PRP: processi produttivi

Gli ultimi anni hanno visto il continuo sviluppo di nuove conoscenze a proposito dei meccanismi dell’emostasi e della riparazione tissutale. È stato accertato, ad esempio, che elementi figurati del sangue, quali ad esempio le piastrine, possono manifestare un’azione nella regolazione di tali meccanismi, attraverso la produzione e/o il rilascio di mediatori chimici e altre sostanze. La prima applicazione di tali scoperte in campo medico-chirurgico, odontoiatrico in particolare, fu l’introduzione sul mercato di prodotti eterologhi: un esempio è costituito dalle colle di fibrina, che contengono ad alte concentrazioni sostanze quali fibrinogeno, fattore XIII, fibronectina, trombina, inibitori della fibrinolisi e anche cloruro di calcio. Il passaggio successivo furono le preparazioni da prelievo ematico dal paziente. Il gel di piastrine costituisce il primo e più diffuso esempio: si tratta appunto di un gel prodotto per centrifugazione di plasma autologo frazionato ad alta concentrazione piastrinica – ≈ 106/μL: si parla di platelet-rich plasma – mixato con trombina e calcio.

Il razionale del PRP

Il razionale di utilizzo di tale sostanza, che viene prodotta immediatamente prima dell’uso, sta nel fatto che una più elevata concentrazione di piastrine è in grado di rilasciare, nei minuti successivi all’utilizzo, un quantitativo maggiore di fattori di crescita (PDGF), vitali e attivi nei giorni seguenti (prima fase di guarigione). Oltre che nella riparazione delle ferite, dunque, il PRP, reso maneggevole dalla consistenza gelatinosa, risulterebbe efficace nel ridurre il sanguinamento postoperatorio e nel favorire la guarigione dei tessuti molli, stabilizzare gli innesti ossei (ai quali infatti viene spesso accoppiato) e indurne la vascolarizzazione. A partire da tali premesse, negli anni la metodica ha trovato impiego in diverse procedure di chirurgia orale, parodontale-implantare e maxillo-facciale: rialzo di seno, socket preservation o ridge augmentation.

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È utile che il professionista che intende avvicinarsi a questo tipo di sistematiche, soprattutto in un ambito ristretto come quello ambulatoriale, conosca i passaggi produttivi e quali siano le specifiche tecniche dei diversi macchinari sul mercato.

Il primo passaggio, immediatamente dopo il prelievo ematico, è l’aggiunta di un agente anticoagulante: i più diffusi sono sali derivati dell’acido citrico, a volte addizionati con destrosio.

Per quanto riguarda la tecnica di centrifugazione, da questa dipende direttamente la composizione del prodotto finito: un qualsiasi prelievo ematico, dopo centrifugazione, rimane frazionato nelle 3 componenti: plasma, parte rossa (formata dagli eritrociti) e il cosiddetto buffy coat, che contiene tutti gli altri elementi corpuscolati (trombociti e leucociti). Si distinguono due grosse categorie di PRP: quello puro o a basso contenuto di leucociti (P-PRP) e il leucocyte- and platelet-rich plasma (L-PRP), contenente invece tutto il buffy coat e residui di eritrociti. Il prodotto viene poi sottoposto a concentrazione del contenuto trombocitario (fino allo standard di riferimento sopracitato), arricchimento e infine coagulato a gel.

PRP: processi produttivi - Ultima modifica: 2017-05-06T07:06:18+00:00 da redazione

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