La disestesia occlusale (phantom bite)

 

3. Tragitto che le afferenze provenienti dai recettori parodontali compiono per raggiungere la corteccia cosciente.

Fisiopatologia

Normalmente l’apparato masticatorio lavora al di sotto della soglia della coscienza; ciò vuol dire che, pur essendo i muscoli masticatori muscoli striati, e quindi dipendenti dal controllo della volontà, le attività abituali – quali la fonazione, la deglutizione, la masticazione e anche le parafunzioni – avvengono, in situazione normale, in modo automatico. Fisiologicamente, nella situazione di riposo i denti delle due arcate sono separati da uno spazio libero; il contatto dentale avviene solo durante la deglutizione e la masticazione, sempre in modo automatico e al di sotto della coscienza. La Figura 3 mostra il tragitto che le afferenze provenienti dai recettori parodontali, e quindi dall’occlusione dentale, compiono per raggiungere la corteccia cosciente. Esse passano per il nucleo sensitivo principale del trigemino e probabilmente anche per il nucleo mesencefalico, il quale è la stazione di transito della sensibilità propriocettiva, che è quella del sistema muscolo-scheletrico. Dai nuclei trigeminali sale al talamo e, infine, alla corteccia la quale gestisce gli aspetti coscienti-cognitivi dell’attività cerebrale. Dato che, come già detto, normalmente la funzione abituale dell’apparato masticatorio lavora al di sotto della coscienza, è probabile che le afferenze dal talamo possano andare direttamente anche alle strutture del sistema extrapiramidale che regolano, attraverso vie discendenti, i movimenti ritmici e semiautomatici. Se, per cure odontoiatriche, viene modificata l’occlusione, il paziente normalmente all’inizio può avvertire questi cambiamenti e, di conseguenza, i contatti occlusali vengono portati a livello cosciente.

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4. Ipotesi sull’origine della facilitazione sinaptica (PLT).

Ma grazie alla capacità di adattamento in breve tempo l’occlusione ritorna al di sotto della coscienza. La capacità di adattamento è determinata geneticamente, ma è influenzata da vari fattori soprattutto neurologici, psicologici e ormonali; pertanto varia da individuo a individuo e nello stesso individuo cambia nel tempo. Se il paziente possiede una bassa capacità di adattamento sente come “insopportabili” minime variazioni del contatto occlusale o dei materiali utilizzati e comincia a concentrare la sua attenzione sull’occlusione. In tal caso si instaura una ipervigilanza occlusale; il paziente focalizza tutta la sua attenzione sui contatti dentali e comincia a digrignare sui contatti che sente anormali e a iperattivare la muscolatura masticatoria alla ricerca di una posizione mandibolare confortevole che non trova. A questo punto avvengono due fenomeni, uno centrale e uno periferico, che sostengono e peggiorano, se non interrotti, il quadro clinico. Il fenomeno centrale è conseguenza della neuroplasticità, per cui si ha una sensibilizzazione delle vie afferenti trigeminali che interessano il distretto oro-facciale. Tutto questo grazie al meccanismo della facilitazione a lungo termine (Figure 4, 5) per il quale quando uno stimolo sensitivo, in questo caso proveniente dai recettori parodontali e muscolo-scheletrici iperattivati, è forte e continuo nel neurone afferente entrano parecchi ioni calcio, vengono generati molti potenziali d’azione e innescate reazioni chimiche dette metabotropiche che hanno la capacità di aumentare il numero e il tipo di recettori e di neurotrasmettitori. Ne consegue che per input afferenti di uguale intensità si ha un maggior numero di potenziali d’azione, si è creata, cioè, la sensibilizzazione centrale. A questo punto uno stimolo afferente debole viene recepito come forte, per cui il contatto dentale microscopico sembra una montagna, l’emozione aumenta di intensità, ne deriva uno stato di ansia secondaria, una sofferenza fisica o psicologica che diviene impossibile da sopportare, da cui la depressione secondaria. Il fenomeno periferico è dovuto all’iperattività dei muscoli masticatori, conseguenza della continua ricerca da parte del paziente di una posizione confortevole, e all’ansia secondaria. Ciò può determinare un aumento del tono di base dei muscoli masticatori e, di conseguenza, un’attivazione del sistema gamma-efferente e una diminuzione dello spazio libero; ne consegue la difficoltà, da parte del paziente, di evitare il contatto dentale a riposo e un aumento del bruxismo con un peggioramento della sintomatologia.

Prevenzione

Per prevenire la disestesia occlusale il dentista deve seguire due regole fondamentali:

  • individuare i pazienti a rischio;
  • effettuare le modifiche dell’occlusione dentale in modo graduale.

Per individuare i pazienti a rischio è fondamentale effettuare, durante la prima visita, un’anamnesi e un esame clinico accurati, dedicando tutto il tempo necessario per stabilire una corretta relazione terapeutica. Esistono anche dei test psicometrici per la valutazione dei disturbi psicologici e psichiatrici che però sono di pertinenza degli specialisti. Per quanto riguarda le cure odontoiatriche, soprattutto quando bisogna effettuare delle modifiche sostanziali dell’occlusione dentale o dei materiali dentali, è opportuno procedere sempre per gradi, un passo alla volta (per esempio, nell’eseguire terapie di protesi fissa riabilitare, quando possibile, un quadrante alla volta) e utilizzare sempre la massima precisione possibile. Verificare sempre le sensazioni del paziente e, quando lo stesso riferisce discomfort, non passare al gradino successivo fintanto che non è stato individuato il problema. Utilizzare per la ricerca della posizione mandibolare una manovra abbastanza ripetibile e poco distalizzante, quale per esempio quella bimanuale secondo Dawson.

Terapia

La forme di terapia suggerite dalla letteratura nella disestesia occlusale sono riassunte nella Tabella 1. La rieducazione funzionale, gestita dal dentista o dal logopedista, ha lo scopo di insegnare al paziente come mantenere a riposo i muscoli masticatori rilassati, la lingua in posizione corretta e rispettare lo spazio libero occlusale. Non è facile, poiché spesso è presente una iperattività muscolare dovuta all’ansia e alla continua ricerca dell’occlusione da parte del paziente. Bisogna poi gestire l’eventuale presenza del bruxismo notturno, che è un disturbo motorio correlato al sonno (ICSD-2). La psicoterapia, secondo Reeves e Merril, deve agire principalmente sui seguenti aspetti: cognizione, attenzione, contesto reale e umore. Le forme di terapia rivolte a questi obiettivi sono soprattutto quelle cognitivo-comportamentali. Vanno trattati anche, secondo le indicazioni del caso, eventuali disturbi psicologici concomitanti. Il rilassamento muscolare ha lo scopo di ridurre l’iperattività dei muscoli masticatori. Le forme di trattamento utilizzate sono lo stretching e il biofeedback. Quest’ultimo può consistere nel semplice training elettromiografico, per il rilassamento dei masseteri, o nel training più complesso che associa anche la gestione dello stress. La placca occlusale (bite) consigliata è quella di stabilizzazione, definita anche placca di Michigan. Lo scopo del bite è di svincolare i contatti occlusali, distrarre l’attenzione del paziente dall’occlusione e sfruttare l’effetto placebo. Secondo Reeves e Merril, però, il bite stesso sarebbe controindicato perché avrebbe l’effetto opposto, cioè accentuerebbe la vigilanza occlusale. Le linee guida per la farmacoterapia sono riassunte nella Tabella 6.

Conclusioni

Quando il dentista si trova di fronte a un paziente che presenta il quadro clinico descritto della disestesia occlusale non deve assolutamente pensare di risolvere il disturbo modificando i contatti occlusali del paziente. La causa del disturbo è da ricercare in un’alterazione funzionale del sistema nervoso centrale e/o in un disturbo psicologico. Pertanto, premesso che comunque l’occlusione dentale deve rispettare i canoni dettati dalla buona pratica, la terapia è soprattutto di tipo comportamentale, psicologico, farmacologico e gnatologico.

 

Corrispondenza
Domenico Viscuso
Piazza del Liberty, 8 – Milano
domenicoviscuso.it – d.viscuso@libero.it

 

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La disestesia occlusale (phantom bite) - Ultima modifica: 2012-11-07T14:49:58+00:00 da Redazione

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