Fotopolimerizzazione dei materiali resinosi: effetti termici

4. Termocoppie (Hannig M, Bott B. Dental Materials 1999;15:275-281).

perlomeno non in maniera statisticamente significativa. Sempre Goodis nel lavoro pubblicato nel 1990 ha testato 6 lampade alogene diverse e ha ottenuto nella camera pulpare un incremento massimo di temperatura di 2,3-7,0 °C dopo 60+60 sec di polimerizzazione di 1 mm di spessore di composito. Dopo il posizionamento del secondo strato di composito (1 mm) la temperatura massima ottenuta era di 3,3-9,0 °C. In questo studio lo spessore di dentina era mediamente di 2,4-3,1 mm. La sperimentazione condotta da Hannig & Bott del 1999, ha introdotto una sistematica ripresa più volte nel corso degli ultimi anni, il sistema delle termocoppie di tipo K (Figura 4), che si è dimostrato uno strumento di rilevazione affidabile e preciso. Le loro dimensioni ne permettono l’inserzione direttamente in camera pulpare e la loro sensibilità consente rilevazioni precise fino al decimo di grado centigrado. Dai loro studi è emersa la conferma che gliaumenti di temperatura a carico dell’area pulpare sono strettamente legati allo spessore di dentina residua, alla presenza di sottofondi, alla tipologia di lampada usata e al tipo di composito scelto. Ma, a differenza degli altri studi, in questo caso è stato possibile quantificare gli aumenti di temperatura cui sono sottoposte le cellule pulpari. In questo lavoro gli Autori hanno utilizzato denti estratti cui è stata rimossa la polpa, ma la camera è stata riempita con un materiale atto a simulare il comportamento di diffusività termica del tessuto pulpare. I risultati ottenuti confermano quanto detto finora, vale a dire che potenze elevate non sono garanzia di profondità di polimerizzazione, ma ciò che maggiormente influisce sulla qualità della reazione e sulla conversione dell’energia, senza

5. Radiografia TC e RIF. Armellin E, Bovesecchi G, Coppa P, Pasquantonio G, Breschi L, Cerroni L, Temperature increase during composites polymerisation using two LED curing lights. Dental Materials vol. 16 Supplement 1, Page e21 2010.

aumenti indesiderati della temperatura, è la vicinanza dei picchi di conversione e attivazione (Leprince, 2010; Neumann, 2006). In un recente studio (Armellin, 2010) si confermano i lavori precedenti: l’aumento di temperatura durante la polimerizzazione è in funzione del grado di conversione, dell’esotermicità della reazione di polimerizzazione indotta, dell’energia della fonte di luce e del tempo di esposizione (Figura 5). Ad esempio una lampada con una potenza di 1000 mW/cm2 per 20 sec, a parità di condizioni, produce un aumento di temperatura maggiore rispetto a una di 3200 mW/cm2 per 3 sec di esposizione. È possibile che l’energia luminosa irradiante al di fuori del range del picco di attivazione (≈440-500 nm) del canforochinone contribuisca al riscaldamento del composito (Pradhan, 2002). Per questo si è ipotizzato che le lampade con emissione in un range di lunghezza d’onda più ristretto e più vicino a 470 nm possono facilitare l’incremento della profondità di polimerizzazione. La reazione esotermica è proporzionale alla quantità di resina disponibile alla polimerizzazione e al grado di conversione dei doppi legami carbonio-carbonio. La presenza di una maggiore componente resinosa determina un ulteriore incremento termico durante la polimerizzazione; per esempio, il composito fluido Revolution (Kerr) con un carico di riempitivo del 62% in peso ha determinato un incremento della temperatura di 43,1 °C quando è stato polimerizzato in vitro con uno spessore di 2 mm (Al Qudah, 2005), mentre il composito Surefil (Dentsply) con un carico di riempitivo dell’82% in peso ha determinato un incremento termico di 22,4 °C. Lo studio di Al-Qudah ha evidenziato, mediante termografia,come lo spessore di dentina residua e il tipo di materiale da restauro scelto siano fondamentali per compensare l’indesiderato aumento di temperatura intrapulpare. L’introduzione sul mercato delle lampade a LED, oltre al miglioramento delle performance meccaniche e cliniche, aveva anche lo scopo di ridurre l’incremento termico durante la polimerizzazione; lo studio di Aravamudahn (2006) ha provato che l’incremento termico massimo dopo 40 sec di esposizione a diverse lampade a luce blu variava da 3,2 a 6,4 °C. La sperimentazione è stata eseguita ponendo una termocoppia di tipo K nello spessore di un cilindro di composito di 3 mm di altezza e 4,7 mm di diametro, a 1 mm di distanza dalla fonte luminosa. Il test è stato compiuto secondo la norma ISO 4049 che offre solo un metodo per l’analisi comparativa ma che non riflette ciò che avviene durante la fotopolimerizzazione in vivo. Il trasferimento del calore nell’ambiente acquoso della dentina e dello smalto dovrebbe essere più rapido e quindi il cambiamento termico inferiore. Su 7 lampade LED testate, tutte hanno determinato un incremento termico minore rispetto alla fonte alogena di riferimento con intensità (I) nominale di 600 W/cm2, tranne la lampada Demetron1 (Kerr) che però aveva una potenza nominale di 800 W/cm2, a differenza delle altre che avevano tutte una I inferiore.

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La lampada che determinava un minore incremento termico rispetto a quella alogena, pur avendo un’intensità maggiore, era la UltraLume LED2 (Dentsply). Nella Tabella 4 sono riportati i valori d’intensità delle lampade misurate con diversi radiometri: è evidente la differenza ottenuta rispetto al valore nominale riferito dall’azienda produttrice. L’incremento termico intra-pulpare dipende dal protocollo di fotoattivazione, dal tipo di unità di luce, dal tempo di esposizione (s), dalla distanza del terminale di polimerizzazione dal dente e/o composito, dalla tinta del composito, dallo spessore del composito e dalla dentina residua. Alcuni di questi parametri sono correlati perché la densità di energia (mJcm-2) deriva dalla potenza (mWcm2) moltiplicata per il tempo di esposizione, indicando che una data densità di energia può essere ottenuta con diverse combinazioni di potenza e tempo di esposizione. L’incremento termico a livello pulpare dipende anche dal numero di strati di composito. Si deve tenere in considerazione che la temperatura intrapulpare ha bisogno di tempo per tornare alla condizione iniziale, quindi più sono i cicli di esposizione e più è difficile che la polpa possa trovarsi alla sua temperatura di 35 °C. La stratificazione ha però un vantaggio, quello di avere strati di composito già polimerizzati che funzionano come isolanti. Ma che cosa succede quando si polimerizza l’adesivo smalto dentinale?

6. FEM riscaldamento polimerizzazione (Jakubinek. Dental Materials 2008;24:1468-1476.

Jakubinek (2008) ha simulato la distribuzione termica tramite un modello agli elementi finiti (FEM) (Figura 6); secondo l’Autore il rischio maggiore si ha proprio durante la polimerizzazione del bonding o del primo strato di composito in cavità profonde senza materiale per sottofondo. Ciò potrebbe essere ridotto riducendo l’effetto esotermico della polimerizzazione o aumentando la percentuale di riempitivo. Inoltre, sempre secondo Jakubinek andrebbe diminuita l’intensità aumentando il tempo di esposizione, ma ciò ovviamente va contro il trend del mercato attuale. Le lampade LED (Bluephase-Ivoclar ed Elipar Freelight2-3M) che operano con una potenza di circa 1000 mW/cm2 causano un maggiore incremento termico nella camera pulpare (5,2-5,6 °C) rispetto a una lampada alogena (Prismatic LiteII-Dentsply) con una potenza di 500 mW/cm2 (Santini, 2008) che ha determinato un picco massimo di 3,9 °C; l’incremento maggiore si ha durante la polimerizzazione dell’adesivo smalto dentinale. A 6 mm di distanza l’incremento termico si riduce considerevolmente perché l’intensità della luce diminuisce rapidamente nella profondità del restauro; per questo si raccomanda un tempo di 40 sec per assicurare una completa polimerizzazione anche in cavità profonde (Ebenezar et al., 2010).

La Tabella 5 enumera le molteplici variabili che possono determinare innalzamenti indesiderati della temperatura durante la fotopolimerizzazione; si noti come alcune delle condizioni ottimali per il rispetto del tessuto pulpare possono scontrarsi con i requisiti richiesti per una polimerizzazione adeguata. Tutti i test eseguiti finora si avvalgono comunque di modelli matematici che non possono essere presi in considerazione per la formulazione di linee guida operative perché non tengono conto di molteplici variabili legate al dente (Lin, 2010); sarebbe auspicabile un approccio che tenesse conto delle capacità refrigeranti e difensive del corpo umano. La Tabella 6 riassume le più significative sperimentazioni sull’innalzamento della temperatura a seguito della fotopolimerizzazione.

Fotopolimerizzazione dei materiali resinosi: effetti termici - Ultima modifica: 2013-03-15T12:29:57+00:00 da Redazione

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