Le metalloproteinasi di membrana e l’adesione in odontoiatria restaurativa

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La famiglia delle metalloproteinasi di membrana (MMP) raggruppa una ventina di enzimi proteolitici, in grado di degradare proteine della matrice extracellulare ed è un fattore da tenere in considerazione quando si valuta la buona riuscita delle ricostruzioni in odontoiatria restaurativa. Gli zimogeni da cui originano si attivano per azione di altri enzimi (proteinasi), di agenti chimici o anche in ambiente acido.

Al contrario, l’attività enzimatica delle MMP viene silenziata da inibitori endogeni o inibitori tissutali specifici. Il bilanciamento fra MMP e relativi inibitori prevede un equilibrio delicato, che sovrintende a importanti fenomeni di rimodellamento tissutale. Sembra inoltre che alterazioni di tale sistema possano trovarsi anche alla base di meccanismi patogenetici.

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Nel caso specifico dei meccanismi trofici dei tessuti dentari, gli odontoblasti sono in grado di sintetizzare i suddetti zimogeni, da cui originano enzimi quali la collegenasi MMP-8, le gelatinasi MMP-2 e 9 e MMP-20 (detta anche MMP dello smalto). Alcune di queste macromolecole possono partecipare, una volta attivate a livello del medesimo substrato, a processi fisiologici (lo sviluppo dentale), patologici (la carie) e, appunto, possono indurre la degenerazione dello strato ibrido dell’interfaccia fra dentina e resina composita.

Sembra, a tal proposito, che la MMP siano esposte e attivate da agenti acidi durante la preparazione chimica alla tecnica adesiva, la quale prevede proprio una fase di esposizione di fibre collagene. Nel caso in cui l’interfaccia non venga adeguatamente infiltrata dalla resina, dunque, è possibile che lo stesso accoppiamento chimico venga progressivamente minato dalla progressiva azione delle MMP sulle fibre collagene (ed esattamente sul collagene di tipo I) rimaste esposte.

Il fenomeno è stato analizzato nel corso di diversi studi, anche se le evidenze scientifiche attualmente disponibili indurrebbero a condurre nuovi lavori, al fine di comprendere meglio il processo. Nel contempo, comunque, alcuni Autori propongono ai clinici ed anche alle case produttrici di concentrare la ricerca nell’ottica di inibire i processi di degradazione dello strato ibrido. La clorexidina, ad esempio, era stata proposta in alcuni studi come sostanza in grado di bloccare parzialmente tali processi, come in realtà anche altri composti meno noti al grande pubblico. Sono stati anche concepiti degli inibitori sintetici specifici per le MMP, contenti un gruppo funzionale in grado di legarsi allo ione zinco presente nella molecola enzimatica.

L’obiettivo pratico è evidentemente quello di potenziare la performance cliniche in odontoiatria restaurativa e soprattutto prolungare la longevità dei materiali a base resinosa attualmente a disposizione degli odontoiatri. Come detto, comunque, la ricerca è a una promettente fase iniziale e sembra che quella trattata sia solo una delle molteplici applicazioni cliniche a livello dell’organismo.

Le metalloproteinasi di membrana e l’adesione in odontoiatria restaurativa - Ultima modifica: 2016-08-15T07:05:29+00:00 da redazione

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