiammatorie derivanti dall’acido arachidonico, quali le prostaglandine e i trombossani.

La recente descrizione dei mediatori pro-risoluzione endogeni lipo-derivati apre a nuovi approcci terapeutici per malattie con componente infiammatoria. In questo articolo, saranno descritti caratteristiche, funzioni e aspetti terapeutici dei mediatori pro-risolutori lipidici nella parodontite.

Dall’infiammazione iniziale acuta alla fase di risoluzione

In seguito a insulti batterici, virali o lesioni traumatiche, nell’ospite inizia una cascata di eventi infiammatori per ottenere la restitutio ad integrum del tessuto (per la revisione, vedere6-7). Immediatamente dopo il trauma, le cellule residenti e le piastrine del coagulo ematico rilasciano mediatori pro-infiammatori e chemiotattici che inducono i neutrofili a migrare nella lesione seguendo il gradiente chemiotattico.

Queste cellule caratterizzano la prima fase infiammatoria e giocano un ruolo importante nella rimozione di patogeni tramite la degranulazione e fagocitosi. Anche i mediatori infiammatori inducono alterazioni del tessuto, come la vasodilatazione e l’aumentata permeabilità dei vasi. Dopo questa fase, i macrofagi sono attirati nel tessuto di guarigione da ulteriori mediatori infiammatori e continuano l’attività di bonifica del tessuto, aumentano il processo di infiammazione tramite il rilascio di citochine e iniziano la formazione del tessuto di granulazione.

Alla fine, avviene la rigenerazione del tessuto, incluso il deposito di matrice extracellulare, la neoangiogenesi, e ri-epitelizzazione e il rimodellamento/maturazione del tessuto. Nella fase di risoluzione, le cellule infiammatorie infiltrate si dissolvono dal tessuto e si ottiene la completa restituito ad integrum del tessuto8. Tutti gli eventi infiammatori fino alla fase risolutiva sono orchestrati dai mediatori pro-infiammatori e poi da quelli pro-risoluzione. Alterazioni o ritardi nel processo risolutivo possono impedire il ritorno all’omeostasi causando una guarigione incompleta o un’infiammazione cronica che può indurre alla formazione di cicatrici o fibrosi8. La malattia parodontale, per esempio, è un’infiammazione cronica che risulta dalla risoluzione mancata di gengivite acuta; la distruzione di matrice extra-cellulare e il lento processo di risoluzione causano cicatrici e fibrosi del tessuto connettivo parodontale che compromette la rigenerazione del tessuto.

Mediatori lipo-derivati: produzione e funzione nel processo infiammatorio

L’acido arachidonico (AA) è un acido grasso omega-6 polinsaturo, legato ai fosfolipidi della membrana cellulare. Il metabolismo di questo acido grasso essenziale genera importanti molecole lipo-derivate coinvolte nei processi infiammatori (per revisione, vedere3). L’AA viene metabolizzato in trombossini, prostaglandine e prostaciclina tramite l’attività di ciclo-ossigenasi (COX) e in leucotrieni, tramite il percorso 5-lipoxigenasi (5-LO). Queste molecole giocano un ruolo importante nell’iniziare e aumentare la risposta infiammatoria, ma sono anche coinvolte in diversi eventi patologici, incluse le malattie cardiovascolari e la parodontite. Nella fase di risoluzione, il metabolismo di AA produce lipossine (LXA4 & LXB4) tramite un processo di biosintesi transcellulare: il prodotto di piastrine 12-LO, 12-HETE viene ulteriormente attivato dalla cellula mieloide 5-LO che rilascia 5-12, un arachidonico di-sostituito chiamato lipossina A4 (LXA4). LXA4 si lega a recettori delle cellule infiammatorie specifici ed esplica funzioni immuno-modulatorie: riduce la chemiotassi neutrofila, la produzione di superossido e la secrezione di molecole pro-infiammatorie e proteolitiche, tra cui la PGE29; LXA4 promuove l’apoptosi dei leucociti, riducendone l’accumulo e aumentando la migrazione di monociti e macrofagi che esplicano funzioni non flogistiche, come le attività di bonifica del sito della ferita, senza stimolare la secrezione di TNFα o altre molecole pro-infiammatorie10. Il ruolo dei mediatori lipo-derivati, come LXA4, prostaglandina (PG) E2 e leucotrieni (LT)B4, nella patogenesi della malattia parodontale è stato valutato in uno studio su uomo9.

La produzione di LXA4 da neutrofili attivati è stata accertata nel fluido crevicolare gengivale di pazienti con parodontite giovanile localizzata, supportando così l’ipotesi che questa molecola può mediare la risposta infiammatoria locale in pazienti con parodontite. Inoltre, uno studio precedente ha dimostrato che LXA4 è stata in grado di interdire l’attività di COX-2 e la produzione di PGE2, riducendo così l’infiltrazione di leucociti verso il sito di infezione11. Questi studi supportano l’attività di pro-risoluzione esplicata dai mediatori lipo-derivati nelle malattie infiammatorie. Come AA, anche il metabolismo di acidi grassi omega-3 (ω-3 PUFA), come anche EPA e DHA, produce mediatori lipo-derivati chiamati resolvine, protectine e maresine12. Queste molecole si legano a specifici recettori su cellule infiammatorie e hanno ruoli di pro-risoluzione e protezione del tessuto13. Dal metabolismo di EPA derivano le resolvine serie E, da DHA derivano resolvine serie D, protectine e maresine. Uno studio sugli effetti delle resolvine serie E sulla produzione di superossido neutrofilo ha mostrato che le resolvine E si legano in modo specifico sui neutrofili umani e bloccano la generazione superossido da queste cellule14. Anche le resolvine serie E sono state in grado di ridurre l’espressione delle citochine pro-infiammatorie, l’angiogenesi infiammatoria, l’interazione e la trasmigrazione delle cellule neutrofile-endoteliali e di indurre la bonifica della ferita tramite i macrofagi12-15. Anche le risolvine serie D, protectine e maresine sono importanti mediatori pro-risoluzione anti-infiammatori e agiscono riducendo la migrazione e infiltrazione dei neutrofili nel tessuto infiammato, aumentando la fagocitosi tramite i macrofagi. Le protectine hanno effetti protettivi specifici su cervello, retina e cellule immunitarie e sembra quindi che giochino un’azione protettiva importante contro attacchi cardiaci, modelli animali della malattia di Alzheimer e altri sistemi neurologici16-18. Considerando queste azioni dei mediatori lipo-derivati, è raccomandata l’introduzione nella dieta giornaliera di ω-3 PUFA per gli effetti benefici e protettivi nelle malattie cardiovascolari e in altre malattie infiammatorie12.

Approcci terapeutici

Come precedentemente discusso, l’infiammazione acuta iniziale e la risoluzione sono eventi attivi consecutivi caratterizzati da mediatori molecolari specifici. Le attuali strategie terapeutiche antinfiammatorie sono state introdotte per bloccare il processo infiammatorio o per promuovere la fase di guarigione. L’aspirina è un potente farmaco anti-infiammatoria, introdotto all’inizio del 1900 come inibitore COX-2, ma solo dopo molti decenni John Vane scoprì che la somministrazione di aspirina influenzava fortemente il processo infiammatorio. Questa molecola cambia l’attività catalitica del COX-2 in lipossigenasi, riducendo così la produzione di mediatori pro-infiammatori lipo-derivati come il PGE2 e trombossani. Inoltre, l’aspirina sembra avere una funzione pro-risoluzione: il COX-2 modificato induce la sintesi di lipossine attivate da aspirina (ATL) 15-epi-LXA4 e 15-epi-LXB4. Queste isoforme di lipossine endogene inibiscono rispettivamente l’adesione dei neutrofili e la proliferazione cellulare19-20 e sembra anche che siano più potenti e resistenti al processo di degradazione da parte di enzimi endogeni specifici rispetto ai mediatori endogeni lipo-derivati15. L’ibuprofene e il flurbiprofene sono inibitori COX-2 e riducono la produzione di PGE2 e di segni cardinali di infiammazione. Diversamente dall’aspirina, possono avere un’attività anti-risoluzione21. Nelle ultime fasi di infiammazione, COX-2 sembra produrre un tipo di prostaglandine pro-risoluzione e l’inibizione di questo enzima tramite COX-2 specifici può temporaneamente estendere gli stadi infiammatori finali. L’evidenza emergente sul ruolo pro-risoluzione delle molecole endogene lipo-derivate ha indotto lo sviluppo di una nuova strategia terapeutica per le malattie infiammatorie e il mediatore pro-risoluzione Resolvin E1 (RvE1) è stato testato come agente protettivo e terapeutico14-22.

In uno studio pre-clinico, Hasturk et al.14 hanno valutato l’impatto di un trattamento locale con RvE1 sulla prevenzione dei danni a tessuto e osso in un’infiammazione parodontale indotta da legature. Gli Autori hanno osservato una limitata infiltrazione di neutrofili, una minor perdita ossea e meno osteoclasti attivi nei siti trattati con RvE1 rispetto a quelli non trattati. Questi dati confermano che RvE1 regola la funzione dei neutrofili e che può essere usato come agente farmacologico per prevenire la distruzione del tessuto. In un ulteriore studio22, lo stesso gruppo di Autori ha valutato gli effetti terapeutici di RvE1 su lesioni indotte da legature nei conigli.

Nelle valutazioni istologiche e radiografiche, è stato rilevato che la completa risoluzione dell’infiammazione parodontale, la ricrescita dell’osso ai livelli pre-malattia e il restauro dei difetti verticali e orizzontali erano significativamente più alti in difetti trattati con RvE1 rispetto ai difetti non trattati. Nei siti trattati con mediatore pro-risoluzione si sono riscontrati anche la rigenerazione istologica di legamento e cemento, con fibre di Sharpey penetranti, e il miglioramento nei parametri clinici della malattia parodontale. Al contrario, nei siti non trattati con RvE1 è stata riscontrata una progressione dell’infiammazione parodontale e della distruzione del tessuto.

Conclusioni

Lo sviluppo del danno tissutale nelle malattie infiammatorie è stato collegato non solo allo sviluppo di un forte processo infiammatorio, ma anche a un’attività di risoluzione danneggiata. Le attuali strategie terapeutiche che interferiscono con lo sviluppo e la progressione dell’infiammazione sembrano avere effetti tossici sul processo di risoluzione e allungare temporaneamente la guarigione della ferita. L’applicazione di mediatori, come il Resolvin E1, accelera il raggiungimento della guarigione, impedendo la fase cronica. Nella malattia parodontale questo approccio terapeutico può prevenire il danno tissutale e rigenerare le strutture parodontali; per confermare queste ipotesi, però, si auspicano ulteriori studi clinici.

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Risoluzione di malattie infiammatorie e parodontali: aspetti molecolari e implicazioni terapeutiche - Ultima modifica: 2011-09-01T15:53:23+00:00 da Enrico Colnaghi

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