Rapporti occlusali: selezione e montaggio degli elementi posteriori

Cenni sull’occlusione in protesi totale e scelta dei diatorici
In protesi totale, durante il montaggio dei frontali risultano preminenti gli aspetti estetici, mentre per il montaggio dei denti laterali, invece, prevalgono senza dubbio i requisiti funzionali; pertanto, in questo tipo di riabilitazione il montaggio dei denti laterali deve essere eseguito in modo tale da contribuire alla sua stabilità durante la funzione attraverso una corretta e mirata scelta della conformazione occlusale.

Con il termine di occlusione si intende, generalmente, la relazione di contatto tra gli elementi dentali inferiori e quelli superiori.

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Ogni volta che i denti antagonisti entrano in contatto ne risulta una forza, la cui entità può variare a seconda del soggetto, ma in ogni caso essa deve essere sopportata dai tessuti di sostegno (figura 12 a-b). Il controllo di questa forza è un problema fondamentale che, nel campo della protesi totale, è spesso fonte di perplessità e talvolta controverso. L’occlusione non può mai essere considerata una relazione puramente statica: i denti naturali, sotto l’azione dei carichi, si spostano nei loro alveoli per poi ritornare, dopo la rimozione del carico, alla loro posizione originale.

L’occlusione, in protesi totale, ha dei movimenti ancora più evidenti, dato che il movimento dei denti avviene in gruppo su una base comune a causa della consistenza dei tessuti di sostegno. Pertanto, risulta difficile, se non impossibile, creare un’occlusione puramente statica e stabile, in quanto tali strutture sono costantemente mutevoli. L’occlusione di una protesi totale deve, di conseguenza, adattarsi a tale situazione. Attualmente, esistono molte tecniche e principi relativi al montaggio e alla merceologia dei denti laterali in protesi totale. Alcuni autori ritengono che i diatorici dovrebbero essere muniti di cuspidi che siano in completa armonia con la dinamica della funzione mandibolare.

13. Arcata mandibolare completamente riassorbita: una delle cause probabili potrebbe essere una protesi incongrua dal punto di vista funzionale.

Altri, al contrario, ritengono che i diatorici non dovrebbero avere cuspidi ripide perché queste creano forze difficili da controllare. Sta di fatto che, le ricerche condotte da parte di molti studiosi su basi scientifiche non hanno consentito di concludere in maniera definitiva ed esaustiva che uno schema occlusale sia migliore per la funzione masticatoria, più accettabile per i pazienti e più sicuro per le strutture di sostegno rispetto a un altro. Occorre, però, tenere presente che la scelta e l’uso irresponsabile dei diatorici nella realizzazione delle protesi totali possono produrre delle forze tali da compromettere la stabilità delle basi, traumatizzare le strutture di sostegno e, conseguentemente, accelerare la velocità del riassorbimento osseo; pertanto, si devono comprendere e applicare in maniera intelligente e mirata i principi fondamentali dell’occlusione, indipendentemente dal tipo di schema occlusale seguito.

14. Scegliendo uno schema occlusale non idoneo, la risultante delle forze non sarà verticale rispetto alla struttura ossea sottostante, con conseguente scivolamento della protesi.

A tale proposito e solo per un rapido richiamo, teniamo a precisare che il termine «occlusione» viene spesso utilizzato «erroneamente» per descrivere i contatti statici che esistono tra i denti dopo l’arresto dei movimenti della mandibola e l’identificazione dei contatti tra i denti, e non, invece, in relazione alla superficie di questi ultimi, alla loro forma e ai loro contatti, siano essi statici o dinamici. L’occlusione di una protesi totale dipende, altresì, da un sistema di sostegno la cui struttura consiste in tessuti molli e duri: quelli molli variano di spessore, elasticità e tolleranza alla pressione e sono, quindi, soggetti a un continuo cambiamento; essi rispondono rapidamente agli stimoli esterni, quali caldo, freddo, pressione e sfregamento, nonché a quelli interni che dipendono dalle sostanze nutritizie, dalla quantità dei fluidi contenuti e dalla pressione sanguigna.

15. Sezione di una coppia di molari condyloform antagonisti: la cuspide palatale superiore funge da pestello, la fossa inferiore da mortaio.

Il cambiamento è reversibile, quindi temporaneo, se l’insulto è di breve durata, mentre diventa cronico quando la tolleranza dei tessuti viene costantemente violata fino a inficiare, irreversibilmente, anche la forma del sostegno duro primario (osso) (figura 13). Questi cambiamenti nei tessuti molli e duri influenzano le posizioni delle basi protesiche, determinando notevoli errori dell’occlusione da essi sostenuta. Da quanto detto finora e al fine di preservare le strutture sottostanti alle basi protesiche, risulta difficile e responsabilmente impegnativa la scelta dello schema occlusale. Diversi e decennali studi sulla risposta dei pazienti ai diversi tipi di denti posteriori, per quanto riguarda comfort e funzionalità, non hanno dimostrato alcuna netta superiorità di un tipo rispetto a un altro. Risulta chiaro, quindi, che il fattore più importante per il successo della protesi è l’applicazione di sani principi biomeccanici basilari.

16 a-b. Rappresentazione schematica del rapporto cuspidi e fosse secondo Gerber®; normalmente le fosse si trovano sui denti dell’arcata inferiore, fatta eccezione per i primi premolari superiori dove la fossa masticatoria è collocata nella loro porzione mesiale.

La chiusura della mandibola, relativamente ai movimenti funzionali e parafunzionali, crea delle forze multidirezionali; risulta quindi desiderabile disporre lo schema occlusale in modo che le forze risultanti siano le più verticali possibili rispetto alla struttura osteo-mucosa (figura 14). L’occlusione protesica nella regione dei denti laterali, da noi preferita e costruita per la maggior parte dei nostri pazienti, viene eseguita mediante il sistema «mortaio e pestello», con forme semianatomiche così come veniva enunciato dai professori Gysi e Gerber (figura 15) e che offre alcuni vantaggi decisivi per la stabilità autonoma rispetto all’applicazione a «intercuspidazione». Il primo dente posteriore realizzato in base a questo concetto, nel lontano 1927 da Gysi, fu chiamato «crossbite», esso rappresentava un vero e proprio punto di distacco rispetto al dente posteriore anatomico di 33° «trubyte», da lui precedentemente ideato e quasi universalmente accettato.

17. Rappresentazione schematica della «zona neutra», posta tra la muscolatura periorale e la lingua.

In questo schema, la cuspide vestibolare dei denti superiori veniva pressoché eliminata, con la conseguenza di avere una cuspide linguale prominente che entrava in occlusione con il dente anatomico inferiore: le superfici occlusali di tutti i denti posteriori venivano ridotte.

Gysi prima e, successivamente, Gerber descrissero l’azione di «mortaio-pestello» caratteristica di questo schema occlusale (figura 16 a-b).

Viene rappresentato come una cuspide che presenta un raggio di curvatura ridotto rispetto alla cavità antagonista, al fine di ottenere un’occlusione «tollerante», che consenta uno scivolamento dei denti antagonisti in tutte le direzioni senza ostacoli. L’altra peculiarità di questa tecnica di montaggio viene denominata «montaggio multilocalmente e indipendentemente stabile».

18. Visione intraorale della zona neutra occupata dagli elementi dentali. L’azione delle forze esercitate dalla muscolatura periorale agisce verso l’interno, quella della lingua verso l’esterno e insieme contribuiscono alla stabilità protesica.

Multilocalmente stabile in quanto ogni unità masticante, se sollecitata funzionalmente, deve di per sé centrare la protesi contro il rispettivo mascellare evitandone lo scivolamento. Indipendentemente stabile in quanto la protesi, durante la masticazione, deve opporsi allo scivolamento sul supporto osteo-mucoso, indipendentemente dalle forze di ritenzione delle basi. Questo metodo presenta un’unica difficoltà oggettiva che consiste nel montare i diatorici tra la muscolatura periorale e la lingua: la cosiddetta «zona neutra» (figura 17). Questa zona può essere definita come l’area in cui, durante la funzione, le forze della lingua che agiscono verso l’esterno vengono neutralizzate dalle forze delle guance, che agiscono verso l’interno (figura 18).

Altro principio importante di questa tecnica, al fine di ottenere un montaggio stabile durante la funzione masticatoria, è quello della compensazione dei piani obliqui: vale a dire che sia la dimensione sia l’inclinazione dei succitati piani della superficie masticante devono essere scelti in modo tale che, durante la funzione masticatoria, la protesi venga spinta contro il rispettivo mascellare; inoltre, questa compensazione deve essere valutata sia a livello occlusale sia in rapporto alla morfologia delle creste alveolari.

Continua …

Rapporti occlusali: selezione e montaggio degli elementi posteriori - Ultima modifica: 2009-10-29T08:59:08+00:00 da Redazione

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