Libero professionista fino in fondo

Leonello Biscaro

Leonello Biscaro, classe 1961, presidente dell’Accademia italiana di odontoiatria protesica (Aiop), alla carriera universitaria ha preferito la libera professione che oggi esercita insieme alla moglie, Paola Poggio. Lo abbiamo incontrato alla vigilia del XXXII Congresso internazionale Aiop: un’occasione per parlare di odontoiatria.

Nato nel 1961 a Gallarate, in provincia di Varese, Leonello Biscaro trascorre l’adolescenza a Rovigo, dove i suoi genitori si erano trasferiti. Conseguita la maturità classica, si iscrive a medicina per realizzare il suo sogno, ma poi, dopo aver superato il test di ammissione al neonato Corso di laurea in odontoiatria all’Università di Bologna, dove si era iscritto quasi per gioco, decide, seppur poco convinto, di continuare per quest’altra strada. Dopo la laurea in odontoiatria, conseguita (con la lode) nel 1985, inizia la sua storia professionale, costellata da numerose esperienze di formazione. Nel 1990, presso il CISCO di Verona, porta a termine il corso triennale di Ortodonzia curato dal professor Ducheateaux dell’Università di Nantes, nel 1992 il corso biennale di Parodontologia tenuto dal dottor Gianfranco Carnevale, mentre nel 1994 quello di Protesi fissa tenuto dal dottor Gianfranco Di Febo. Qualche anno più tardi, nel 2000, presso il “Center for functional occlusion” di San Francisco, si diploma sotto la direzione del professor Ronald Roth e del dottor Robert Williams. Biscaro è socio Attivo della Società Italiana di Parodontologia e dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica di cui è l’attuale presidente, dopo essere stato membro del Direttivo per oltre 10 anni. Esercita la libera professione ad Adria, in provincia di Rovigo, nella nuova Clinica Biscaro-Poggio, insieme alla moglie, la dottoressa Paola Poggio e a un qualificato team (costituito dai dottori Paolo Contiero, Alessio Guariento e Alberto Beccatelli e dalla dottoressa Valeria Zovi), dedicandosi prevalentemente agli aspetti chirurgici e protesici delle riabilitazioni complesse. Alla vigilia del XXXII Congresso internazionale Aiop, in programma dal 21 al 23 novembre, a Bologna, lo abbiamo incontrato: un’occasione per parlare della sua storia professionale, ma anche del futuro dell’odontoiatria.

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Dottor Biscaro, nella sua storia professionale ha incontrato grandi nomi dell’odontoiatria. Che ruolo hanno avuto i suoi maestri?

Un ruolo determinante, dato che tutto quello che ho costruito lo devo in gran parte ai loro insegnamenti, in primis alla necessità di ambire, sin dall’inizio della professione, all’eccellenza. Il dottor Carnevale e il dottor Di Febo, miei maestri anche all’università, già allora leader nella loro professione, sono stati portatori di una vera  e propria filosofia di lavoro che ho cercato di fare mia. Con loro in particolare, negli anni, ho capito di avere fatto la scelta giusta, realizzando una simbiosi che dal punto professionale, ma anche umano, è stata davvero basilare. Un altro grande personaggio che ho avuto la fortuna di incontrare all’università come docente e successivamente come amico, è stato il Dott. Vignoletti: maestro in campo endodontico di fama internazionale, ma, soprattutto, una delle menti più brillanti che abbia conosciuto. La sua capacità di trattare l’endodonzia in un’ottica veramente interdisciplinare è assolutamente unica.

Non ha mai pensato di intraprendere la carriera universitaria?

No, pur avendo ricevuto qualche proposta ai tempi dell’università, perché, obiettivamente, ero uno studente molto brillante. Tuttavia, la carriera universitaria mi sembrava troppo incerta, gli ambienti accademici si confacevano poco alle mie caratteristiche, mentre il lavoro del libero professionista, nonostante fosse più rischioso, mi piaceva di più. Inoltre l’università si trovava a Bologna, troppo lontana dalla sede della mia attività professionale, sin da subito basata a Rovigo e Adria: accettare quest’altra sfida avrebbe comportato sacrifici che mal si sarebbero conciliati con la voglia di avviare la libera professione come l’avevo immaginata.

Ormai da alcuni anni lavora insieme alla sua signora, la dottoressa Paola Poggio. Come avviene la condivisione della vostra vita professionale?

Con Paola ci siamo conosciuti al corso del dottor Di Febo. Mia moglie è figlia di un personaggio molto noto, il padre Franco Poggio è stato il fondatore della Società italiana di ortodonzia: il loro è uno studio molto avviato a Milano, che adesso è gestito dal fratello Carlo. Nel decidere di continuare la sua attività professionale in un altro contesto, Paola è stata davvero coraggiosa perché, sebbene il mio studio fosse già ben avviato, di fatto ha lasciato il certo per l’incerto, rimettendosi completamente in gioco. Dopo essersi dedicata per anni alla protesi ed essere diventata socio attivo dell’AIOP, ha ricominciato la sua attività ad Adria, per poi intraprendere, dopo la specializzazione in ortodonzia conseguita a Ferrara, un percorso totalmente indipendente e svincolato dal mio, dirigendo il reparto di ortodonzia e pedodonzia della clinica. Continuiamo a lavorare bene insieme, nella nuova sede, anche se, vista la dimensione della struttura, adesso ci vediamo molto meno durante il lavoro….

Ha appena aperto una nuova clinica, di oltre 1000 metri quadrati: un simile investimento, soprattutto in un periodo di crisi, è la conferma di aver imboccato la strada giusta…

In realtà, non abbiamo mai risentito della crisi perché abbiamo sin da subito puntato su modalità di trattamenti all’avanguardia, uniti alla qualità. Nella nostra struttura arrivano pazienti molto selezionati che hanno necessità di terapie particolari. Abbiamo ritenuto che, soprattutto in questo periodo, ci fosse la necessità di dare un servizio che andasse al di là della semplice terapia odontoiatrica al paziente, una prestazione a 360°, creando un luogo di cura che, fin dalla fase iniziale di accoglienza, fosse completamente diverso dallo studio tradizionale, dunque molto moderno, tecnologico, un vero e proprio ospedale per l’odontoiatria. Inoltre, le statistiche dimostrano che ormai le strutture meglio funzionanti sono quelle per così dire di un certo peso, anche dal punto di vista del numero di prestazioni erogate, in cui però si ambisca alla qualità, mentre sono in forte sofferenza gli studi monoprofessionali.

Parliamo un po’ di Aiop. Il prossimo novembre, a Bologna, si terrà il XXXII Congresso internazionale: qualche sarà il focus dell’incontro?

“La ceramica dentale: un viaggio tra arte e scienza”, che poi è il titolo del congresso. Parleremo di un mondo dove la simbiosi tra tecnologia e capacità artistiche, sia nostre ma soprattutto degli odontotecnici, trova la massima espressione. Reduci dal congresso di Riccione, che ha avuto un successo al di sopra di ogni aspettativa, con circa 1600 partecipanti, ma anche dal meeting di Milano Marittima destinato ai soli soci attivi, credo che quest’altro evento sarà di rilevanza straordinaria, di alto livello, visto che abbiamo invitato i massimi esperti mondiali di questa materia.

Biscaro gruppo

Parlare di arte e scienza significa coniugare il passato con il futuro?

Significa confrontare la tradizione con il fermento tecnologico che sta vivendo l’odontotecnica. La ceramica è un materiale classico che grazie alla tecnologia Cad-Cam ha avuto una grande evoluzione nelle tecniche di lavorazione.

Sta cambiando qualcosa anche nel rapporto con gli odontotecnici? 

Certo, non per niente nel consiglio direttivo di Aiop, ad esempio, per statuto,  accanto agli odontoiatri siedono due odontotecnici, a dimostrazione del fatto che noi riteniamo fondamentale il rapporto paritetico tra le due categorie: non può esistere una protesi di qualità se non c’è un rapporto culturale e umano particolare con l’odontotecnico. Questa è un’idea su cui personalmente ho investito molto: gli odontotecnici con i quali lavoro sono tutti  amici carissimi, persone molto rappresentative dell’odontotecnica italiana. Un settore, questo, che è cambiato molto: non per niente sono fermamente convinto che per la formazione dei giovani ci sarebbe bisogno di un corso di laurea e non semplicemente di un diploma.

Questo potrebbe aiutare il comparto a uscire dalla crisi vocazionale in cui versa?

Sì, credo che il calo di giovani che si avvicinano a questa professione, che è poi parallelo alla crisi generalizzata del settore, potrà essere risolto anche in questo modo, perché quello dell’odontotecnico è un mestiere davvero affascinante, un lavoro dalle grandi potenzialità. C’è però bisogno, da parte della categoria, di un salto di qualità che potrebbe avvenire attraverso un nuovo percorso formativo che aiuti a instaurare un rapporto più paritetico fra odontoiatra e odontotecnico.

Come sarà invece l’odontoiatria di domani?

Sarà un mondo completamente diverso da quello che abbiamo ereditato. L’odontoiatria di ieri era tradizionalmente associata a una professione difficile, con guadagni facili , ma non è più così da tempo: è rimasta solo la difficoltà. Quello di domani sarà un mondo in cui soltanto chi avrà capacità e lungimiranza potrà emergere, ma non solo. Se già oggi non è più sufficiente fare soltanto i dentisti, in futuro bisognerà lavorare ancor di più sugli aspetti organizzativi e sul marketing. Credo che lo studio odontoiatrico classico avrà vita dura. Insomma, la nostra professione diventerà molto più difficile e competitiva, ma continuerà a essere affascinante e appagante per chi saprà cogliere i cambiamenti della nostra società.

Libero professionista fino in fondo - Ultima modifica: 2013-10-24T10:19:33+00:00 da fabiomaggioni

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