Impronta con scanner intraorale digitale Cadent iTero


Case report

1. Elemento 35 preparato.

La paziente, di 35 anni, si presenta alla nostra osservazione per effettuare un restauro protesico a carico dell’elemento 35 che era stato precedentemente trattato endodonticamente e ricostruito con un perno in fibra in carbonio. Dopo l’opportuna documentazione fotografica e radiografica si decide di restaurare l’elemento 35 con una corona in metallo ceramica prodotta a partire da un’impronta digitale con Cadent iTero (Figura 1). L’apparecchiatura iTero è composta da un carrello mobile montato su delle ruote, che permettono di spostare la macchina alla poltrona, su cui risiede un computer dedicato e uno schermo. Il manico dello scanner è collegato al carrello tramite un cavo e presenta dei puntali in plastica monouso per garantire la necessaria sterilità ed evitare possibili trasmissioni di infezioni crociate. Il processo di scansione intraorale è controllato da un pedale senza fili ovvero con tecnologia “wi fi” così che, una volta iniziata la scansione delle due arcate dentarie, il clinico non ha bisogno di toccare nient’altro che il pedale per effettuare l’impronta digitale. L’apparecchiatura utilizza una connessione

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2. Scansione intraorale metodica iTero.

Internet wireless per la trasmissione dei dati delle scansioni. Il primo passaggio nella presa dell’impronta con Cadent iTero consiste nel compilare una scheda elettronica dove vengono inseriti i dati anagrafici del paziente e le informazioni relative al tipo di restauro che vogliamo progettare, indicando i denti che devono ricevere il manufatto protesico, il tipo di preparazione eseguita, il materiale scelto, il colore finale e la presenza di eventuali denti mancanti. Una volta eseguita questa procedura, incomincia la scansione guidata di entrambe le arcate (Figura 2). Il software permette al clinico di scegliere quale arcata scansionare per prima. Il vantaggio di utilizzare l’opzione “scansiona l’arcata opposta per prima” permette di gestire il tempo di azione della tecnica del doppio filo o di qualunque altra tecnica di retrazione del margine gengivale e, inoltre, di controllare l’eventuale sanguinamento del dente appena rifinito. Tramite schermate differenti, dove il clinico viene guidato dal sistema per le diverse fasi operative, si esegue la rilevazione dettagliata dell’impronta che può essere più o meno complessa a secondo del numero di elementi da trattare. Il software richiede una serie di 5 scansioni per ogni dente preparato, seguita da scansioni aggiuntive per realizzare il completamento del quadrante. Alla fine di ogni segmento di arcata è possibile far ruotare tridimensionalmente il modello scansionato in modo da poter aggiungere scansioni libere per definire ulteriori particolari o piccole aree mancanti non opportunamente rilevate. Le ultime due scansioni, infine, servono per la registrazione occlusale; il paziente viene invitato ad assumere una posizione di massima intercuspidazione e due scansioni sono prese a 90° lungo l’asse dei denti al livello del piano occlusale. Quando la scansione è terminata, inizia il processo di acquisizione delle immagini e in meno di 1 minuto i modelli di entrambe le arcate ingrandite tridimensionalmente appaiono sullo schermo, con la possibilità di visualizzarle singolarmente o insieme (Figura 3).

3. Modello virtuale.

Questi modelli vengono messi virtualmente in articolazione dal software, che trova punti in comune tra la registrazione finale dell’occlusione e le scansioni dei modelli delle arcate. I modelli possono essere ruotati e manipolati nello spazio virtuale in ogni posizione desiderata. Anche in questa fase finale, se si presenta qualche errore, possono essere prese scansioni addizionali. Le funzioni di utilità del software includono  la possibilità di marcare le linee marginali e di valutare se la riduzione occlusale è sufficiente ad accogliere il nostro restauro protesico. Infatti una diversa colorazione della superficie del dente preparato protesicamente indica se lo spazio interocclusale con il dente antagonista è sufficiente; per esempio aree di colore rosso indicano che lo spazio libero interocclusale in quel punto è inferiore a 1,3 mm, insufficiente ad accogliere gli spessori minimi per un restauro in metallo ceramica. Tutto questo si traduce in un grande vantaggio per l’odontoiatra, in quanto è possibile valutare in tempo reale la qualità dell’impronta, la sua precisione, la riduzione occlusale e la registrazione occlusale. Ciò è molto diverso da quanto accade nella tecnica tradizionale dove è possibile valutare l’eventuale errore solo dopo che l’odontotecnico ha colato l’impronta in gesso. Vengono così a ridursi il numero delle sedute per le correzioni e i tempi alla poltrona perché il clinico può ripetere immediatamente l’impronta digitale in caso di imperfezioni. Visionato il caso, il clinico, grazie alla connessione internet wireless dedicata, invia i dati delle scansioni del paziente al Centro Cadent. Le scansioni riceveranno un processo di “pulizia-rimozione” dove artefatti e strutture non essenziali vengono rimossi. I file modellati vengono poi trasmessi a un tecnico iTero altamente specializzato che programma il disegno iniziale del caso, identifica i margini e determina l’inserzione del modello (fase CAD). I dati del file vengono poi trasmessi al laboratorio certificato iTero con cui l’odontoiatra collabora e il tecnico del laboratorio può approvare il disegno ma anche fare modifiche prima di inviare il file al Centro di fresatura, dove avviene sia la produzione della cappetta metallica (fase CAM), sia il processo di fresatura dei modelli superiore, inferiore e dei monconi in poliuretano espanso (Figura 4).

4. Modello in poliuretano e corona finita iTero
Impronta con scanner intraorale digitale Cadent iTero - Ultima modifica: 2013-02-27T16:20:28+00:00 da Redazione

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