Pacemaker e odontoiatria: è possibile creare disturbi?

Pacemaker e odontoiatria: è possibile creare disturbi?

Oggigiorno non è infrequente per l’odontoiatra doversi confrontare con quadri anamnestici particolari e di interesse prettamente specialistico. È giusto ribadire, in tal senso, la fondamentale importanza della raccolta di un anamnesi completa, comprendente anche dati che il paziente potrebbe non correlare con l’attività clinica del dentista.

Parlando ad esempio di cardiologia interventista, l’impianto di un pacemaker costituisce la risposta terapeutica a un ampia varietà di condizioni patologiche, comprendenti sindrome del nodo del seno (nota anche come sindrome bradi-tachi o sindrome del nodo malato), fibrillazione atriale con disfunzione sinusale, blocco atrioventricolare di terzo grado, incompetenza cronotropa, sindrome del QT lungo; l’uso di uno stimolatore a doppia camera, inoltre, è indicato nella terapia di resincronizzazione cardiaca. Il sistema, alimentato tramite batteria agli ioni di litio, garantisce un’autonomia tra i 7-8 e i 10 anni (dato puramente indicativo). La presenza di interferenze elettromagnetiche, magari unita a un livello calante dell’efficienza della batteria può comportare disturbi della conduzione da parte del device. Pare interessante domandarsi se qualcuno tra i dispositivi elettrici impiegati in chirurgia orale o, in generale, nella pratica clinica comune dell’odontoiatra possa indurre meccanismi di questo tipo. Lo stesso quesito è ugualmente valido per tutti i dispositivi analoghi, per esempio il defibrillatore cardiaco impiantabile.

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Un primo aspetto da considerare è il tipo di manovra anestetica da considerare, con riferimento alla sedazione cosciente o profonda, in cui può essere consigliabile la registrazione dell’ECG e il consulto con il curante a proposito dei farmaci impiegabili. Nel caso della comune anestesia locale odontoiatrica, invece, l’aspetto più importante da considerare riguarda chiaramente l’impiego del vasocostrittore e, in particolare, le possibili conseguenze della somministrazione intravascolare.

Per quanto riguarda le procedure operative, le tecniche di elettrocoagulazione, certo non comuni in chirurgia orale, presentano un rischio moderato e devono rispettare alcuni accorgimenti d’uso. Il laser, da par suo, sta conoscendo una discreta diffusione odontoiatrica. I laser alla CO2 possono formare un campo magnetico sufficientemente potente da interferire con l’attività dello stimolatore, mentre i laser a luce pulsata inducono una scarica molto breve e il possibile rischio legato ad essi è in dubbio. In generale, si consiglia di tenere il dispositivo il più lontano possibile dal pacemaker.

In ultima analisi, si considerino strumenti elettrici impiegati in alcune delle più comuni procedure odontoiatriche: ablatore, rilevatori apicali, lampade fotopolimerizzanti. Sulla base di studi recenti i dispositivi piezoelettrici sono da considerarsi sostanzialmente sicuri. Anche i rilevatori apicali, e con essi tutti i dispositivi endodontici a batteria, e le unità fotopolimerizzanti possono generare campi, di potenza però insufficiente a causare disturbi. Sono pertanto da reputare anch’essi sicuri.

Pacemaker e odontoiatria: è possibile creare disturbi? - Ultima modifica: 2018-01-01T07:27:13+00:00 da redazione

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