Rimozione di impianti falliti: tecniche osteotomiche

Nella prima parte dell’articolo si è fatto riferimento alla grossa differenza che intercorre tra asportare un impianto ormai privo di stabilità secondaria, il quale risulta praticamente mobile, e il dover lavorare su di una fixture ancora parzialmente integrata. In realtà, è possibile osservare una gradualità anche all’interno di questa seconda categoria. In alcune condizioni, infatti, le tecniche atraumatiche (counter torque ratchet e reverse screw technique) risultano non attuabili, nel caso in cui la connessione sia del tutto inaccessibile, o insufficienti, qualora l’impianto risulti sostanzialmente osteointegrato. Questa seconda opzione si configura ad esempio in presenza di un impianto del tutto irrecuperabile a fini protesici.

Un impianto osteointegrato è assimilabile a un elemento naturale anchilotico. L’interruzione della continuità tra superficie implantare e tessuto osseo prevede dunque l’impiego di una manovra di osteotomia. Il risparmio di tessuto biologico rimane comunque un’importante guida operativa. Saranno ora esposti i mezzi impiegabili a tale scopo.

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In primo luogo, frese ad alta velocità, il cui uso va assolutamente abbinato a irrigazione abbondante e continua. Saranno da preferire frese diamantate, perché meno aggressive e più controllabili. È altresì consigliabile concentrarsi sul tessuto osseo ai lati dell’impianto, preservando il buccal plate e la regione apicale, oltre che le strutture anatomiche potenzialmente adiacenti ad essa.

Video updated on Youtube by Francisco Teixeira Barbosa

L’avvento della tecnologia chirurgica piezoelettrica ha messo a disposizione del clinico punte ancora più maneggevoli, meno aggressive sull’osso e in grado di prevenire danni a carico dei tessuti molli circostanti. Anche in questo caso, le punte più idonee sono diamantate, indicate anche nella chirurgia estrattiva convenzionale. Al fine di evitare il rischio di surriscaldamento è consigliabile irrigare continuamente ed effettuare pause frequenti.

Un’opzione alternativa, generalmente piuttosto invasiva (da utilizzare dunque quando ritenuto indispensabile), è quella che prevede l’utilizzo di frese carotatrici tipo Trephine. Questa prevede l’impiego di una fresa dal diametro appena superiore a quello dell’impianto. L’osteotomia – che come vantaggio risulterà molto regolare – viene condotta a bassa velocità (1200-1500 rpm) e generalmente fino a metà della lunghezza della vite, la quale viene infine rimossa con metodica meno traumatica. Il video documenta un caso clinico di questo tipo: l’intervento prevede anche il posizionamento immediato di un nuovo impianto.

In conclusione, ricollegandosi a quanto appena espresso, è utile ribadire come risulti spesso consigliabile adottare protocolli elastici, ovvero tecniche che combinino procedure più o meno traumatiche. In prospettiva, inoltre, pare interessante seguire gli sviluppi di nuove metodiche, quali l’elettrochirurgia ad alta frequenza e, ancora di più, l’ablazione laser.

Rimozione di impianti falliti: tecniche osteotomiche - Ultima modifica: 2017-07-22T07:00:06+00:00 da redazione

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