Dolore e soggettività semiologiche

1. VAS: si basa su una misurazione, chiedendo al paziente di localizzare su una linea il punto che reputa rappresentare meglio il suo dolore. i limiti inferiore e superiore vengono rispettivamente identificati con l’assenza di dolore e il massimo dolore immaginabile dal paziente.

• Dario Costantino
• Lorenzo Azzi
• Gianpaolo Bombeccari
• Francesco Spadari

Dipartimento di Scienze Biomediche; Chirurgiche e Odontoiatriche – Ospedale Maggiore Policlinico Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Unità di Patologia orale e medicina, Università di Milano

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Riassunto

L’esperienza del dolore rappresenta un unicum per ogni paziente. La valutazione dello stesso è la nostra finestra per osservare qualcosa di più del dolore, una visione complessa a trecentosessanta gradi dello status psicofisico del paziente. Questa review ha valutato le scale con applicazioni sia cliniche che di ricerca nel management e nella valutazione del dolore. Emerge a nostro modo una frammentazione delle scale di valutazione stesse, dei risultati ottenuti e una sostanziale multipolarità nei vari studi. È necessario quindi un consensus largo nell’uniformare le stesse, nello scegliere modalità di somministrazione unificate, nel valutare la migliore a seconda della tipologia e dell’eziologia del dolore, differenza fondamentale a nostro modo di vedere. Da ciò che sembra essere emerso, pur dall’eterogeneicità degli studi, e da una nostra logica nel valutare le basi fisiopatologiche del dolore, tutte le scale hanno mostrato una validità equiparabile. Ciò nonostante una scala monodimensionale sembra essere più adatta nel valutare il semplice stimolo nocicettivo (per esempio, dolore acuto in una frattura); qualora invece il dolore ha preponderante una serie di cofattori come l’ansia, oltre a una dimensione più variegata e multi esperenziale (ad esempio, dolore cronico e le sue declinazioni) allora un test multidimensionale sarà maggiormente adatto.

Parole chiave: VAS, McGill Pain Questionnaire, Numeric Pain Intensity Scale, Faces Pain Scale, PAINAD, Brief Pain Inventory (BPI), BMS (Burning Mouth Syndrome), Therapy Impact Questionnaire.

Summary

Pain: the semiotic

The evaluation of pain it’s something more than a record of a sensation. In this review we evaluated many Pain’s Evaluation Tools. In our point of view we have to find some golden standard regarding which tool should be used for every kind of pain. For example the VAS scale record only the intensity of pain. It’s a reliable tool as regards the record of an acute pain, but the validity of VAS estimates performed by patients with chronic pain may be unsatisfactory. We conclude proposing for different kind of pain (from an etiopathogenic point of view) different types of scale.

Key words: VAS, McGill Pain Questionnaire, Numeric Pain Intensity Scale, Faces Pain Scale, PAINAD, Brief Pain Inventory (BPI), BMS (Burning Mouth Syndrome), Therapy Impact Questionnaire.

È possibile stabilire con certezza cosa è misurabile e cosa non lo è? Innanzitutto bisogna definire con chiarezza che cosa è la misurazione: la misurazione è l’assegnazione di un intervallo di valori a una particolare proprietà fisica, chiamata anche misurando. Questo semplice concetto può essere applicato molto intuitivamente a superfici, lunghezze, pesi, temperature o a una semplice conta come quella dei globuli rossi, ma tutto cambia se si deve misurare o quantificare qualcosa di etereo come il dolore. La misurazione d’altronde è pratica e necessità quotidiana risultando fondamentale sia nella clinica che nell’ambito di studi medico-scientifici; inoltre, possiamo affermare che la sintomatologia dolorosa costituisce un parametro importante e parte integrante delle varie esperienze cliniche. Si pone allora la necessità di stabilire un metodo per avere dati affidabili, il meno possibile aleatori e con una discreta sensibilità nella valutazione del sintomo dolore. Questi dati infatti saranno fondamentali nella diagnosi di una patologia, nello stabilire la validità di un processo chirurgico (ad esempio si confrontano due tipologie di intervento valutando il discomfort post-operatorio), nello stabilire la validità di una terapia e, inoltre, andranno valutati statisticamente per raggiungere delle doverose conclusioni procedurali.
La domanda da porsi allora è: come si può misurare l’immisurabile?
Il fatto che la sintomatologia dolorosa sia un’esperienza soggettiva e strettamente personale implica la necessità di quantificare il sintomo con dei valori più o meno ricchi di oggettività individuali, del resto non facilmente quantificabili e standardizzabili da parte dei clinici e dei ricercatori. In sintesi è assai difficile misurare e valutare il dolore nella sua completezza a meno di non:

  • fondarsi sulla descrizione del dolore del paziente e delle sue sensazioni, quindi un’auto descrizione derivante dal dialogo con lo stesso; in questo caso valutiamo un sintomo verbale;
  • osservare le reazioni al dolore da parte del paziente che possono essere molteplici: il soggetto può non muovere la mandibola a causa del dolore all’articolazione temporo-mandibolare, la mimica facciale può essere alterata a causa della sintomatologia algica, la posizione di un arto può essere innaturale per la distorsione di un’articolazione della spalla o del braccio, un ritmo sonno-veglia può essere alterato per un dolore cronico centrale o periferico. In questi casi, il clinico osserva degli atteggiamenti fisici o delle condizioni di vita modificate dallo stesso dolore; questi corrispondono a dei segni non verbali;
  • utilizzare particolari apparecchiature come la Functional Magnetic Resonance che permettono di vedere l’attivazione delle aree cerebrali coinvolte nella trasduzione del segnale algico. Ovviamente non sono applicabili nella pratica quotidiana per motivazioni economiche e pratiche.

Nell’ambito delle valutazioni clinico-semiologiche di un paziente affetto da dolore, vi può essere comunque un supporto strumentale, il quale pur non valutando direttamente il misurando (quindi il dolore) può facilitarne la comprensione. Strumenti come l’algometro a pressione nell’esame dei trigger points mio-fasciali consentono infatti un’ulteriore disamina del dolore. Le valutazioni anamnestiche rappresentano tappe indispensabili per una corretta interpretazione della sintomatologia dolorosa riferita e per una conoscenza maggiormente ponderata della personalità del paziente in esame, ma è tramite la somministrazione di test che si ottiene una misurazione precisa del dolore.

Il dolore

Osserviamo innanzitutto cosa è il dolore. Secondo la definizione dell’International Association for the Study of Pain (IASP) del 1986 e secondo l’O.M.S. “Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno”. Esso non può essere descritto come un fenomeno esclusivamente sensoriale di natura endogena e/o esogena, bensì deve essere visto come la composizione:

  • di una parte percettiva (la nocicezione) che costituisce la modalità sensoriale “pura” la quale permette la ricezione e il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo;
  • di una parte esperienziale, quindi del tutto personale, la vera e propria esperienza del dolore che è lo stato psichico collegato alla percezione e all’elaborazione di una sensazione spiacevole.

La componente percettiva del dolore o componente neurologica è costituita da un circuito a tre neuroni che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia cerebrale. Mediante le vie spino-talamiche, a partire dal talamo i segnali algogeni raggiungono il sistema limbico dove vengono elaborati come elementi emotivi e consci. La parte emotivo-esperienziale del dolore o la componente psichica, responsabile della valutazione soggettiva e critica dell’impulso algogeno, riguarda appunto il sistema limbico, che è un insieme di strutture complesse che circondano il tronco cerebellare. Sempre la proiezione dei segnali algogeni al sistema limbico è la base per l’effetto che ha sullo stato d’animo il dolore, che rende irrequieti e tristi. Viceversa, il sistema limbico determina anche il livello della percezione cosciente del dolore. Chi è euforico o sotto choc non sente dolore e, viceversa, chi è ipocondriaco o ansioso sente in modo accentuato anche minimi stimoli lesivi. Infatti alcuni studi dimostrano come ascoltare musica, influenzando l’umore, varia anche l’intensità del dolore post-operatorio e dell’ansia pre-operatoria1.

Il dolore non è controllato fisiologicamente solo dal sistema nervoso ma anche dai sistemi ormonali, immunitario ed endocrino-metabolici. Questo potrebbe spiegare la grande differenza di lettura del dolore tra i due sessi, testimoniata dai valori medi delle varie scale di lettura degli stimoli algogeni che risulterebbero significativamente più elevati nelle pazienti donne2. L’esperienza del dolore è quindi determinata dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla struttura psichica ed emotiva e da fattori socio-culturali. Dal punto di vista neuro-fisiologico, il sintomo dolore risulta vitale per l’armonia funzionale e omeostatica degli esseri viventi. È soprattutto un sistema di difesa essenziale per evitare e prevenire dei danni organici e biologici, ma diventa patologico quando si auto-mantiene.

Dolore e soggettività semiologiche - Ultima modifica: 2013-12-05T15:50:23+00:00 da Redazione

2 Commenti

  1. […] è così visto che sia i bambini sani che quelli autistici dimostrano un’ansia minore, meno dolore e […]

  2. […] dell’evento algico deriva dalla stimolazione involontaria di precisi trigger point: atti quotidiani come parlare, […]

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