Perché promuovere la cultura del volontariato

Operate anche insieme ad altre associazioni di volontariato?
Sì, anche perché in Italia ce ne sono molte e di grande prestigio, come COI, SMOM e Smile Mission. Fondazione ANDI onlus sta lavorando a un protocollo di partnership con queste tre associazioni per individuare almeno due progetti di cooperazione all’estero su cui convogliare le risorse di ciascuno. ANDI conta 23 mila iscritti, un bacino molto ampio da cui attingere volontari, ma servono anche altre risorse.

Come le reperisce Fondazione ANDI onlus e cosa può fare l’odontoiatra che volesse avvicinarsi alla vostra organizzazione?
Essendo molto giovane, per ora la Fondazione vive grazie al supporto di ANDI, ma ci auguriamo che, essendo cresciuta la nostra visibilità, l’interesse da parte delle aziende e dei soci ANDI aumenti. Ne è un esempio il fatto che quest’anno, per la prima volta, abbiamo chiesto ai colleghi in modo esplicito e incisivo di contribuire al sostentamento delle nostre attività destinando il 5 per mille del loro carico fiscale: un’operazione che al contribuente non costa nulla, ma che per le organizzazioni no profit come la nostra ha un grande valore. Anche questo è un modo per aiutare la fondazione e i volontari che vi operano.

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A proposito, qual è il profilo dell’odontoiatra che collabora con la Fondazione?
Ci sono due categorie di volontari. La prima è quella costituita da professionisti adulti, dai 45 anni in avanti: sono persone spinte dal desiderio di essere di aiuto agli altri e desiderose di uscire dalla routine quotidiana. Poi ci sono i giovani neolaureti, entusiasti del loro lavoro e disponibili: hanno grandi risorse che necessitano di essere ben convogliate. Compito della Fondazione è aiutare queste persone a trovare la loro giusta collocazione ed è con grande umiltà che cerchiamo di instillare la cultura del volontariato, anche attraverso corsi di formazione. Per questo abbiamo iniziato a collaborare in modo molto concreto con il COI-ECITOH, il Centro di Cooperazione Internazionale di Torino, e istituito un corso destinato a 48 volontari.

Che valore ha il volontariato, al di là degli aspetti umanitari che rendono questa esperienza unica e incommensurabile? Essere volontari significa, sì, dare qualcosa, ma anche ricevere molto, anche sotto il profilo professionale. È così?
Sì, è così. Quella sviluppabile nell’ambito del volontariato è innanzitutto una cultura medica molto più elevata di quella che solitamente impiega l’odontoiatra nel proprio lavoro quotidiano. È un’attività che ci obbliga a conoscere patologie che normalmente il libero professionista non vede neppure, ma anche altre malattie di rilevanza sistemica che l’odontoiatra dovrebbe conoscere. Il volontariato aiuta poi a sviluppare un’etica della professione e una sensibilità di cui oggi c’è grande bisogno anche all’interno degli studi privati. Il libero professionista oggi è chiamato a relazionarsi con il paziente in modo del tutto diverso rispetto al passato: con una modalità che si acquisisce con più facilità proprio nei contesti in cui opera il volontario, dove sono richieste flessibilità ed empatia.  Per non parlare delle soddisfazioni professionali che ne derivano! Il nostro team che si occupa delle Displasia Ectodermica, ad esempio,  è stato segnalato dalle associazioni delle famiglie al network internazionale dedicato a questa patologia e che recentemente ha organizzato, in Germania, un convegno mondiale proprio su questa problematica. Il nostro gruppo si è candidato per ospitare in Italia, nel 2018, questa importante manifestazione. Anche questa è una buona ragione per promuovere la cultura del volontariato.

Perché promuovere la cultura del volontariato - Ultima modifica: 2012-11-07T12:24:57+00:00 da Redazione

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