Frattura verticale di elemento dentario: “autopsia di un dente”

Nella prima parte l’argomento della cracked tooth syndrome è stato avvicinato attraverso alcuni aspetti generali. Volendo mantenere sempre un approccio eminentemente clinico, la fase successiva è naturalmente la diagnosi del singolo caso. Come già accennato, la sintomatologia comprende stimoli dolorifici di vario grado e l’aumentata risposta ai fattori termici; il sospetto clinico può derivare anche da evidenze cliniche macroscopiche, quali ad esempio l’ipertrofia della muscolatura masticatoria (da notare il fatto che alcuni Autori inseriscano i disordini dell’articolazione temporo-mandibolare tra i fattori confondenti), la presenza di faccette di usura o di importanti restauri conservativi o protesici su di elementi sottoposti a forte carico masticatorio. Anche la perdita di vitalità rappresenta un fattore di indebolimento della struttura dentale. Ovviamente, nel momento in cui vengano rilevate incrinature dello smalto, queste devono essere monitorate nel corso di tutto il percorso di richiamo del paziente, una volta completato il piano terapeutico.

Essendo la sintomatologia molto spesso francamente aspecifica, è difficile aspettarsi di poter diagnosticare una frattura dentale occulta attraverso un’unica manovra diagnostica. L’indagine più comune consiste nel bite test, utilizzando di solito un rullo di cotone (sono stati proposti anche altri strumenti), alla ricerca di una dolenzia specifica che corrobori i sospetti legati al singolo elemento. Usualmente, un dente sospettato di frattura radicolare longitudinale è fatto anche oggetto di sondaggio parodontale: in questo caso, il cosiddetto sondaggio puntiforme rappresenta una spia importante.

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Esistono anche alcuni sistemi in grado di permettere l’osservazione diretta della frattura, che in molti casi non è visibile, anche con l’utilizzo di sistemi di ingrandimento. Si tratta in primo luogo della transilluminazione a fibra ottica, particolarmente utile nel caso di frattura coronale.

Il blu di toluidina per riconoscere le fratture verticali di elemento dentrario

Un prodotto che invece viene più frequentemente utilizzato per la ricerca di fratture del pavimento camerale o della radice è il blu di toluidina. A tal proposito viene allegato un video che ne mette in evidenza la modalità di diffusione, dal suggestivo titolo di “autopsia del dente”.

Video updated on Youtube by  Dr.Khatavkars Dental Clinic

Per concludere, una nota sul trattamento. Negli anni sono stati introdotti naturalmente diversi protocolli, anche perché si sono resi disponibili materiali sempre più biologicamente tollerabili, se non addirittura bioattivi. In linea di massima, si può dire che si è passati da una tecnica più indaginosa, sostanzialmente basata sulla protesizzazione dell’elemento, ad un approccio più attendista e, se possibile, conservativo. Ciò permette un più attento controllo sulla vitalità dell’elemento (almeno per quanto le classi I di Williams) e soprattutto sull’occlusione. L’aumento della gravità della lesione corrisponde sempre ad un incremento della difficoltà tecnica del mantenimento. Per quanto riguarda i pluriradicolati, ancora oggi alcuni professionisti scelgono di tentare di mantenere una radice per poi ricostruirvi la componente coronale. La frattura radicolare in un monoradicolato, invece, continua a costituire una lesione hopeless. Il paziente, a questo punto, potrà beneficiare solo dell’alta predicibilità e dalle poche controindicazioni raggiunte dalla moderna implantologia.

Frattura verticale di elemento dentario: “autopsia di un dente” - Ultima modifica: 2016-05-26T07:28:46+00:00 da redazione

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