Le complicanze nell’avulsione dei terzi molari inferiori: revisione della letteratura

• Fabrizio Carini1
• Gianluca Porcaro2
• Giacomo Frasciello3
• Alberto Vian3
• Vincenzo Santagada3

1Responsabile reparto di Chirurgia Odontostomatologica presso Università degli Studi di Milano-Bicocca
2Specialista in Chirurgia Odontostomatologica, Università degli Studi di Milano-Bicocca
3Università degli Studi di Milano-Bicocca, Scuola di Specializzazione in Chirurgia, Odontostomatologica, direttore professor Marco Baldoni

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Riassunto
L’estrazione dei terzi molari resta una delle procedure più frequenti eseguita dagli odontoiatri e, come per altre comuni procedure chirurgiche, talvolta possono insorgere delle complicanze durante l’intervento o nel periodo post-operatorio.
È importante sottolineare che la gravità e la frequenza di tali complicanze nell’ultimo decennio sono diminuite, grazie alla migliore capacità di individuare i casi a rischio, all’affinamento della tecnica e a una gestione più attenta dei casi complessi.
Le quattro più comuni complicanze legate all’estrazione del terzo molare sono osteite alveolare, infezioni, sanguinamento e parestesia e, nonostante la frequenza di tali complicanze sia ancora oggetto di studi, è possibile individuare alcuni fattori di rischio ritenuti strettamente legati all’insorgenza di tali problematiche quali l’età del paziente, le pregresse infezioni, il livello di inclusione dei denti, oltre ovviamente a specifiche situazioni anatomiche del soggetto. Relativamente ai danni neurologici, è oggi riconosciuta anche a livello medico-legale la teoria di Rood e Shebab che identifica una serie di indicatori di rischio di danno all’alveolare inferiore, rilevabili dalle radiografie panoramiche.
È stata posta attenzione anche all’opportunità di eseguire una terapia antibiotica come prevenzione a complicanze quali infezioni e alveolite, ma la sua efficacia è ancora considerata dubbia e quindi non giustificata come profilassi di routine.

Summary
The complications of inferior third molar extractions: literature review
The extraction of third molars is one of the most common procedures performed by dentists, and like other common surgical procedures, complications can sometimes occur during surgery or postoperative period. It is important to note that the severity and frequency of these complications have decreased over the last decade due to better capacity to detect cases at risk, the refinement of the technique and a more careful management of complex cases.
The four most common complications are alveolar osteitis, infection, bleeding, and paresthesia and, despite the frequency of these complications is still being studied, it is possible to identify some risk factors, considered to be closely linked to the onset of these problems, such as age the patient, previous infections, the level of inclusion of the teeth, and of course the patient’s specific anatomical situations.
With regard to neurological damage, is now also recognized theory of Rood and Shebab that identifies a number of risk indicators of lower alveolar harm, that are detected by panoramic radiographs.
Great attention is paid to the opportunity to perform as a preventive antibiotic therapy to complications such as infections and alveolitis, but its effectiveness is still considered questionable and therefore not justified as a routine prophylaxis.

L’estrazione dei terzi molari resta una delle procedure più frequenti eseguita dagli odontoiatri, e circa il 90% degli interventi viene eseguito senza complicanze intra- e post-operatorie1,2. In tutte le procedure chirurgiche un’appropriata programmazione pre-operatoria e la combinazione di una confacente tecnica chirurgica con le indicazioni pre-operatorie è di estrema importanza per diminuire l’incidenza di complicanze. L’estrazione dei terzi molari, al pari di altre comuni procedure chirurgiche, qualche volta può esitare in quelle che sono rare complicanze.
La possibilità di insorgenza di questi eventi deve essere discussa con i pazienti prima della procedura e trattata in maniera tempestiva e corretta dal chirurgo.

Le complicazioni relative alla chirurgia dei terzi molari vanno dal 4,6% al 30,9%1,2 e possono insorgere durante l’intervento o nel periodo post-operatorio. La gravità e la frequenza delle complicanze si sono progressivamente ridotte nel corso degli ultimi decenni, grazie alla migliore capacità di individuare i casi a rischio, all’affinamento della tecnica e a una gestione più attenta dei casi complessi. Il dato che rimane inalterato rispetto al passato è l’associazione fra l’età del paziente e la frequenza e la gravità delle complicanze3-9.  Le quattro più comuni complicanze post-operatorie della chirurgia dei terzi molari riportate in letteratura sono l’osteite alveolare (AO), le infezioni, il sanguinamento e la parestesia.

Altre complicanze – come la frattura della mandibola, severe emorragie o la dislocazione iatrogena dei terzi molari – sono rare. Problematiche parodontali potrebbero insorgere in seguito a interventi sui terzi molari10 e sono spesso associate a dolore post-operatorio, gonfiore e trisma.

Fattori che si ritiene possano influenzare l’incidenza delle complicanze dopo l’estrazione dei terzi molari includono l’età, il sesso, la storia medica, i contraccettivi orali, la presenza di pericoronite, la scarsa igiene orale, il fumo, il tipo di inclusione, il rapporto del terzo molare con il nervo alveolare inferiore, il tempo chirurgico, la tecnica chirurgica, l’esperienza del chirurgo, l’uso pre-operatorio di antibiotici, l’utilizzo di antisettici locali e la tecnica anestetica1,2,4,5,11-24.

Materiali e metodi

La revisione letteraria è stata condotta utilizzando i motori di ricerca scientifica PubMed e Cochrane Library.
È stata eseguita una ricerca automatica usando differenti parole chiave: third molar extraction, third molar extraction complications, third molar complications, mandibular third molar surgery.
La ricerca è stata perfezionata utilizzando la funzione “related articles” di PubMed, la bibliografia degli articoli selezionati e lo studio di revisioni letterarie sull’argomento.
L’abstract di ogni articolo significativo identificato nella ricerca è stato analizzato e selezionato in base ai seguenti criteri di inclusione:

  • pubblicazioni comprese tra il 1985 e il 2009;
  • studi di elevata qualità metodologica comprendenti revisioni sistematiche, studi sperimentali randomizzati e studi di coorte sull’argomento.

Presso il reparto di Chirurgia Odontostomatologica dell’Università Milano-Bicocca tra il gennaio 2010 e il gennaio 2011 sono stati reclutati 100 pazienti che presentavano inclusione osteomucosa bilaterale dei terzi molari mandibolari; sono state eseguite le estrazioni per un totale di 200 elementi e sono stati raccolti i dati riguardanti le principali complicanze, comparandoli con quelli raccolti dalla revisione della letteratura.

Risultati

La frequenza delle complicanze dopo asportazione chirurgica degli ottavi inclusi e semi-inclusi è ancora oggetto di ricerca. In uno studio prospettico su 3760 pazienti di 25 anni o più, operati da 63 chirurghi per un totale di 8333 ottavi estratti5 le complicanze post-operatorie più frequenti sono risultate le seguenti:

  • alveolite in 543 casi (12,3% delle estrazioni, 14,4% dei pazienti);
  • infezioni in 37 casi (0,8% delle estrazioni,
    1% dei pazienti);
  • anestesia o parestesia dell’alveolare inferiore in 61 casi (1,4% delle estrazioni, 1,6% dei pazienti);
  • anestesia o parestesia del linguale in 12 casi (0,3% delle estrazioni, 0,4% dei pazienti).

In uno studio più recente su 327 pazienti e 550 estrazioni4 le complicanze avevano un’incidenza del 6,9%: 20 casi di alveolite, 12 di infezioni e 6 casi di parestesia del nervo alveolare inferiore, 3 dei quali permanenti

Alveolite

L’alveolite descritta per la prima volta da Crawford nel 1896 è la complicanza più comune associata alla chirurgia degli ottavi. La sua eziopatogenesi è tuttora sconosciuta; sono state formulate molte ipotesi, ma nessuna è sostenuta da dati concordi. Ricordiamo qualcuna di queste teorie che a partire dagli anni Cinquanta sono comparse in letteratura: il trauma chirurgico, l’infezione, l’aumentata fibrinolisi nel coagulo, il fumo, gli anticoncezionale orali e il vasocostrittore. Nessuna di queste ha mai trovato una conferma, a eccezione del fumo24: in uno studio recente su 219 detenute l’incidenza dell’alveolite era superiore nei soggetti fumatori25 (Tabella 1).

Uno studio prospettico a coorte8 condotto su 4000 soggetti di età media 40 anni indica il livello di inclusione, la pregressa infezione o altra patologia associata come fattori di rischio per l’alveolite o altra infezione post-operatoria.
Nello studio di Chiapasco et al.26, nel quale sono state prese in esame 1500 estrazioni di terzi molari inclusi, si attesta un valore di insorgenza di alveolite compreso tra lo 0,5% e il 2,1% a confronto di quello riportato dalla letteratura internazionale che si attesta su valori compresi tra 0,5% e 30%.
Lo studio condotto da Blondeau6 su un totale di 550 estrazioni ha registrato la percentuale di insorgenza di tutte le complicanze sul valore di 6,9%; il manifestarsi di alveolite si è riscontrato nel 3,6% ovvero in 20 casi.
Allo stesso modo anche Haug5 ha registrato valori di insorgenza di alveolite compresi tra 0,2% e 12,7%.
Nello studio condotto da Benediktsdóttir27 su un totale di 388 estrazioni di molari inclusi è risultata un’incidenza del 5,9% di alveolite secca.

Nello studio di coorte retrospettivo condotto da Bui1 su un campione di 583 pazienti è stata riscontrata un’incidenza di complicanze del 4,6% di cui il 3,4% è rappresentato dall’insorgenza di alveolite.
Nello studio effettuato nel 2010 presso la Clinica Odontostomatologica dell’Università Milano-Bicocca, su un totale di 100 pazienti che presentavano entrambi i terzi molari mandibolari in inclusione osteomucosa, si sono riscontrati 6 casi di insorgenza di alveolite secca, con un’insorgenza del 3%.
Non conoscendo i fattori causali, non disponiamo di una terapia eziologica corretta: i dati disponibili non concordano neppure sull’efficacia della prevenzione antibiotica, la quale del resto non appare giustificata a fronte degli inconvenienti della somministrazione indiscriminata di antibiotici e della modesta frequenza dell’alveolite.

L’alveolite non lascia esiti apprezzabili e la sua durata è comunque limitata e si manifesta oggettivamente con lisi del coagulo e alitosi, soggettivamente con un dolore pulsante, che insorge tipicamente in seconda-quarta giornata ed è spesso resistente ai comuni analgesici.
Nei casi tipici l’alveolo è completamente vuoto e ha un colorito verdastro. Il trattamento è sintomatico ed è finalizzato soprattutto al controllo del dolore. Lavaggi con acqua permettono di liberare l’alveolo da residui alimentari e da corpi estranei. Il dolore regredisce rapidamente in seguito all’applicazione topica di eugenolo.
Quello che deve essere assolutamente evitato è il raschiamento dell’alveolo, eseguito frequentemente diversi decenni addietro, per il rischio di contaminare gli spazi midollari con la patina microbica, trasformando un’innocua alveolite in un’osteite28.

Infezioni

Le infezioni post-operatorie (a eccezione delle alveoliti) non sono frequenti, ma si verificano comunque in circa un caso su 1005,29 e, in rari episodi, possono essere anche di estrema gravità fino a minacciare la sopravvivenza stessa del paziente. I casi di infezione che richiedono l’ospedalizzazione sono associati soprattutto ad avulsione di denti del giudizio che avevano già dato luogo a infezioni30-32. In particolare, su 18 casi di ricovero per infezioni associate a denti del giudizio, 6 erano legati a pericoroniti e 12 erano infezioni post-operatorie, ma 9 di questi 12 avevano già dato infezioni30.
Inoltre, le infezioni post-operatorie erano più gravi di quelle da pericoronite e richiedevano ospedalizzazioni più lunghe. Gli Autori concludono che è molto più difficile osservare complicanze gravi dopo l’asportazione di denti del giudizio asintomatici e dunque occorre prendere in seria considerazione l’opportunità di estrazioni a scopo preventivo30.
Lo studio è proseguito per altri tre anni31,32, fino a raggiungere i 100 casi di ospedalizzazione per complicanze associate a denti del giudizio (estratti senza sintomi, estratti a seguito di sintomi, non estratti), fra le quali 80 infezioni gravi.

Tabella2
Tabella2

Altre informazioni provengono dallo studio di Chiapasco et al.26 nel quale si attesta un valore di insorgenza di infezioni secondarie post-operatorie comprese tra 1,2% e 1,8%.

Nello studio effettuato da Valmaseda et al.33 si è registrata un’incidenza di infezioni tardive compresa tra i valori di 1,5% e 2,4%, comparse tra 10 e 84 giorni dall’intervento; inoltre, tutti i casi presentavano il secondo molare mandibolare adiacente alla zona di infezione.
Altri Autori1,6,27 hanno condotto studi sull’insorgenza di complicanze infettive in seguito all’estrazione di terzi molari inferiori e hanno registrato, rispettivamente, delle percentuali del 2,2%, 2,8% e 0,8%.
Nello studio effettuato nel 2010 presso il reparto di Chirurgia Odontostomatologica dell’Università Milano-Bicocca su un totale di 200 estrazioni si sono riscontrati 5 casi di insorgenza di infezioni post-operatorie con una percentuale attestata sul 2,5%; nessuna di queste infezioni ha richiesto l’ospedalizzazione del paziente affetto da tale complicanza.

Un tema ancora dibattuto è se la profilassi antibiotica routinaria sia utile nella prevenzione delle infezioni post-operatorie. Secondo la maggioranza degli Autori, l’efficacia della profilassi antibiotica è dubbia34-37 e pertanto, dato che l’incidenza di infezioni anche gravi è bassa, la profilassi antibiotica di routine non sembra giustificata, a eccezione dei casi in cui è indicata per altri motivi, locali e sistemici38. Tenendo conto che le infezioni possono verificarsi anche a distanza di settimane dall’intervento, la somministrazione preventiva di antibiotici appare come un atto di eccessiva prudenza33.

Lesioni nervose

Il rischio di perdere la sensibilità di un emilabbro, anche in modo permanente, è la principale preoccupazione del paziente candidato all’asportazione chirurgica di un ottavo inferiore incluso o semincluso52. Il maggior rischio è rappresentato da un danno al nervo linguale.
Bui et al.1, in uno studio retrospettivo su 824 estrazioni di denti del giudizio inferiori, hanno individuato una serie di complicanze in circa un paziente su 10. Soltanto il 9% erano gravi e consistevano in danni all’alveolare inferiore e solo in un caso il danno persisteva a un anno.
Non si sono mai verificati danni al nervo linguale (Tabella 3).   

Tabella 3
Tabella 3

I fattori di rischio associati ai danni neurologici erano: età del paziente, inclinazione e profondità del dente, vicinanza con il canale alveolare. Gli Autori suggeriscono di incoraggiare l’estrazione precoce dell’ottavo; dato che l’età e la posizione del dente non si possono modificare direttamente al momento dell’estrazione, occorre agire indirettamente, cioè estrarre il dente nel momento più favorevole: giovane età e sviluppo incompleto delle radici o comunque clivaggio ancora ottimo fra osso e radici. In un recente studio retrospettivo11 eseguito su 4995 estrazioni, in 3513 pazienti sono stati registrati 55 casi in cui si è verificato un danno neurologico (1,1%).
Il 50% delle guarigioni è avvenuto entro 6 mesi, anche se in qualche caso è occorso più di un anno per il totale ripristino della sensibilità. Il recupero incompleto della sensibilità si verificava con maggior frequenza nei pazienti più anziani.

In uno recente studio su 550 terzi molari inclusi in 327 pazienti6, l’età maggiore di 24 anni costituisce un fattore di rischio per l’insorgenza di danni neurologici
permanenti. Ovviamente l’età non è il solo fattore di rischio: esistono situazioni anatomiche predisponenti che occorre conoscere per fornire al paziente una corretta informazione.
Rood e Shebab39 hanno identificato una serie di indicatori di rischio di danno all’alveolare inferiore rilevabili sulle radiografie panoramiche.
Al momento di informare il paziente, è fondamentale tenere conto dei segni di rischio codificati dai due Autori, perché il loro valore è ormai consolidato anche nella letteratura recente40,41 e si presta a valutazioni medico-legali anche a posteriori.
Blaeser et al.40 hanno calcolato i valori predittivi positivi e negativi di alcuni degli indicatori proposti da Rood e Shebab39:

  • deviazione del canale alveolare inferiore;
  • radiotrasparenza della radice dell’ottavo;
  • interruzione della linea opaca che delimita il canale.

L’associazione con il danno neurologico, quando si realizzano queste condizioni, è altamente significativa (P<0,0001). Il valore predittivo positivo è compreso fra 1,4% e 2,7%, cioè il 40% al di sopra della probabilità generica di danno (1%). In altre parole, la presenza di questi segni ci indica una probabilità doppia della media di un danno all’alveolare inferiore.

Chiapasco et al.26 hanno registrato un’insorgenza di lesioni nervose a carico del nervo alveolare inferiore compresa tra lo 0,2% e l’1,4%, mentre il coinvolgimento del nervo linguale in sequele neurologiche avviene tra lo 0,2% e l’0,8%.
Ugualmente altri Autori1,6,27 hanno riscontrato delle percentuali di insorgenza pari a 1,1%, 1,5% e 0,4%.
Lo studio condotto da Almendros- Marqués12 su 40 molari mandibolari inclusi asintomatici ha portato a registrare un’incidenza di lesioni nervose comprese tra 1,3% e 7,8%.
Tay et al.42 hanno condotto un studio su 192 estrazioni chirurgiche registrando in 38 siti, il 20,3%, la presenza di parestesia a distanza di una settimana dall’intervento; di questi il 57,9% ha recuperato la sensibilità entro tre mesi dall’intervento, il 65,8% entro 6 mesi e il 71,1% entro 1 anno.

Sedaghafar et al.41 hanno rilevato che una previsione di danno ancora più accurata è stata raggiunta grazie a una valutazione clinico-radiografica complessiva da parte del chirurgo, che ha tenuto conto, oltre che dei segni codificati di rischio, anche dello stadio di sviluppo delle radici e della loro forma, della profondità del dente ecc.

Un’ulteriore informazione su “ruolo del chirurgo” e “frequenza di danni neurologici” è riportata da Robert et al.43. Fra i 535 chirurghi che hanno risposto al questionario, il 94,5% dichiarava di aver avuto un danno a carico dell’alveolare inferiore e il 56% a carico del linguale.
La percentuale di danni calcolata per dente estratto era circa lo 0,4% per il nervo alveolare e lo 0,1% per il linguale.

Presso la Clinica Odontoiatrica dell’Università Milano-Bicocca nello studio effettuato su 100 pazienti che presentavano bilateralmente l’inclusione dei terzi molari mandibolari, e quindi su un totale di 200 estrazioni effettuate, si sono riscontrati 3 casi di alterazione sensoriale al nervo alveolare inferiore con una percentuale dell’1,5%; dei tre casi, due si sono risolti spontaneamente nell’arco di un mese dall’intervento, mentre in uno la completa ripresa funzionale e sensoriale è avvenuta nell’arco di tre mesi dall’atto chirurgico.

Se si considerano soltanto i danni neurologici permanenti, i risultati indicano 1 danno permanente all’alveolare ogni 2500 estrazioni e un danno permanente al linguale ogni 10.000 estrazioni.
La percentuale di danno neurologico era associata all’esperienza del singolo operatore, valutata sulla base delle estrazioni eseguite ogni anno e degli anni di esperienza di chirurgia degli ottavi. In effetti il senso comune e qualche studio indicano che le complicanze post-operatorie possono essere associate anche all’inesperienza dell’operatore6,44, anche se molti studi non ne tengono conto.

Sanguinamento ed emorragie

Le cause di emorragia possono essere sia locali che sistemiche; condizioni sistemiche come l’emofilia A e B o la malattia di von Willebrand sono spesso identificate precocemente nella vita del paziente e per le estrazioni si mette in atto un approccio sistemico in modo da permettere al soggetto di ottenere un coagulo stabile.
Fattori locali che provengono dai tessuti molli o da infezioni dei vasi rappresentano la più comune causa di emorragie post-operative, ma rispondono bene al controllo locale che comprende una meticolosa tecnica chirurgica, il rispetto del fascio neuro-vascolare alveolare inferiore e un’attenzione particolare alla conformazione disto-linguale della mandibola.
Altra causa di emorragie possono essere i farmaci anticoagulanti, come il warfarin, che possono però essere sospesi, se possibile, e rimpiazzati dall’eparina sodica a basso peso molecolare.

Il range di sanguinamenti clinicamente apprezzabili come conseguenza dell’estrazione di terzi molari varia tra 0,2% e 5,8% e può essere classificato sia come intra- che come post-operatorio con cause che possono essere locali o sistemiche. Nello studio dell’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons: Age-Related Third Molar Study, i ricercatori hanno scoperto una frequenza di inaspettate emorragie intra-operatorie pari allo 0,7% e di post-operatorie pari allo 0,1%5 (Tabella 4).  

Tabella 4
Tabella 4

In uno studio su 583 pazienti Bui et al.1 è stata rilevata una frequenza di sanguinamento pari allo 0,6%. Un valore simile è stato riscontrato anche da Chiapasco et al.4, i quali hanno registrato un valore di eccessivo sanguinamento intra-operatorio nello 0,7% dei casi e una frequenza dello 0,6% per quanto riguarda il sanguinamento post-operatorio.
Sempre Chiapasco et al.26 hanno nuovamente registrato i valori di sanguinamento post-operatorio ottenendo delle percentuali comprese tra 0,4% e 0,9%.
Anche Tay e al.42 si sono occupati di registrare l’incidenza di sanguinamento eccessivo in seguito a manovre di estrazione di terzi molari e hanno riscontrato un valore pari al 13,4%.
Nello studio eseguito nel 2010 dal reparto di Chirurgia Odontostomatologica dell’Università Milano-Bicocca si sono riscontrati due casi di eccessivo sanguinamento post-operatorio, ovvero una percentuale dell’1%.

Frattura della mandibola

La frattura della mandibola è riconosciuta come complicanza dell’estrazione dei terzi molari e ha importanti implicazioni medico-legali e sulla salute del paziente45.
La frattura della mandibola durante o dopo l’estrazione è una rara complicanza, ma è una tra le più gravi.
Possibili condizioni predisponenti come l’età avanzata, un’atrofia mandibolare, la presenza di una lesione cistica o neoplastica e l’osteoporosi sono implicate nell’aumento del rischio di fratture.
L’incidenza della frattura della mandibola è attestata a 0,0049%46.

Alling et al.46 nel loro studio retrospettivo riportano 1 caso su 30.583 pazienti di frattura intra-operatoria della mandibola e 1 caso su 23.714 pazienti di frattura post-operatoria; mentre Nyu47 riporta una frattura su 29.000 casi. Libersa et al.45 hanno riscontrato 37 fratture su 750.000 estrazioni e hanno identificato 17 fratture intra-operatorie e 10 fratture post-operatorie.
Nello studio eseguito presso l’Università Milano-Bicocca non si sono verificati casi di frattura a carico della mandibola.

Dislocazione di elementi

Terzi molari mandibolari possono essere dislocati per via iatrogena nello spazio sottolinguale, sottomandibolare, pterigo-mandibolare e latero-faringeo. Considerazioni sull’anatomia locale, così come l’inclinazione disto-linguale del dente, la corticale linguale estremamente sottile o con deiscenze e l’eccessiva o non controllata forza nella lussazione dell’elemento sono fattori importanti da tener presenti e che possono portare all’insorgenza di questa complicanza.
Esen et al.48 hanno descritto un caso in cui un paziente in seguito a un’estrazione non riuscita si presentava con il terzo molare dislocato nella regione pterigo-mandibolare.

Gay-Escoda et al.49 hanno riportato un caso nel quale un paziente è andato incontro a una dislocazione del terzo molare mandibolare tra il muscolo platisma e lo sternocleidomastoideo.
Nella casistica registrata presso la Clinica Odontostomatologica di Milano-Bicocca nel 2010 non sono stati evidenziati casi di dislocazione di terzi molari mandibolari.
Altra evenienza sono le dislocazioni delle radici dei terzi molari; una dislocazione di una radice di un molare mandibolare può avvenire all’interno del canale del nervo alveolare inferiore, e i tentativi di rimozione potrebbero andare a ledere ulteriormente il fascio neurovascolare.

Complicanze dell’articolazione temporo-mandibolare

Una relazione causale tra estrazione dei terzi molari e problematiche all’articolazione temporo-mandibolare ha attualmente un piccolo supporto in letteratura.
È stato suggerito che le procedure di estrazione dei terzi molari obbligano il paziente a restare con la bocca molto aperta per un lungo periodo di tempo e che concause come l’aumento di forza sulla mandibola possono sovraccaricare o provocare danni su una o su entrambe le articolazioni. In particolare, quest’evenienza può accadere se il chirurgo non usa una corretta tecnica o se non supporta la mandibola mentre esegue l’intervento di estrazione dei terzi molari mandibolari oppure se il meccanismo di difesa del paziente nei confronti di un’apertura eccessiva viene inibito dall’anestesia generale.

In uno studio caso-controllo eseguito da Threfall et al.50, sono stati comparate 220 diagnosi di pazienti con dislocamento del disco e con conseguente riduzione di apertura della bocca, e gli Autori hanno scoperto che 21 (9,5%) dei 220 pazienti riportavano un’estrazione dei molari nei 5 anni precedenti alla diagnosi di dislocamento anteriore del disco.
Nello studio effettuato presso il reparto di Chirurgia Odontostomatologica dell’Università Milano-Bicocca su un totale di 200 estrazioni solo in un caso (0,5%) sì è riscontrata una complicanza a carico dell’articolazione temporo-mandibolare, apprezzabile con una dislocazione del disco articolare quando il paziente rimaneva a bocca chiusa.

Conclusioni

È stato osservato che le quattro più comuni complicanze legate all’estrazione del terzo molare sono l’osteite alveolare, le infezioni, il sanguinamento e la parestesia o, più in generale, le lesioni nervose, anche se la frequenza di tali complicanze dopo asportazione chirurgica è ancora oggetto di ricerca53.

Nello studio condotto tra il gennaio 2010 e il gennaio 2011 presso il reparto di Chirurgia Orale dell’Università Milano-Bicocca, i dati raccolti sulle principali complicanze sono perfettamente in linea con quelli registrati durante la revisione della letteratura.
Nello studio dei fattori che influenzano l’insorgenza di complicanze non si è ancora giunti a una conclusione univoca, ma è possibile identificarne alcuni che possono essere considerati i principali, tra cui il livello di inclusione, le pregresse infezioni e, dato fondamentale che rimane inalterato rispetto al passato, l’età del paziente.

Per questo motivo molti Autori suggeriscono di incoraggiare le estrazioni precoci a scopo preventivo, e comunque prima dei 24 anni di età, quando lo sviluppo delle radici è incompleto.
Relativamente ai danni neurologici, è oggi riconosciuta anche a livello medico-legale la teoria di Rood e Shebab che identifica una serie di indicatori di rischio di danno all’alveolare inferiore, rilevabili dalle radiografie panoramiche.
Esistono invece ancora molti dubbi circa l’efficacia dell’uso di antibiotici per complicanze quali infezioni e alveolite e per questo motivo non ne viene confermato l’utilizzo a scopo preventivo51.

Corrispondenza
Giacomo Frasciello
Clinica Odontoiatrica, Ospedale San Gerardo
Via Pergolesi 33 – Monza
Tel. 039/2332301
frascio@tiscalinet.it

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Le complicanze nell’avulsione dei terzi molari inferiori: revisione della letteratura - Ultima modifica: 2012-04-08T10:25:06+00:00 da Redazione

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