Prima impronta in alginato: miscelazione e conservazione

La padronanza dei materiali da impronta è uno degli aspetti da curare per garantire efficacia e ripetibilità dei risultati nello sviluppo dei modelli e, di conseguenza, nel corso di tutte le fasi protesiche che ne susseguono. Il Dentista Moderno svolge da sempre un accurato lavoro di informazione a proposito dei materiali di impiego odontoiatrico – cui non fanno evidentemente eccezione quelli da impronta – con attenzione particolare allo sviluppo di nuovi prodotti. Può essere utile, comunque, partire dai materiali attualmente in uso, ribadendo alcuni semplici punti salienti. Tale tematica può interessare anche il personale assistenziale, che ricopre un ruolo chiave nella rilevazione dell’impronta. Il materiale che verrà considerato all’interno di questa breve trattazione è volutamente il più “semplice”, non nel senso di quello con la maggiore facilità di utilizzo, ma del materiale di più largo impiego, quello su cui i clinici hanno modo di fare più pratica, a partire dal tirocinio professionale. Si parlerà dunque dell’alginato. Il composto comunemente in uso, derivato dall’acido alginico (presente nelle alghe marine) contiene alginato di sodio, di calcio e sostanze ritardanti. È un materiale tipicamente idrofilo, tanto da essere spesso catalogato come idrocolloide irreversibile. L’alginato, anche in virtù del rapporto costo/efficacia, trova un campo di applicazione ampio, che comprende la realizzazione di impronte per modelli studio (non solo a scopo protesico, evidentemente), di provvisori, e le impronte dell’arcata antagonista in protesi fissa. L’utilizzo richiede, oltre al portaimpronta, una ciotola in silicone di dimensione variabile, una spatola rigida e il bicchierino dosatore per l’acqua, con l’accorgimento che si tratti di quello raccomandato dal produttore.

https://www.youtube.com/watch?v=fB7B839kYV8

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Video updated on Youtube by Shannon Brinker

Alcuni sottolineano comunque che il rapporto fra polvere di alginato e acqua non deve rappresentare un’assoluta costante, perché la consistenza e la fluidità del materiale da impronta possono variare con le esigenze del caso. Se si utilizzano portaimpronta in plastica, l’uso di adesivi specifici (comunque sempre utili) è particolarmente indicato. Una volta aggiunta acqua fredda (calda andrebbe ad accelerare eccessivamente il processo di indurimento), l’operatore andrà a spatolare rapidamente, per circa 1 minuto, il prodotto lungo le pareti della ciotola, facendo attenzione ad includere tutta la polvere senza formare bolle d’aria. Sono disponibili sul mercato anche dei miscelatori automatici e semiautomatici, come mostrato nel video in allegato. Per quanto non venga sostanzialmente utilizzato mai per la presa dell’impronta definitiva, l’alginato garantisce una certa precisione; soffre invece per quanto riguarda la stabilità dimensionale nel tempo. Alcuni arrivano a suggerire di colare l’impronta direttamente in studio. Nel caso in cui ciò risulti, tuttavia, non percorribile, l’impronta andrà conservata in una busta o, meglio, in una scatola ad un livello di umidità controllato, al fine di evitare che il materiale assuma acqua, espandendosi.

Prima impronta in alginato: miscelazione e conservazione - Ultima modifica: 2016-10-11T07:01:41+00:00 da redazione

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