Quali materiali in protesi fissa oggi?

Riassunto

L’evoluzione recente di materiali e tecnologie ha reso disponibili molti differenti tipi di materiali con i quali è possibile realizzare trattamenti protesici fissi. Mentre ancora pochi anni fa la maggior parte delle terapie protesiche fisse (corone, ponti, restauri su impianti) con requisiti di estetica e stabilità nel tempo erano realizzate quasi esclusivamente in metallo ceramica, attualmente sempre più situazioni cliniche presentano la possibilità di scegliere tra numerose alternative. È molto difficile al momento disporre di studi con caratteristiche adeguate per eseguire una scelta tra queste alternative basata su evidenze scientifiche. In assenza di queste ultime e in una fase di forte innovazione con altrettanto forti spinte commerciali a un utilizzo il più ampio possibile, la contemporanea valutazione critica della letteratura esistente e dell’analisi delle possibilità cliniche offerte dalle varie soluzioni può offrire alcuni criteri guida per una selezione quantomeno razionale nell’interesse del paziente.

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Summary
Which material is best in fixed prosthodontics today?

Recent innovations in materials as well as technologies provided clinicians with many different options to choose from when dealing with fixed prosthodontic restorations. While a few years ago most of prosthodontic restorations were done with metal ceramic nowadays a growing range of clinical conditions can be treated with many different alternatives. It is really hard currently to have a real evidence based protocol to choose materials. With no available evidence and in a time of strong innovations with concurrent strong commercial pressure a critical evaluation of existing literature, with its lights and shortcomings together with an analysis of available technical options could provide clinicians with a rational help to achieve the best clinical solutions available in different conditions.

Fino a pochi anni fa la maggior parte delle terapie protesiche fisse con requisiti di estetica e stabilità nel tempo erano appannaggio quasi esclusivo della metallo ceramica. Al di là della sempre più ampia applicazione di restauri di tipo conservativo con tecniche adesive e del loro impatto sulla formulazione dei piani di trattamento protesici, l’evoluzione recente di materiali e tecnologie ha portato invece alla disponibilità di molti differenti tipi di materiali con i quali è possibile oggi realizzare trattamenti protesici di tipo convenzionale (corone, ponti, restauri su impianti). I restauri in metallo ceramica sono utilizzati in campo protesico da più di cinquant’anni. Le qualità estetiche e la longevità funzionale della metallo ceramica possono essere molto variabili nella pratica clinica, ma la performance clinica del materiale è comunemente considerata molto predicibile. Dal punto di vista scientifico la sopravvivenza a lungo termine della metallo ceramica è stata stimata al 92% dopo 10 anni1 e al 75% dopo 15 anni1,2. Alla ricerca di materiali con proprietà estetiche migliori, negli anni Sessanta sono state introdotte le corone a giacca in porcellana rinforzata con allumina3, ma un’alta percentuale di fallimenti ne pregiudicò l’utilizzo su larga scala in alternativa alla metallo ceramica. Negli ultimi quindici anni numerosi sistemi alternativi alla metallo ceramica sono stati proposti4,5Molte ceramiche rinforzate con vari materiali sono state proposte per la realizzazione di protesi con peculiarità estetiche superiori alla metallo ceramica ma con le stesse caratteristiche di affidabilità4,6. Anche materiali polimerici sono stati proposti sia per l’utilizzo in protesi fissa su denti che in protesi fissa su impianti7,8 per lo più per ragioni di costo. Attualmente quindi molte opzioni sono disponibili per clinici e pazienti. A differenti materiali possono inoltre corrispondere diversi tipi di produzione e lavorazione; infatti lo stesso tipo di materiale può essere oggi prodotto e lavorato con metodiche completamente diverse e, a parità di materiale, è presumibile che il tipo di lavorazione possa comunque influire su altri parametri, quale il grado di precisione, la resistenza e la lucidabilità. In linea di principio l’utilizzo di materiali privi di metallo (cosiddetti “metal free”) dovrebbe consentire ai clinici di riprodurre meglio il colore naturale del dente; inoltre dovrebbe evitare alterazioni del colore a livello del margine gengivale, come più facilmente avviene con restauri in metallo ceramica. Nonostante un interesse sempre crescente, fatalmente accompagnato da una pressione commerciale non indifferente, esistono tuttora numerosi interrogativi su possibili controindicazioni nell’utilizzo di materiali metal free. Ovviamente per essere adatti per un utilizzo clinico routinario i risultati nel lungo periodo devono essere simili o migliori rispetto a quelli disponibili con la metallo ceramica. La valutazione delle varie alternative non può ovviamente essere di natura esclusivamente estetica. Inoltre, quello che è importante analizzare dal punto di vista clinico è che un restauro in metallo ceramica può continuare a svolgere una funzione accettabile nella bocca di un paziente anche molto tempo dopo essere diventato antiestetico: infatti l’occorrenza di problemi di natura meccanica, quali chipping o eventualmente anche fratture estese della ceramica, potrebbe compromettere l’estetica ma tutto sommato non influire sulla sopravvivenza dell’elemento restaurato. Viceversa, nel caso di materiali interamente ceramici uno dei possibili rischi è che al di là di un’obiettiva superiorità estetica, un problema meccanico di frattura possa portare al fallimento catastrofico dell’intera terapia, con la perdita dell’elemento o degli elementi restaurati. In apparenza le indicazioni all’utilizzo dei materiali metal free sono largamente sovrapponibili tra di loro e alla metallo ceramica. A parità di requisiti funzionali ed estetici la scelta dovrebbe ovviamente cadere sul materiale con caratteristiche di prognosi a lungo periodo migliori. A questa domanda dovrebbe poter rispondere adeguatamente la letteratura disponibile. Ogni anno vengono pubblicati nella letteratura internazionale “peer reviewed” molteplici studi che indagano in vitro e in laboratorio aspetti relativi alla precisione dell’accoppiamento dei manufatti protesici9-12, relativi all’adesione della ceramica di rivestimento sul substrato ceramico e a tutte le problematiche che possono indurre o facilitare fratture superficiali della ceramica di rivestimento13-16. I dati risultanti da questi studi sperimentali sono certamente di interesse, ma ovviamente un dato di laboratorio può spesso essere di difficile valutazione dal punto di vista delle ricadute cliniche. Al di là delle condizioni sperimentali controllate, che possono non corrispondere alle condizioni ordinarie della pratica clinica, differenze di valori tra diversi materiali testati potrebbero non avere in definitiva alcun tipo di rilevanza clinica. La significatività statistica su parametri misurati in condizioni di laboratorio potrebbe essere largamente al di sotto della significatività clinica. È intuitivo il fatto che informazioni di valore elevato possono derivare unicamente da studi di tipo clinico.

Tuttavia è molto difficile attualmente disporre di studi clinici di caratteristiche adeguate per eseguire una scelta realmente basata su evidenze scientifiche, per quanto negli ultimi anni siano comparsi nella letteratura internazionale alcuni articoli di buon livello metodologico17,20. In assenza (o in attesa) di informazioni derivanti da adeguati trial clinici i criteri di scelta dovrebbero essere quantomeno su base razionale: non tutto quanto può essere clinicamente e tecnicamente realizzato ha infatti una razionalità sotto il profilo clinico e nell’interesse del paziente. Alcune recenti revisioni sistematiche hanno tentato di calcolare la sopravvivenza e il successo a lungo termine dei materiali metal free confrontati alla metallo ceramica21-25; tuttavia tali revisioni sistematiche per lo più utilizzano dati di studi in gran parte retrospettivi, privi di controlli e ad alto rischio di bias.  È presumibile in pratica sulla base di stime esistenti che i dati derivanti da tali analisi siano decisamente sovrastimati.
È noto, infatti, che studi in assenza di controlli tendono a restituire valutazioni più favorevoli rispetto a studi controllati. Tali differenze non devono necessariamente essere interpretati con “malizia”, ma alla luce di semplici e ben noti problemi di bias26 nel momento in cui
la stessa persona o lo stesso team rivaluta i propri lavori clinici in assenza di un gruppo di confronto. Un primo problema metodologico nel valutare l’efficacia dei materiali in protesi fissa è quale debba essere considerato il “gold standard”, ovvero il materiale di riferimento con cui confrontare nuovi materiali. Banalmente potremmo dire l’oro; tuttavia ragioni estetiche rendono questo confronto del tutto improbabile, sebbene i dati esistenti relativi a restauri aurei siano particolarmente rilevanti27. Esiste uno studio clinico randomizzato in cui il gruppo controllo era costituito da corone singole in oro confrontate a un gruppo test di corone in zirconia17 ma si tratta di un’eccezione e attualmente il gold standard negli studi clinici controllati è a tutti gli effetti la metallo ceramica.
Possiamo sintetizzare in 3 domande i temi di interesse in questa fase di evoluzione dei materiali in terapia protesica:

  • possiamo abbandonare il “vecchio” per il “nuovo”?
  • Nuovi materiali e tecnologie hanno cambiato i nostri piani di trattamento?
  • Che cosa non è cambiato?

È importante in questa fase ricordare la differenza che esiste tra una novità (un materiale o una tecnica nuovi, che non esistevano in precedenza) e una reale innovazione (un materiale o una tecnica che portano un miglioramento con benefici tangibili nel loro campo di applicazione). È chiaro razionalmente che a fronte di molte novità in campo protesico nei decenni scorsi non tutte sono risultate nel tempo essere effettive innovazioni. La semplice commercializzazione di un nuovo prodotto indipendentemente dalle promesse del produttore (giustificate dagli investimenti affrontati in ricerca e sviluppo) deve necessariamente essere vagliata e testata razionalmente. Inoltre, l’utilizzo di materiali anche innovativi al di fuori di un preciso percorso diagnostico e terapeutico può essere destinato anziché a migliorare la terapia a creare maggiori problemi rispetto a tecniche e materiali convenzionali e già ben presenti nella routine clinica. L’accettazione di tolleranze marginali aumentate, unitamente a preparazioni non ritentive, sulla base del semplice presupposto che il materiale utilizzato è nuovo, e quindi di per sè migliore, e che la cementazione compenserà ogni possibile problema è fonte di possibili fallimenti catastrofici (Figure 1-3).

1. Situazione clinica in prima visita. La paziente riferisce decementazioni ricorrenti di corone singole in ceramica eseguite presso un collega approssimativamente un anno prima.
1. Situazione clinica in prima visita. La paziente riferisce decementazioni ricorrenti di corone singole in ceramica eseguite presso un collega approssimativamente un anno prima.
2. Situazione clinica alla rimozione delle corone, evidenti infiltrazioni a carico di tutti gli elementi dentari.
2. Situazione clinica alla rimozione delle corone, evidenti infiltrazioni a carico di tutti gli elementi dentari.
3. Corone e ponte in ceramica su zirconia rimosse. L’utilizzo di materiali “nuovi” in questo caso si è rivelato un fallimento catastrofico.
3. Corone e ponte in ceramica su zirconia rimosse. L’utilizzo di materiali “nuovi” in questo caso si è rivelato un fallimento catastrofico.

La definizione di un piano di trattamento, inteso come sequenza ordinata di singole fasi terapeutiche finalizzate al raggiungimento di obiettivi terapeutici presuppone una diagnosi precisa a monte e implica una prospettiva futura sul mantenimento. Posta in quest’ottica la scelta del materiale per una ricostruzione protesica fissa dovrebbe essere parte integrante di un progetto complessivo e non applicazione indistinta dell’ultimo materiale disponibile sul mercato.

Considerazioni sui materiali

Di che materiali disponiamo oggi in protesi fissa? Al di là di una trattazione ampia ed esaustiva dell’argomento ceramiche a uso dentale, che richiederebbe un’analisi tecnica estremamente complessa, in sintesi i materiali di cui più comunemente si dispone in protesi fissa sono:

  • metallo ceramica;
  • ceramiche metal free:
    ceramiche vetrose (feldspatica, disilicato di litio, leucite),
    ceramiche policristalline (ossido di allumina, zirconia);
  • materiali compositi (rinforzati o meno).

Metallo ceramica
Sebbene sia considerato il materiale di riferimento e sia ritenuto molto affidabile, sorprendentemente le informazioni di buon livello quanto a evidenze scientifiche disponibili su questo materiale non sono poi così abbondanti: una revisione sistematica recente che confronta survival rate di corone in metallo ceramica e in ceramica integrale mostra come esistano in realtà più studi sulle ultime che non sulle prime. Gli studi a lungo termine su restauri in metallo ceramica sono relativamente scarsi1,2. Il materiale nonostante tutto è considerato da clinici e tecnici come affidabile. La metallo ceramica è un materiale che richiede una notevole competenza odontotecnica, in particolar modo in fase di progettazione delle strutture per ottenere spessori adeguati a fornire sostegno e resistenza adeguata. La resa estetica del materiale è in funzione di una serie di parametri (spessore, posizione ecc.).

Ceramiche vetrose
Dal punto di vista prettamente protesico molti dei materiali che appartengono a questa categoria sono tuttora disponibili, ma sono stati tecnicamente superati da quelli di più recente concezione e commercializzazione. La ceramica feldspatica, a eccezione di restauri adesivi parziali dei settori frontali (veneers), non è ormai da molto tempo materiale di interesse protesico. Fra le ceramiche rinforzate il disilicato di litio, a parità sostanziale di caratteristiche estetiche, ha ormai in gran parte soppiantato gli altri materiali – quali la leucite – per superiori caratteristiche meccaniche, sempre per quanto riguarda il campo protesico. A parte le caratteristiche estetiche, l’aspetto clinico più rilevante di questi materiali è la capacità di essere mordenzati e cementati con tecnica adesiva.

Ceramiche policristalline
Le stesse considerazioni fatte per le ceramiche vetrose valgono per le policristalline: alcuni materiali sono tuttora disponibili, ma praticamente obsoleti. La zirconia a parità di caratteristiche estetiche e situazioni di applicazione ha largamente soppiantato altri materiali quali l’allumina per superiorità meccanica. Tuttavia, il settore è ancora in fase di evoluzione e le tipologie di materiali sono soggette a possibili rapidi cambiamenti. Lo stesso termine zirconia in realtà è applicato indistintamente a differenti materiali, e le stesse modalità di lavorazione sono molto diverse e tali da influire sulle caratteristiche strutturali del materiale. Attualmente, pur con tutte le considerazioni fatte, è comunque la zirconia il materiale più frequentemente oggetto di comparazione con la metallo ceramica ed è quello che più comunemente viene considerato come sua valida alternativa, con lo stesso range di applicazioni riconosciuto alla metallo ceramica. Convenzionalmente la zirconia viene annoverata tra i materiali definiti come metal free sebbene lo zirconio come elemento sia a tutti gli effetti un metallo in natura. Il comportamento meccanico caratteristico della zirconia (ossido di zirconio) tipico dei materiali ceramici è alla base di questa convenzione.

Materiali compositi
Fra i materiali metal free non è possibile non considerare i polimeri, sebbene i risultati disponibili in letteratura siano molto contrastanti. Sono stati considerati e applicati vari tipi di polimeri per restauri protesici fissi, ma la stabilità a lungo termine nell’ambiente orale appare ancora problematica, in particolar modo la resistenza all’abrasione di corone integrali è risultata molto complessa28. Considerando più in generale il contesto della ricerca e sviluppo dei materiali polimerici e plastici in campo industriale, è verosimile che in un futuro anche prossimo vi possano essere ricadute applicative importanti in ambito biomedico e specificatamente protesico.

Considerazioni sui metodi di lavorazione

Attualmente parlando di metal free e di alternative alla metallo ceramica uno dei possibili rischi è quello di identificare il termine metal free con la tecnologia CAD/CAM. Banalmente non tutta la protesi metal free è realizzata con tecnologia CAD/CAM, e non tutta la produzione CAD/CAM è realizzata con materiali metal free. Esempi molto semplici sono costituiti dalla pressofusione di corone in disilicato di litio da un lato e dalla fresatura di strutture in metallo dall’altro. Neppure il materiale zirconio può essere considerato sinonimo di CAD/CAM; sono infatti disponibili sistemi meccanici di fresatura per la realizzazione di protesi in zirconia che non prevedono alcuna fase di digitalizzazione. Infine, nemmeno il termine CAD/CAM può essere considerato in ambito odontoiatrico sinonimo di protesi, essendo associabile anche alla programmazione e alla realizzazione chirurgica implantare. Occorre pertanto essere molto precisi nell’indicazione del materiale e della tecnica di lavorazione prevista. Per il raggiungimento dei migliori risultati possibili in fase di programmazione la scelta dei materiali e delle tecniche di lavorazione deve comprendere clinico e tecnico. Quando non sia possibile coinvolgerlo fin dalle prime fasi, il laboratorio ovviamente potrà e dovrà verificare che quanto prescritto sia corrispondente al reale campo di applicazione dei materiali.
Sostanzialmente i metodi di lavorazione con cui sono attualmente realizzati i principali tipi di restauri protesici fissi sono: fusione/stratificazione, fresaggio, pressofusione. Altre metodiche (per esempio, sinterizzazione) sono disponibili sul mercato ma al momento la loro diffusione è molto limitata.

Materiali stratificati vs materiali monolitici

Storicamente l’utilizzo di ceramiche è associato alla tecnica di stratificazione. Tale metodica è stata inizialmente presa dal campo della metallo ceramica e trasportata di pari passo in quello delle ceramiche integrali. La realizzazione di un core in materiale fresabile o pressofuso è comunemente associata alla stratificazione con ceramica feldspatica. La riproposizione di questo approccio dalla metallo ceramica alle ceramiche integrali è stata fonte di problemi da un lato e di soluzioni dall’altro. A fronte di fallimenti iniziali associati alla realizzazione di core privi di adeguato sostegno del materiale stratificato la riproposizione delle forme di sostegno tipiche del metallo ha consentito migliori risultati. Allo stesso tempo la riproposizione dei concetti di stratificazione su metallo con la zirconia ha posto problemi inizialmente non considerati legati alle caratteristiche termiche della zirconia, notevolmente differenti da quelle delle leghe per protesi29Le caratteristiche estetiche e funzionali dei materiali più recenti hanno reso possibile l’utilizzo di restauri protesici monolitici, attualmente realizzabili sia con disilicato di litio che con zirconia (Figure 4 e 5).

4. Corona in zirconia monolitica, caratterizzata per pittura.
4. Corona in zirconia monolitica, caratterizzata per pittura.
5. Particolare della corona che mostra la relativa translucenza.
5. Particolare della corona che mostra la relativa translucenza.

L’assenza di metallo rende possibile la realizzazione di restauri con caratteristiche estetiche accettabili in condizioni non ad alta valenza estetica (settori posteriori), privi degli svantaggi propri dei materiali stratificati (rischi di chipping e delaminazione). La caratterizzazione superficiale dei materiali per pittura aiuta il miglioramento dell’integrazione estetica, seppur sia destinata nel tempo a perdersi in parte. Concettualmente è possibile prevedere in futuro la realizzazione di restauri monolitici da strutture grezze con caratteristiche estetiche intrinseche differenziate nelle varie aree funzionali ed estetiche del dente che riducano la necessità di pittura superficiale con i limiti associati. Se la letteratura clinica al riguardo è tuttora pressoché inesistente30 sono disponibili alcune valutazioni di laboratorio che per comparazione con altri materiali già in uso mostrano interessanti valori di resistenza a condizioni di simulazione della fatica meccanica a cui è esposta una corona nell’ambiente orale, ad esempio per disilicato di litio monolitico31, dati interessanti con tutte le fortissime limitazioni intrinseche proprie della ricerca in vitro nella misura in cui non è ancora stata validata da adeguati studi clinici. A parte le valutazioni sulla resistenza a carichi ciclici, uno degli aspetti più delicati di restauri monolitici appare essere l’abrasività di strutture monolitiche costruite con materiali con durezza molto superiore a quella dei tessuti duri dentali; ovviamente la zirconia sotto questo profilo è il materiale sotto osservazione in questo momento. I pochi dati disponibili sembrano essere promettenti: apparentemente corone di zirconia monolitica adeguatamente lucidate sembrerebbero avere capacità abrasiva inferiore rispetto alla ceramica feldspatica32, sempre con tutte le cautele del caso essendo ancora una volta di fronte a studi esclusivamente in vitro, con condizioni sperimentali che per quanto accurate possono essere molto lontane dalle reali condizioni di utilizzo clinico. Inoltre, vista la variabilità enorme dei materiali disponibili anche all’interno della stessa categoria, le scarse conclusioni relative a un tipo di materiale non possono ovviamente essere estese a un materiale di diversa qualità. Sorprendentemente di fronte alla quasi totale assenza di informazioni scientifiche, corone monolitiche in zirconia sono commercialmente proposte per pazienti bruxisti, una scelta che se può eventualmente salvare la prognosi del restauro potrebbe tuttavia essere altamente demolitiva per elementi antagonisti naturali già abrasi, come ci si aspetterebbe di trovare in questa categoria di pazienti.

Criteri di selezione in base alla letteratura

Di che risposte disponiamo nella letteratura internazionale alla domanda: quale materiale in protesi fissa? Idealmente a fronte di un’offerta sempre crescente di letteratura sul tema dovremmo essere in grado di selezionare articoli di spessore adeguato secondo i moderni criteri di “evidence based medicine”. In realtà, ad oggi purtroppo le risposte di adeguato livello scientifico sono piuttosto limitate: il numero totale di studi clinici randomizzati che confrontano in condizioni definite le performance di differenti tipi di materiali non supera i 10, su temi differenti. Esistono numerose “revisioni sistematiche” teoricamente al vertice della piramide dell’evidenza, che per lo più includono dati derivanti da studi clinici ad alto rischio di bias. È in corso di produzione una revisione sistematica secondo i criteri definiti dalla Cochrane Collaboration33. Molta letteratura è costituita da “expert opinion” con limiti evidenti, ma talvolta con notevole lucidità (tra gli altri Heymann nel 2010 con un’editoriale sulla rivista dell’American Academy of Esthetic Dentistry, organizzazione tutt’altro che affetta da pregiudiziali contro la diffusione dei materiali ceramici, dal titolo assolutamente auto-esplicativo: “A Metal-Free Practice is a Brain Free Practice”, Uno studio dentistico metal free è uno studio privo di cervello34). Esistono anche alcune expert opinion molto didattiche e razionalmente ben costruite nelle quali tuttavia il focus è esclusivamente sulle migliori qualità estetiche del materiale esaminato35.
Quali sono le indicazioni che derivano da una valutazione complessiva delle principali revisioni sistematiche sul tema4, 21, 22, 24, 25,36-38?
Alcune delle conclusioni appaiono essere piuttosto ottimistiche: “Evidence from many clinical studies suggests that clinicians may choose from any all-ceramic system on the basis of patients’ esthetic needs for veneers, intracoronal restorations and full-coverage restorations for single-rooted anterior teeth. Only a few systems have been successful for the restoration of molars, and additional clinical factors such as adequate preparation depth and cementation can outweigh materials considerations”.
Quindi, secondo Della Bona vi sono evidenze scientifiche che consentono ai clinici di scegliere indistintamente fra qualsiasi tipo di materiale ceramico per quanto riguarda restauri anteriori, mentre solo alcuni sistemi sono utilizzabili nei settori posteriori. Interessante peraltro come sia sottolineato che nei settori posteriori fattori quali preparazione e cementazione possano superare per rilevanza il fattore materiale36.

Due revisioni collegate tra di loro a opera di Pjetursson e Sailer21,22 su corone singole e ponti sono molto favorevoli nelle conclusioni, indicando sostanzialmente una quasi sovrapponibilità con i restauri in metallo ceramica quanto a sopravvivenza e successo. Dal punto di vista metodologico, tuttavia, il modo in cui sono assemblati i dati da studi differenti presenta grossi limiti metodologici, tra l’altro talora si riscontra anche una non corretta corrispondenza tra quanto riportato e i dati degli studi originali.
Schley nel 2010 propone un lavoro metodologicamente più accurato, sebbene sia limitato alla sopravvivenza di restauri in zirconia25. Anche le conclusioni di questa revisione sono più prudenti di quelle di altre (sebbene il materiale disponibile quanto a studi primari sia sostanzialmente sempre lo stesso): “The survival rates of zirconia-based short-unit FDPs are promising. However, an important improvement of the veneering systems is required, and for FDPs with more units in function, further randomized, controlled clinical trials are necessary.“ Il tema del chipping e dei rischi relativi a complicanze meccaniche è in questo caso correttamente puntualizzato. Gran parte dei limiti presenti nella letteratura attuale risiedono nella metodologia degli studi clinici disponibili, nonostante posizioni critiche come quelle espresse da Kelly tendano a giustificare l’utilizzo di dati da studi non randomizzati37: “Review of the Cochrane analysis raised concerns that RCT protocols, as developed for typical medical studies, may not sufficiently stratify confounding variables (patient, practitioner, material) when treatment outcomes are primarily prosthesis- or material-based vs being patient based (e.g., as in fracture).” Lo studio clinico randomizzato resta il gold standard per valutare l’efficacia di una terapia e come è stato negli ultimi anni in ambito implantare e parodontale è presumibile e auspicabile che anche nel settore protesico si affermi come standard di riferimento della ricerca clinica. Se analizziamo esclusivamente gli studi clinici randomizzati che hanno testato differenti materiali protesici possiamo trarre alcune informazioni interessanti17-20. Innanzitutto i risultati dei confronti sono comunque sempre incoraggianti; in secondo luogo è interessante rilevare anche nei gruppi di controllo (quelli considerati come gold standard) il verificarsi di problemi (chipping del rivestimento, decementazioni). La randomizzazione consente di analizzare il reale impatto del materiale sul risultato della terapia: una classica critica degli studi randomizzati in odontoiatria è che non siano particolarmente validi in quanto non sempre gli operatori arruolati nello studio sono a un livello di eccellenza. Nel momento in cui un materiale è testato da clinici con competenze “medie”, non solo “eccellenti”, carenze e abilità si distribuiranno in modo randomizzato su trattamenti test e controllo. Questo significa, in definitiva, possibilità di esportare i dati raccolti al mondo della clinica in generale con molta più reale rispondenza rispetto a studi non controllati effettuati da clinici eccellenti su campioni di pazienti selezionati e del tutto distanti da una realtà clinica globale molto più ampia.

Criteri di selezione in base alla clinica

Nel momento in cui ci si trova a scegliere un materiale per restauri protesici i parametri da considerare sono molteplici, difficilmente schematizzabili in una flowchart o in un albero decisionale.
Nella Tabella 1 sono riportati i dati di un Consensus in occasione del Closed Meeting dei Soci Attivi AIOP nel 2009. La Tabella riporta le situazioni cliniche nelle quali sono considerati applicabili 5 tipi di restauri in ceramica integrale.

DM_2012_012_poggioTAB1

Nella Tabella 2 sono elencati una serie di parametri di valutazione per la scelta del tipo di materiale, grosso modo in ordine di gerarchia. In una categoria a parte, antecedente ai criteri successivi, sono le aspettative del paziente: è ovvio che la selezione di un materiale più estetico a discapito della prognosi del restauro è del tutto sconveniente, ma se fosse l’unico criterio nei settori posteriori dovremmo per assurdo utilizzare esclusivamente corone fuse in oro.

DM_2012_012_poggioTAB2

Utilizzando questo come unico parametro anche solo la realizzazione di una superficie occlusale in ceramica in una corona in metallo ceramica potrebbe essere considerata azzardata per l’introduzione, oltre a quelli di infiltrazione e de cementazione, anche del rischio di chipping e delaminazione. La corretta valutazione delle aspettative del paziente è un criterio fondamentale per la realizzazione della cosiddetta “alleanza terapeutica” dentista-paziente. È ovvio che le aspettative siano largamente soggettive, in particolare per quanto riguarda l’estetica, ma è anche prevedibile che l’impatto estetico di un restauro protesico sia osservato in modo differente tra un singolo elemento nel settore anteriore in un paziente con dentatura per il resto integra o in un paziente con edentulie multiple da trattare associate a patologie dentali e parodontali estese.
Nella Tabella 3 sono indicati i criteri di scelta specifici dei tre materiali di più comune utilizzo. Si tratta ovviamente di una “personal opinion” basata su una serie di valutazioni razionali e cliniche applicate a un contesto clinico specifico. Le valutazioni sono ovviamente legate a esperienza personale e soggette a modificazioni in funzione di cambiamenti dei materiali. Lo spazio per l’utilizzo di metallo ceramica è tuttora ampio.

DM_2012_012_poggioTAB3

Esistono condizioni nelle quali in assenza di requisiti o richieste estetiche specifiche da parte del paziente la conoscenza del comportamento a lungo termine della metallo ceramica comunque non dovrebbe lasciare spazio a incertezze, in particolar modo quando non si pongono problemi relativi a spessori.

Fasi cliniche

Preparazione degli elementi
La scelta del tipo di preparazione, in particolar modo della geometria del margine di chiusura, è uno dei parametri che deve essere considerato preliminarmente in funzione delle scelte del piano di trattamento. Le preparazioni dentali prive di una linea di finitura netta sono state definite nel tempo in molti modi differenti: a lama di coltello, a finire ecc. Nella letteratura anglosassone i corrispondenti termini sono knife edge, feather edge, o shoulderless38.  In generale possono essere definite preparazioni verticali in contrasto con le cosiddette preparazioni orizzontali (spalle e chamfers). Le preparazioni di tipo verticale richiedono la realizzazione di un margine assottigliato del restauro, definito appunto a lama di coltello. Una delle indicazioni più comuni all’utilizzo di preparazioni a finire è la realizzazione di monconi protesici su denti con problemi parodontali39. In questa situazione clinica è comune un certo grado di recessione del margine gengivale, pertanto una preparazione con un margine di finitura di tipo orizzontale richiederebbe la rimozione di una quantità notevole di sostanza dentale. In teoria la preservazione del maggior quantitativo possibile di sostanza dentale, come è possibile utilizzando preparazioni verticali, dovrebbe essere un’alternativa meno invasiva rispetto all’utilizzo di preparazioni con margine di chiusura orizzontale. Questo concetto, vero per denti con gravi lesioni parodontali, dovrebbe valere anche in condizioni cliniche quali denti trattati endodonticamente, denti vitali in individui giovani o affetti da carie nel terzo cervicale della corona clinica40. Inoltre, test in vitro hanno misurato aperture marginali minori per le preparazioni verticali rispetto a quelle orizzontali41. Dal punto di vista parodontale sono stati storicamente affermati in passato, anche con molta enfasi, vantaggi delle preparazioni orizzontali rispetto a quelle verticali42,43 che non sono però mai stati dimostrati clinicamente. A parità di altri parametri (in primis, precisione) nessuna differenza nello stato di salute dei tessuti parodontali adiacenti è riconducibile a differenze nella geometria del margine44 (ovviamente confrontando un’imprecisa chiusura verticale con una precisa chiusura orizzontale o viceversa la miglior integrazione marginale sarà sempre legata alla maggior precisione). Allo stesso tempo studi sperimentali hanno mostrato che istologicamente non sia rilevabile nessuna differenza di salute parodontale tra diversi disegni geometrici di margini protesici. Infine, la presenza di margini protesici in denti restaurati con margini a finire non ha mostrato differenze di salute parodontale tra i denti protesizzati e quelli naturali in un campione di pazienti parodontali45Sgombrato il campo da illazioni di natura biologica, storicamente il limite delle chiusure verticali nella metallo ceramica è sempre stato sotto il profilo estetico la necessità di mantenere un margine di chiusura metallico non ricoperto da ceramica. Tale margine – anche se ridotto a valori di 0.2mm in senso apico coronale e collocato a livello del solco – ovviamente limita l’utilizzo di questo tipo di chiusure in situazioni ad alta valenza estetica.
Margini protesici a lama di coltello in zirconia sono stati testati in studi in vitro43,46,47. Sono stati rilevati valori significativamente più alti di carico di rottura su coping in zirconia con margini a lama di coltello rispetto a coping in zirconia con margine a chamfer46. Inoltre, quando è stato misurato il carico di rottura di corone in zirconia su preparazioni a finire non sono state rilevate differenze significative rispetto a corone su preparazioni a spalla ed è risultato un carico significativamente maggiore che su corone con margini a chamfer, chamfer profondo e spalla con bisello43. Il valore assoluto di apertura marginale con preparazioni a finire è risultato significativamente più basso di quello ottenibile con chamfer, spalla e mini-chamfer47. La letteratura internazionale ha visto recentemente pubblicati studi clinici su restauri in zirconia con margini a lama di coltello40,48,49. Nonostante raccomandazioni di utilizzo relative a margini a chamfer o spalla, attualmente alla luce degli studi sperimentali e clinici disponibili l’utilizzo di margini in zirconia a lama di coltello appare del tutto compatibile con risultati clinici ottimali (Figura 6). Come per molti altri aspetti del tema, ulteriori studi clinici controllati saranno utili per più approfondite valutazioni.

6. Integrazione tissutale di corone in ceramica su zirconia con margini a finire 6 anni dopo la cementazione.
6. Integrazione tissutale di corone in ceramica su zirconia con margini a finire 6 anni dopo la cementazione.

Impronte
Attualmente sono disponibili oltre a metodiche di impronta convenzionale anche sistemi di impronta digitali. Come già sottolineato anche in questo caso è utile ricordare come si tratti di una metodica finalizzata all’ottenimento di un risultato preciso (riproduzione fedele dell’anatomia dei tessuti duri e molli) in un contesto clinico. La valutazione di vantaggi e svantaggi di un approccio di tipo digitale dovrebbe superare le promesse relative alla commercializzazione. Se è certamente allettante l’idea di un flusso di lavoro interamente digitale, soprattutto con materiali lavorabili in tecnica CAD/CAM, è fondamentale che anche in questo caso la novità sia realmente fonte di miglioramento e di semplificazione. Indipendentemente dal tipo di materiale, i criteri di base di un’impronta di precisione in protesi fissa restano invariati. La fedele riproduzione di tutte le porzioni delle preparazioni, in particolar modo la regione intrasulculare che deve essere adeguatamente evidenziata tramite retrazione, è fondamentale. In prospettiva, le possibilità offerte da sistemi di impronta ottica sono molto promettenti; tuttavia ad oggi nonostante una buona precisione documentata in ricerche di laboratorio, anche superiore sulla carta a quella delle impronte convenzionali, l’adozione di questi sistemi appare rallentata dalla persistente complessità nella gestione del flusso informatico di dati tra studio, laboratorio, centro di elaborazione/lavorazione oltre che dal costo ancora elevato dei sistemi. Certamente il rapporto costi benefici è destinato entro breve a modificarsi notevolmente

Prove
Rispetto alle tradizionali strutture in metallo ceramica la prova delle strutture in ceramica consente minori margini di intervento; infatti se sulle strutture metalliche in fase di prova sono possibili numerosi adattamenti a livello di eventuali frizioni – o pensiamo anche alla possibilità di costruire in sezioni separate e poi saldare strutture e al limite anche tagliare e modificare solo porzioni di strutture metalliche – con i materiali ceramici sostanzialmente molto poco può essere fatto ed è necessario porre molta attenzione nel non eseguire procedure che possano iniziare crepe a livello sub-critico destinate a indebolire nel tempo la resistenza meccanica del restauro. L’utilizzo di rilevatori adeguati, con un buon contrasto cromatico rispetto alle strutture da provare, consente di identificare e rimuovere eventuali grossolane aree di frizione. Quando possibile tali aree possono essere modificate a carico della struttura dentale (Figura 7).

7. Verifica della precisione ottenibile con strutture in zirconia in fase di prova.
7. Verifica della precisione ottenibile con strutture in zirconia in fase di prova.

Cementazione
Le procedure di cementazione dei materiali ceramici disponibili possono ovviamente essere di tipo adesivo o non adesivo50,51. La cementazione adesiva implica l’utilizzo di un agente che migliori il legame del materiale protesico al tessuto dentale di supporto, ottenendo una combinazione di legame di tipo chimico e di interazione micromeccanica. La cementazione non adesiva o convenzionale implica la sola presenza di un sigillo dello spazio tra il restauro e il substrato e in pratica fa affidamento solo sulla ritenzione meccanica del restauro e su quella micromeccanica dovuta all’interazione tra cemento e superfici del restauro e del substrato. È ovvio che a secondo delle situazioni le due procedure non siano equivalenti, ma funzionali a una serie di parametri (tipo di ceramica, morfologia della preparazione, possibilità di isolamento del campo nel momento della cementazione). Vi sono situazioni nelle quali ceramiche ad alta resistenza non necessitano ovviamente di un legame ulteriore di tipo chimico; tuttavia la possibilità di una cementazione adesiva anche per un materiale quale la zirconia sarebbe senz’altro vantaggiosa in condizioni di scarsa o assente ritenzione meccanica. Inoltre idealmente la presenza di un legame di tipo chimico tra restauro e substrato dovrebbe migliorare la resistenza a lungo termine alla fatica e alle infiltrazioni nell’ambiente orale. Se per la cementazione adesiva delle ceramiche a base di silice esistono procedure in linea di principio definite e univocamente accettate che consentono con prevedibilità l’ottenimento di un forte legame basato sull’adesione chimica tra cemento e ceramica tramite silanizzazione e sulla microritenzione meccanica creata dall’irruvidimento superficiale, più complessa è la situazione per le ceramiche ad alta resistenza. In particolare, per la zirconia sostanzialmente l’adesione chimica previa silanizzazione non è realizzabile e il trattamento con i mordenzanti convenzionalmente usati su ceramica non è in grado di creare un sufficiente irruvidimento. Numerosi trattamenti sono stati proposti, dalla silicatizzazione all’utilizzo di sabbiatrici per irruvidire la superficie interna del restauro, ma vi sono molte controversie al riguardo per il rischio che quelli eccessivamente aggressivi possano determinare l’iniziazione di crepe nella struttura del restauro. Attualmente non vi è univocità nelle raccomandazioni cliniche sulla cementazione di zirconia; sono considerate indispensabili un’accurata detersione del restauro52, che risulta essere meglio ottenuta tramite una sabbiatura a bassa pressione piuttosto che con l’utilizzo di decontaminanti chimici o mordenzanti. Test in vitro suggeriscono un aumento della resistenza con l’utilizzo di primer specifici53, ma in ogni caso i principi di ritenzione meccanica convenzionali devono essere ben rispettati. Tornando alle ceramiche mordenzabili, fatti salvi alcuni principi fondamentali è essenziale il rispetto delle prescrizioni fornite dai produttori dei materiali e dei cementi, in particolar modo relativamente alla durata del trattamento con mordenzante, alla concentrazione dello stesso e a ogni successiva fase.

Abutment implantari: criteri di scelta
Tralasciando l’utilizzo di impianti interamente ceramici, per quanto riguarda le strutture di connessione tra corone o ponti e impianti sono ormai disponibili da molti anni monconi interamente in ceramica o in ceramica con base in metallo.  La presenza di una porzione transmucosa non metallica dovrebbe teoricamente agevolare il raggiungimento di una migliore integrazione estetica del restauro a supporto implantare. In realtà vi sono situazioni nelle quali non è possibile distinguere clinicamente tra la presenza di un moncone di tipo metallico e uno ceramico: è il caso, per esempio, dei settori posteriori dove la prudenza sconsiglia l’utilizzo di monconi in ceramica con certamente rischi aumentati di cedimento della struttura rispetto ai tradizionali monconi metallici, ed è anche il caso dei pazienti con biotipo parodontale spesso e/o linea del sorriso bassa.  Certamente nelle situazioni cliniche del settore estetico, linea del sorriso alta o biotipo sottile, la possibilità di ottenere una miglior integrazione estetica può superare i rischi associati a fratture della struttura o allentamenti delle viti. In tema di evidenze scientifiche attualmente i monconi in zirconia hanno mostrato risultati sovrapponibili a quelli metallici fino a 36 mesi di distanza54-56.

Materiali compositi
L’utilizzo di materiali compositi a fini protesici (restauri indiretti di corone e ponti) appare controverso fondamentalmente dal punto di vista della resistenza all’abrasione di natura occlusale e per quanto riguarda la mantenibilità di superfici adeguatamente lucide e non ritentive per la placca batterica nel lungo periodo, in particolar modo in presenza di spessori sottili. Per quanto riguarda la realizzazione di corone singole in polimeri in antagonismo a dentatura naturale, attualmente i risultati clinici non consentono di classificare questo tipo di restauri come a lungo termine, in particolar modo per l’entità di abrasione rilevata. Diverso il problema per restauri in polimeri in antagonismo tra di loro, come nel caso di riabilitazioni supportate da impianti in pazienti edentuli trattati con protesi fissa. I materiali compositi presentano caratteristiche molto interessanti e probabilmente lo sviluppo della scienza porterà a nuovi sviluppi di interesse odontoiatrico nei prossimi anni7,8,28.

Esempi di applicazioni

A scopo dimostrativo dei concetti espressi sono esposti 4 trattamenti protesici estesi, ognuno realizzato con i differenti materiali di cui si è trattato e sulla base dei criteri di scelta razionali descritti. Per ragioni di sintesi saranno descritte solo le fasi protesiche più significative di ciascun trattamento.

Paziente 1
Paziente adulta affetta da parodontite cronica grave estesa a tutti gli elementi delle due arcate. In particolar modo sono presenti lesioni di grado 3 a carico delle forcazioni di tutti i molari (Figure 8 e 9).

8. Paziente adulta affetta da parodontite cronica grave estesa a tutti gli elementi delle due arcate. In particolar modo sono presenti lesioni di grado 3 a carico delle forcazioni di tutti i molari. Situazione clinica iniziale.
8. Paziente adulta affetta da parodontite cronica grave estesa a tutti gli elementi delle due arcate. In particolar modo sono presenti lesioni di grado 3 a carico delle forcazioni di tutti i molari. Situazione clinica iniziale.
9. Esame radiografico iniziale.
9. Esame radiografico iniziale.

La paziente è in terapia di mantenimento da anni, ma negli ultimi tempi presenta episodi ricorrenti di ascessi nei settori posteriori e progressiva apertura di diastemi in quelli anteriori. Dopo valutazione complessiva delle varie alternative e considerando il progressivo peggioramento riscontrato nonostante il mantenimento trimestrale è stato sviluppato un programma mirante alla eliminazione degli elementi con prognosi parodontale infausta, unitamente a protesizzazione e chirurgia osteoresettiva con preservazione delle fibre degli elementi giudicati mantenibili. Il trattamento è stato completato protesicamente con un’unica arcata in metallo ceramica nel superiore e ponti, sempre in metallo ceramica, nei settori posteriori (Figure 10-16).

Paziente 2
Paziente adulta con precedenti restauri protesici su quasi tutti gli elementi dell’arcata superiore e nei settori posteriori di quella inferiore. Recessione gengivale a carico di 23 (Figura 17).

17. Paziente adulta con precedenti restauri protesici su tutti gli elementi dell’arcata superiore e nei settori posteriori di quella inferiore. Situazione clinica iniziale.
17. Paziente adulta con precedenti restauri protesici su tutti gli elementi dell’arcata superiore e nei settori posteriori di quella inferiore. Situazione clinica iniziale.

Per esigenze estetiche espresse dalla paziente si è provveduto a sostituire i vecchi restauri con corone singole in ceramica su zirconia, previa correzione dei problemi dentali e parodontali rilevati all’esame clinico (Figure 18-24).

Paziente 3
Paziente adulta con erosioni di entità severa, di origine chimica aggravate dall’abrasione di origine occlusale conseguente al carico funzionale su superfici in dentina esposta. La paziente lamenta la progressiva perdita di funzione e la “scomparsa” dei denti (Figura 25).

25. Paziente adulta con erosioni di entità severa, di origine chimica, aggravate dall’abrasione di natura occlusale conseguente al carico funzionale su superfici in dentina esposta. La paziente lamenta la progressiva perdita di funzione e la “scomparsa” dei denti. Le erosioni interessano oltre alla superficie occlusale di tutti gli elementi anche porzioni vestibolari e palatali degli stessi. Situazione clinica iniziale.
25. Paziente adulta con erosioni di entità severa, di origine chimica, aggravate dall’abrasione di natura occlusale conseguente al carico funzionale su superfici in dentina esposta. La paziente lamenta la progressiva perdita di funzione e la “scomparsa” dei denti. Le erosioni interessano oltre alla superficie occlusale di tutti gli elementi anche porzioni vestibolari e palatali degli stessi. Situazione clinica iniziale.

Le erosioni interessano oltre alla superficie occlusale di tutti gli elementi anche porzioni vestibolari e palatali degli stessi. In considerazione di tale estensione si è optato per ricostruzione degli elementi con corone singole in ceramica mordenzabile che hanno consentito il collocamento dei margini tra restauri e tessuto dentale (smalto) in posizione intrasulculare (Figure 26-32).

Paziente 4
Paziente adulta con precedenti restauri protesici mobili nell’arcata superiore e inferiore (Figura 33).

33. Paziente adulta con precedenti restauri protesici mobili nell’arcata superiore e inferiore. Situazione clinica iniziale.
33. Paziente adulta con precedenti restauri protesici mobili nell’arcata superiore e inferiore. Situazione clinica iniziale.

È stata eseguita una procedura di carico immediato delle due arcate e successivamente a integrazione avvenuta sono state realizzate protesi fisse in polimeri su struttura metallica (Figure 34-37).

Conclusioni

La diffusione crescente di nuovi materiali e tecnologie in campo protesico crea prospettive estremamente interessanti per l’evoluzione futura della terapia protesica. Se come abbiamo visto molte delle applicazioni delle tecniche più tradizionali quali la metallo ceramica restano lo standard di riferimento tuttavia vi sono un numero crescente di settori in cui i materiali ceramici hanno affiancato e del tutto sostituito metodiche per lungo tempo incontrastate. La scelta del tipo di materiale con cui effettuare un restauro protesico fisso è oggi un tema estremamente aperto e in rapida evoluzione. Certamente la selezione del materiale più idoneo deve essere parte di una programmazione più ampia e rientrare necessariamente all’interno del piano di trattamento complessivo. È del tutto irrazionale una selezione effettuata in modo disgiunto o in coda alla realizzazione del piano di trattamento. Sotto questo aspetto l’approccio al piano di trattamento complessivo resta una chiave di volta per una pratica clinica se non basata su evidenze scientifiche, spesso purtroppo non disponibili per ogni step terapeutico, quantomeno razionalmente guidata. Un’accurata valutazione diagnostica che parta da anamnesi, aspettative e richieste del paziente, tenga in conto contesto biologico, adeguatezza del controllo di placca e possibilità di controllo di eventuali fattori di rischio occlusali resta una procedura del tutto insostituibile. L’evoluzione in corso nel panorama protesico fa sì che le nostre possibilità di scelta nell’interesse del paziente siano enormemente aumentate, così come le nostre responsabilità nell’individuare un piano di cura adeguato.

Ringraziamenti

Un ringraziamento al sig. Roberto Bonfiglioli per la parte odontotecnica e al dr. Riccardo Dosoli che ha collaborato alla realizzazione clinica. 

Corrispondenza
Carlo E. Poggio
Piazza Diaz, 6
20123 Milano
carlo.poggio@studiopoggio.it

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Quali materiali in protesi fissa oggi? - Ultima modifica: 2012-12-01T11:49:32+00:00 da paolavitaliani

1 commento

  1. avrei bisogno di un parere sulle protesi dentarie : meglio la ceramica o il composito. attualmente un po di anni fa ho fatto un impiala dentnto completo fisso in ceramica sotto – sopra ho dentiera un vostro parere per la protesi fissa la posso fare uguale in ceramica sopra o ci sono problemi.alcuni dicono che e’ meglio il composto altri laceramica.perche’ e’ piu resistente . sento dire anche che la ceramica sotto e sopra puo’ creare dei problemi e se si dovessere rompere e’ difficile da sistemare. grazie

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