Endodonzia: l’apertura della camera pulpare

DM_il dentista moderno_endodonzia apertura camera pulpare

Molti maestri dell’endodonzia insistono sulla corretta apertura della camera pulpare come un passaggio dirimente per tutta la terapia che ne segue. È il caso di utilizzare il termine “maestri”, perché questa fase operativa è una su cui si focalizza durante il training degli studenti e dei giovani professionisti, passando dalla pratica su denti estratti alla realtà clinica del paziente.

Una buona apertura permette di studiare efficacemente l’anatomia canalare. Nella maggior parte dei casi, quindi, l’operatore sarà facilitato nell’accedere ai canali radicolari. In linea generale, gli orifizi canalari di tutti i denti tendono a giacere sulla perpendicolare di una direttrice mesio-disale passante per il centro della camera pulpare. Si tratta comunque di una regola generale, non applicabile per esempio ai molari superiori.

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Gli imbocchi, inoltre, costituiscono il vertice dei vettori di fusione delle radici. Per questo, essi si trovano solitamente presso il punto di passaggio tra la dentina della parete camerale e quella del pavimento, dotata di una colorazione differente; nel caso in cui l’orifizio sia ostruito da una calcificazione, questa sarà caratterizzata da un terzo colore, ancora diverso.

La cavità d’accesso, oltre che garantire visibilità, deve permettere la completa rimozione di tutto il contenuto della camera; in questo senso, è importante non lasciare sottosquadri né, in generale, accumuli di materiale calcifico o irregolarità.

Ribadendo l’importanza nelle fasi operative successive, la forma dell’apertura di camera deve permettere idealmente un accesso rettilineo al tragitto canalare, il che facilita il passaggio degli strumenti fino al terzo apicale.

Il video mostra l’efficacia delle punte ad ultrasuoni per la rimozione di una grossa calcificazione pulpare e la rifinitura della camera.

Il video è tratto dal corso ECM La Cavità d’Accesso in Endodonzia: razionali e clinici. Il corso, completamente online, riconosce 17 crediti ECM.

La creazione della cavità di accesso si articola tipicamente in 3 passaggi operativi:

  • penetrazione: la fresa più utilizzata per questo passaggio iniziale è senza dubbio la pallina diamantata, montata su turbina o su contrangolo moltiplicatore (anello rosso). Classicamente si dice che, nel momento in cui si sfonda il tetto camerale, si percepisce al tatto un senso di “salto nel vuoto”. È utile che soprattutto gli operatori meno esperti si muovano alla ricerca di questa sensazione, mantenendo sempre la giusta visibilità di campo, e comunque senza accanirsi eccessivamente. La presenza di ostacoli duri, come le comuni calcificazioni, può infatti ingannare tale percezione e fuorviare il clinico.
  • allargamento: a questo punto, la cavità viene esposta fino all’ottenimento di pareti rettilinee terminanti a livello degli orifizi canalari. Si consiglia tipicamente una fresa tipo Batt, o comunque una fresa con punta non lavorante, di modo da non danneggiare il pavimento camerale
  • rifinitura: ci si riferisce qui a quanto accennato in precedenza; si parla di tutti quegli aggiustamenti, anche minimi, atti a regolarizzare le pareti cavitarie, con l’intento di facilitare nell’immediato le fasi operative e, a medio-lungo termine, eliminare tutti i potenziali serbatoi tossinfettivi. Molti Autori consigliano qui gli strumenti ultrasonici, ma questa scelta compete anche alla sensibilità e all’esperienza del singolo operatore.

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Endodonzia: l’apertura della camera pulpare - Ultima modifica: 2019-01-23T07:22:05+00:00 da redazione

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