Ortodonzia linguale e ortodonzia con allineatori, due casi a confronto

1. Viso della paziente a inizio trattamento.

• Valentina Amateis1
• Giulia M. Fulghieri2
• Carlo Besozzi3
• Marco Cribiù3

1Programma di formazione post-universitaria, Istituto Stomatologico Italiano, Milano
2Reparto di Ortodonzia, Istituto Stomatologico Italiano, Milano
3Istituto Stomatologico Italiano, Prof. a.c. Scuola di Specialità di Chirurgia maxillo-facciale, Università di Milano, collaboratore U.O. Complessa Chirurgia maxillo-facciale Pad. Monteggia, Milano
3Caporeparto di Ortodonzia, Istituto Stomatologico Italiano, Milano

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Riassunto

Scopo del lavoro. Scopo di questo lavoro è mettere a confronto due casi di ortodonzia bimascellare condotti su due pazienti adulte, uno con tecnica a collocazione palato-linguale degli attacchi ortodontici (Caso 1) e l’altro con allineatori trasparenti (Caso 2). Entrambe le pazienti presentavano una malocclusione caratterizzata da ipodivergenza, relazioni sagittali intermascellari di terza classe, vestibolo-versione degli incisivi superiori e inferiori, importanti diastemi interincisivi in entrambe le arcate determinati da un’alterata cinesi linguale.

Materiali e metodi. Attraverso l’esame obiettivo del viso e dell’apparato stomatognatico, integrato con i dati cefalometrici e radiografici, sono state proposte le due modalità terapeutiche. Nel Caso 1 tramite la collocazione degli attacchi ortodontici sulle superfici palatali e linguali degli elementi dentali, nel Caso 2 attraverso una sequenza di allineatori in resina termostampata.

Risultati. In entrambi i casi a fine trattamento sono stati raggiunti un valido risultato estetico con chiusura dei diastemi interincisivi, valide relazioni dentali intercata sia in senso sagittale che in senso trasversale, corretti overbite e overjet.

Conclusioni. Sia gli allineatori trasparenti sia la tecnica palate-linguale ci hanno consentito di raggiungere gli obiettivi prefissati. Entrambe le metodiche permettono di allineare i denti con un minor impatto estetico rispetto agli apparecchi tradizionali, rendendole pertanto trattamenti di elezione nei pazienti adulti.

Parole chiave: paziente adulto, ortodonzia estetica, ortodonzia linguale, ortodonzia con allineatori.

Summary
Lingual orthodontics and orthodontic aligners: two cases in comparison

Aim. The aim of the present work is the comparison between two orthodontic cases of adult patients, one using lingual technique (Case 1) and the other with clear allineators (Case 2). Both the patients had ipodivergent third class malocclusion, proinclination of upper and lower incisors, upper and lower interincisors spaces due to lingual kinetics.

Materials and methods. After diagnosis with records studies (panoramic, cephalogram, casts, etc), we suggest the patients two therapeutic options: the first one being a lingual orthodontic treatment, while the second one with clear allineators (thermoplastic).

Results. In both cases at the end of the treatment we achieved an excellent aesthetic result closing interincisors spaces, good sagittal and trasversal interdental relathionships, correct overjet and overbite.

Conclusions. We achieved the treatment goals both with lingual technique as well as with clear allineators. Both methods can align teeth with a lower aesthetic impact, becoming the first choice in aesthetically demanding adult treatments.

Key words: adult patient, aesthetic orthodontic, lingual orthodontic, orthodontic aligner.

Con gli anni è aumentato il numero degli adulti che decidono di sottoporsi a una terapia ortodontica. Le richieste di questi pazienti sono spinte per lo più dall’aspetto estetico, perché un sorriso gradevole è sinonimo di benessere sociale e psichico. Un corretto allineamento dentale consente una migliore igiene orale, quindi la prevenzione di patologie cariose e parodontali, oltre che una più equilibrata funzione masticatoria con relativo benessere di tutto il distretto cranio-cervico-mandibolare. I pazienti adulti e gli adolescenti hanno maggiori esigenze estetiche rispetto ai bambini e l’ortodonzia oggi riesce a soddisfare le richieste sempre maggiori di queste categorie grazie allo sviluppo e alla diffusione di tecniche che hanno nell’invisibilità il loro punto di forza.  Le possibilità in questo senso sono rappresentate da:

  • ortodonzia linguale;
  • mascherine o allineatori trasparenti.

L’ortodonzia linguale compare in letteratura circa 30 anni fa, quando K. Fujita, clinico giapponese, pubblicò due articoli1,2 fondamentali che crearono grande scalpore in questo ambito.  Questa tecnica nasce principalmente per assecondare le esigenze del paziente adulto che necessita di trattamento ortodontico ma che rifiuta l’apparecchiatura tradizionale esterna e offre all’operatore importanti vantaggi biomeccanici: l’applicazione della forza più vicina al centro di resistenza del dente3 e, per alcuni attacchi, l’effetto bite sono i più significativi. L’ applicazione della forza più vicina al centro di resistenza consente una riduzione dei movimenti parassiti e quindi un maggior controllo degli spostamenti desiderati4.

2. Visione frontale a inizio trattamento.
2. Visione frontale a inizio trattamento.

L’uso di attacchi con un piano di appoggio occlusale (effetto bite) favorisce lo svincolo interocclusale, permettendo movimenti dentali più rapidi oltre a consentire un maggior controllo della dimensione verticale5. Ci sono anche degli svantaggi sia per l’operatore che per il paziente. Per l’ortodontista la visibilità è limitata dalla posizione degli attacchi sul versante linguale, quindi il paziente durante le sedute deve essere sdraiato con la testa iperestesa per l’arcata superiore. Per i pazienti gli svantaggi sono rappresentati da un breve periodo di adattamento alla pronuncia di alcune parole e alla maggiore complessità nell’igiene orale per la difficoltà a raggiungere le zone da detergere.

Il sistema Invisalign® è stato inventato e sviluppato in California da Kelsey Wirth e da Zhia Chishti, due studenti di ingegneria dell’Università di Stanford che hanno avuto l’intuizione di associare la moderna tecnologia TAC con i processi di produzione computerizzati (che utilizzano la litografia stereo in 3D) per produrre degli allineatori personalizzati in grado di determinare spostamenti dentali. Ciascuna mascherina è programmata per spostare un singolo elemento dentale o un piccolo gruppo di denti dai 0.25 ai 0.33 mm ogni 14 giorni6. Questa tecnica utilizza una serie di dispositivi rimovibili, aligner o allineatori, realizzati in polisulfone plastificato trasparente, che permettono appunto di spostare i denti a piccoli incrementi7. I vantaggi, oltre all’estetica, sono rappresentati dalla possibilità di rimuovere gli allineatori, permettendo quindi le normali manovre di igiene orale domiciliare. Di contro il paziente deve indossare gli aligner almeno 22 ore al giorno, per assicurare i movimenti dentali previsti8.

 

Tra gli svantaggi si può citare una leggera sintomatologia algica al momento del passaggio alla mascherina successiva che generalmente regredisce in un paio di giorni e qualche lieve fastidio a livello della lingua e delle labbra all’inizio del trattamento che tende a svanire rapidamente con il progressivo adattamento del paziente alla terapia. Per il clinico questa tecnica ha indubbiamente molti vantaggi. Tra questi la possibilità di mostrare al paziente, attraverso un software di simulazione, tutti gli spostamenti dentali programmati dall’inizio alla fine della terapia e la riduzione dei tempi alla poltrona. L’ortodontista deve però valutare attentamente la compliance del paziente dal momento che i risultati dipendono ampiamente dalle sue abitudini e dalla sua costanza nell’indossare gli allineatori. La terapia con allineatori può essere considerata una tecnica ortodontica innovativa e come tale potrà ulteriormente avvantaggiarsi dal punto di vista biomeccanico. Indubbiamente una conoscenza più approfondita delle proprietà biomeccaniche del sistema potrà rappresentare un grande aiuto al clinico per i criteri di scelta dei pazienti da trattare, per l’individuazione della più corretta sequenza di movimenti dentali, per la durata d’uso di ogni coppia di allineatori e, infine, per ridurre la necessità di rifinitura9.

Caso clinico 1 

Una paziente di 60 anni si presenta alla nostra osservazione perché insoddisfatta del proprio sorriso principalmente a causa dei numerosi diastemi presenti in entrambe le arcate. All’esame obiettivo si rileva una sostanziale simmetria del volto (Figura 1). L’esame endorale mostra anchiloglossia con postura linguale bassa associata a spinta sugli incisivi inferiori durante la deglutizione e la mancanza di numerosi elementi della serie permanente: 1.8, 1.7, 2.8, 3.6, 3.7, 3.8, 4.6, 4.8. Si osservano diastemi interincisivi multipli in entrambe le arcate, in particolare tra 1.1 e 2.1, dove lo spazio è di 4 mm. Inoltre si riscontra un’ipertrofia del frenulo labiale superiore a inserzione bassa palatale (Figura 2). A livello dentale si evidenzia un’inclinazione corono-mesiale di 4.7. I rapporti dentali interarcata sono di I classe canina, sia a destra sia a sinistra. Dal punto di vista parodontale si rileva una moderata parodontopatia con riduzione del livello osseo del mascellare superiore e inferiore; recessioni multiple di 1.2, 1.3, 1.6, 2.2, 2.3, 2.4, 3.1, 3.2, 3.3, 3.4, 4.1, 4.2, 4.3, 4.4, 4.5. L’ortopantomografia mostra cure conservative a carico di 1.6, 1.5, 1.4, 2.3, 2.4, 2.5, 2.6, 2.7 e 4.7 (Figura 3a). La teleradiografia in proiezione latero-laterale e il relativo tracciato secondo Tweed-Merrifield evidenziano una marcata ipodivergenza (FMA = 6.7°) con relazioni sagittali di III classe scheletrica sia per ANB = -0.2 che per l’indice di Wits AO-BO = -4.2 mm.

Gli incisivi superiori presentano un’accentuata proinclinazione (1/Ff = 124°), così come gli incisivi inferiori (IMPA = 103.3°) (Figura 3b). In base ai risultati degli esami obiettivi e strumentali è stato proposto un piano di trattamento che prevede la correzione della scorretta inclinazione dei denti frontali e la chiusura degli spazi. Si è valutata la possibilità di un trattamento con allineatori trasparenti ma, dopo avere eseguito lo studio del caso, ne sono risultate delle limitazioni nelle possibilità di cura, come la persistenza di uno spazio di circa 3 mm distale a 1.2. A causa di ciò è stato quindi deciso di proporre la terapia con l’applicazione degli attacchi in sede palato-linguale. Una volta concordato il piano di trattamento la paziente è stata quindi inserita in un programma di igiene e prevenzione per migliorare le scarse condizioni di igiene orale ed eliminare i fattori infiammatori a livello parodontale, rendendo così idoneo il cavo orale alla successiva terapia ortodontica. In questa fase vengono anche eseguite le cure conservative necessarie. Inizialmente la paziente viene bandata solo a livello dell’arcata inferiore da 4.7 a 3.5 con attacchi linguali STB e arco CuNiTi .014. Questi brackets, provvisti di slot .018x.025, sono stati progettati da Scuzzo e Takemoto nel 2004, sono tra quelli più piccoli e di minor spessore, risultando in genere più confortevoli per il paziente.

A distanza di sei mesi si è passati a un arco rettangolare in CuNiTi .016x.022. Viene poi completato il bandaggio con il posizionamento di bande con tubo in sede palatina sugli elementi 1.6 e 2.7 e di attacchi, in questo caso attacchi Ormco di 7ª generazione provvisti di slot .018x.027, sulla superficie interna degli elementi dell’arcata superiore, da 1.5 a 2.6. Il primo arco utilizzato è un arco a sezione tonda .016 in CuNiTi sul quale, a distanza di un mese, viene applicata una catenella elastica da 1.3 a 2.3 per iniziare a chiudere gli spazi interdentali. Contemporaneamente a livello dell’arcata inferiore è stata posizionata, sia in sede linguale sia vestibolare, una catenella elastica da 4.5 a 4.7 per diminuire lo spazio tra gli stessi. Dopo un paio di mesi nell’arcata superiore la catenella elastica viene applicata da 1.6 a 2.7 e la stessa cosa viene eseguita anche a livello dell’arcata inferiore da 3.5 a 4.5 con annesso stripping di 3.1, 3.2, 4.1, 4.2 (Figura 4).  A distanza di 12 mesi dall’inizio della terapia si decide di sbandare l’arcata inferiore, dove viene creata una contenzione fissa in composito da 3.3 a 4.3. Superiormente invece viene utilizzato un arco rettangolare CuNiTi .016x.022 sul quale è stata applicata una catenella elastica continua da 1.6 a 2.6 e si è eseguito un modesto stripping di 0.5 mm a livello di 1.1 e di 2.1 per ridurre l’inestetico “buco nero” (Figura 5). L’arcata superiore viene sbandata dopo altri 2 mesi e in questo caso si è optato per una mascherina in resina termostampata che la paziente indossa durante la notte (Figure 6a-6b, 7).

Caso clinico 2

Una paziente di 48 anni si presenta alla nostra osservazione lamentando un disagio nel proprio sorriso per la presenza di numerosi diastemi in entrambe le arcate (Figura 8). All’anamnesi si rileva solamente la schisi del palato molle. L’esame endorale mostra la presenza di recessioni gengivali a carico di 1.3 sul versante vestibolare e di 1.6 e 2.6 a livello palatale, recessioni che la paziente non ha voluto trattare nonostante i consigli del parodontologo. Si riscontrano diastemi multipli, da canino a canino, sia superiormente che inferiormente, determinati dalla spinta della lingua a causa di una deglutizione scorretta (Figura 9). L’ortopantomografia e l’esame obiettivo rilevano la presenza di tutti gli elementi della serie permanente, esclusi gli ottavi, un riassorbimento osseo alveolare di tipo orizzontale grave nell’arcata superiore e medio nell’arcata inferiore, presenza di tartaro su diversi elementi (Figura 10a). Il trattamento della parodontopatia è consistito solo in sedute di igiene e courettage per il rifiuto della paziente a sottoporsi a interventi parodontali più complessi. È nostra opinione che sia corretto condurre i trattamenti parodontali prima della terapia ortodontica al fine di ridurre l’infiammazione e realizzare gli spostamenti in tessuti il più possibile normotrofici.

Dalla teleradiografia in proiezione latero-laterale si riscontra un’ipodivergenza con FMA = 19.3°, rapporti sagittali di III classe scheletrica, sia per il valore di ANB = -0.6° che per l’indice di Wits AO-BO = -4.7 mm. A livello dentale gli incisivi superiori e inferiori sono vestibolo-inclinati con 1/Ff = 129.1° e IMPA = 100.5°, mentre i rapporti dentali sagittali intermascellari sono di III classe canina, destra e sinistra, e di I classe molare, destra e sinistra (Figura 10b). Dopo avere analizzato i risultati degli esami obiettivi e strumentali si propone un piano di trattamento che contempla la correzione della pro-inclinazione degli incisivi e, di conseguenza, la chiusura dei diastemi. Viene quindi concordato con la paziente di attuare la terapia attraverso l’applicazione di allineatori trasparenti Invisalign®, dal momento che la stessa ci richiede questo tipo di trattamento per esigenze personali e professionali. In relazione allo studio del caso viene elaborato un ClinCheck® che contempla una serie di 24 allineatori per l’arcata superiore e 21 per l’arcata inferiore. Le mascherine prevedono la cementazione di attachment su 1.3, 1.4, 1.5, 2.3, 2.4, 2.5, 3.3, 3.4, 4.3, 4.4 oltre all’esecuzione di una riduzione interprossimale dello smalto di 0.5 mm su tutti gli elementi frontali, superiori e inferiori, quindi da distale 1.3 a distale 2.3 e da distale 3.3 a distale 4.3. Gli attachment sono stati posizionati sulle superfici vestibolari degli elementi interessati attraverso l’apposito template, mentre l’IPR è stata eseguita con le frese Ortho-Strips Intensiv® nei tempi previsti dal ClinCheck®.

La paziente ha quindi indossato le mascherine per almeno 22 ore al giorno, sostituendole ogni 14 giorni (Figure 11a-11b). Al tempo delle mascherine n. 21 vengono rilevate delle nuove impronte per poter realizzare la sequenza di rifinitura. Queste impronte sono state rilevate prima della fine della prima serie di allineatori (cioè quando la paziente ha iniziato a indossare gli ultimi tre aligner, come previsto da Invisalign®) in modo tale che ci siano i tempi sufficienti per l’approvazione del nuovo ClinCheck® e per la realizzazione/spedizione degli allineatori. Obiettivi della rifinitura sono stati la correzione dell’inclinazione radicolo-distale dell’elemento 2.2 e, per quanto riguarda l’arcata inferiore, la vestibolarizzazione e un piccolo aumento dell’estrusione di 3.3 (Figura 12). Il ClinCheck® della rifinitura ha previsto 14 allineatori per entrambe le arcate con la stessa prescrizione. A fine trattamento siamo riusciti a ottenere un ottimo risultato funzionale ed estetico con una corretta chiave di occlusione, la chiusura dei diastemi e la correzione della proinclinazione degli incisivi (Figure 13a-13b). Alla paziente è stata poi consegnata la contenzione Vivera® prevista dal sistema Invisalign®, che consiste in due mascherine, superiore e inferiore, in resina termostampata da indossare durante la notte.

Discussione e conclusioni

Grazie allo sviluppo di tecniche invisibili, come l’ortodonzia linguale e quella con allineatori, oggi questi trattamenti trovano un’ampia diffusione anche tra i pazienti adulti. La differenza principale che esiste tra le due terapie è che se nella tecnica linguale non è richiesta una particolare collaborazione, a eccezione di quando è necessario l’utilizzo di elastici intermascellari, nella tecnica con allineatori è fondamentale la compliance del soggetto in cura. Un primo punto a favore degli allineatori in casi di malattia parodontale è quello di poterli rimuovere prima dei trattamenti, rendendo più semplice l’esecuzione degli stessi. Un secondo punto importante sono i tempi alla poltrona. Nella tecnica con allineatori gli appuntamenti sono molto rapidi, a eccezione del primo quando devono essere posizionati gli attachment e in quelli in cui è previsto lo stripping. La tecnica linguale invece ha bisogno di tempi maggiori, sia per il bandaggio che per i cambi d’arco. Da non sottovalutare poi l’aspetto “urgenze”. Nei casi di ortodonzia con allineatori sono abbastanze rare, al massimo si può assistere alla decementazione di un attachment che però non comporta un grande disagio per il paziente. Al contrario nei casi di linguale le urgenze sono rappresentate da decementazione di brackets, piuttosto che dalla fuoriuscita dell’arco, distalmente o dallo slot di un attacco, episodi che provocano sicuramente un maggiore disagio al paziente. In ogni caso le due tecniche risultano valide, sia per il clinico che per il paziente. Nei casi qui descritti siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi terapeutici prefissati, andando incontro alle esigenze specifiche di entrambe le pazienti.

Corrispondenza
Dott.ssa Valentina Amateis
valentina.amateis@gmail.com

Ortodonzia linguale e ortodonzia con allineatori, due casi a confronto - Ultima modifica: 2014-03-23T12:41:07+00:00 da Redazione

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