Effetto in vivo di due sistemi di sbiancamento professionali

Materiali e metodi

Sono stati selezionati diciotto soggetti (5 maschi e 13 femmine, età 21-35 anni, media 25 anni). I pazienti hanno fi rmato il consenso informato in accordo con il protocollo approvato dall’Università di Trieste. Tutti i pazienti presentavano una tinta dei denti anteriori pari ad A3 o più scura in base alla scala-colore Vita (Vita Zahnfabrik, Bad Säckingen, Germania).

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I criteri di inclusione sono stati:

  • presenza di tutti gli incisivi e canini mascellari;
  • assenza di carie, restauri o malattia parodontale;
  • assenza di precedenti trattamenti sbiancanti;
  • nessuna abitudine al fumo;
  • disponibilità ad astenersi dall’assunzione di cibi e bevande pigmentanti (tè, caffè, liquirizia, vino rosso ecc.) durante il periodo di trattamento.

I pazienti sono stati sottoposti a profilassi professionale una settimana prima dell’inizio dello studio e sono stati istruiti sulle manovre di igiene orale da seguire durante lo studio: spazzolamento due volte al giorno con lo spazzolino Elmex InterX Sensitive (Gaba International AG, Münchenstein, Svizzera) con dentifricio a bassa abrasività (Elmex Sensitive Plus, Gaba International AG,; RDA = 30) e utilizzo del fi lo interdentale almeno una volta al giorno. I soggetti sono stati divisi casualmente in due gruppi (n=9). Gli agenti sbiancanti testati sono stati un perossido di idrogeno al 38% (HP) (Opalescence Xtra Boost, Ultradent Products, South Jordan, Utah, USA) e un perossido di carbamide al 35% (CP) (Rembrandt Quik Start, Den-Mat Corporation, Santa Maria, California, USA).

I trattamenti sbiancanti sono stati ripetuti quattro volte, a intervalli di una settimana. Ogni applicazione è stata effettuata dopo applicazione della diga di gomma. I denti sono stati detersi con uno spazzolino montato su un contrangolo a bassa velocità con irrigazione ad acqua, in modo da rimuovere il biofilm residuo dalla superficie e permettere un intimo contatto tra lo smalto e l’agente sbiancante. Gli agenti sbiancanti sono stati applicati secondo i protocolli indicati dai produttori. HP era fornito con due siringhe: una siringa conteneva l’attivatore, l’altra il perossido di idrogeno.

“L’opinione attuale è che lo sbiancamento dentario sia un trattamento efficace. Ciononostante, gli effetti collaterali degli agenti sbiancanti sui tessuti dentari non sono stati ancora del tutto chiariti.”

Prima dell’utilizzo, l’attivatore è stato mescolato all’agente sbiancante. Il gel di HP attivato è stato applicato per 10 min, mentre il gel di CP, già pronto all’uso, è stato applicato per 30 min. È stata effettuata un’applicazione di gel sbiancante per ciascuna seduta per entrambi i prodotti. Al termine di ciascun trattamento, l’agente sbiancante è stato rimosso e gli elementi dentali trattati sono stati risciacquati accuratamente con lo spray aria-acqua per 30 s. Subito dopo lo sbiancamento, sono state registrate le impronte di precisione con un polivinilsilossano (Elite H-D+Putty e Light Body, Zhermack, Rovigo, Italia) utilizzando la tecnica della doppia impronta: è stata realizzata un impronta iniziale in materiale putty, che è stata fatta indurire completamente.

Quindi il materiale light body è stato applicato accuratamente sulla prima impronta (utilizzata cioè come un portaimpronte individuale) e sull’elemento dentale di interesse, in modo da ottenere un’impronta finale estremamente precisa. Le impronte degli incisivi superiori di destra sono state registrate alla baseline (CTRL) e dopo ciascuna seduta di sbiancamento (T0: prima applicazione; T1: seconda applicazione a 1 settimana; T2: terza applicazione a 2 settimane e T3: quarta applicazione a 3 settimane). Le repliche sono state preparate colando nelle impronte la resina epossidica (Eposs EL 20, Prochima, Pesaro, Italia), miscelata sotto vuoto. Due terzi molari non cariati sono stati estratti da due diversi pazienti (età media 23 anni) per motivi ortodontici. La superficie vestibolare dei molari è stata mordenzata con acido ortofosforico al 37% per 30 s subito dopo l’estrazione ed è stata ottenuta una replica della superficie mordenzata con la medesima tecnica usata in vivo. Queste repliche fungevano da controllo positivo.

Tutte le repliche sono state analizzate mediante un profilometro senza contatto (Talysurf CLI 1000, Taylor Hobson Ltd, Leicester, Inghilterra), capace di realizzare misurazioni 3D estremamente accurate. Sono state effettuate cinque letture per ogni campione. I parametri di rugosità valutati sono stati: rugosità media (Ra); massima altezza del picchi (Sp); massima profondità delle valli (Sv) e sviluppo di superficie (Ssk): in particolare, un Ssk negativo indica che la superficie è composta principalmente da un plateau e valli strette e profonde, un Ssk positivo indica la presenza di molti picchi, mentre un Ssk vicino allo zero indica una superficie uniformemente distribuita.

Le repliche in resina epossidica sono state quindi ricoperte con oro e osservate al microscopio elettronico a scansione (JEOL JSM 5200, Tokyo, Japan). Immagini rappresentative di ciascun campione sono state registrate da due osservatori indipendenti secondo un protocollo di studio in cieco. Sia le letture profilometriche sia le immagini al SEM sono state ottenute dal terzo medio delle repliche. Le differenze nell’ambito di ciascun gruppo sono state valutate statisticamente con il test ANOVA per misurazioni ripetute. Le differenze tra gruppi sono state analizzate con il t-test. La significatività statistica è stata stabilita per p < 0,05.

Effetto in vivo di due sistemi di sbiancamento professionali - Ultima modifica: 2009-12-18T15:22:13+00:00 da Redazione

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