Definizione, indicazioni e obiettivi della terapia causale parodontale

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Il trattamento della malattia parodontale, una volta inquadrato accuratamente il paziente dal punto di vista clinico ed eventualmente radiografico, con particolare attenzione per i soggetti a rischio (fumatori e diabetici), passa necessariamente per la terapia causale, ovvero per l’approccio non chirurgico. Questa breve trattazione riassume i punti fondamentali nella definizione di questa metodica e i casi in cui essa viene indicata. Su questi punti convergono le indicazioni delle principali società di categoria – non solo in parodontologia – in ambito italiano e internazionale (con particolare riferimento agli Stati Uniti).

Nelle sue linee guida, l‘American Academy of Periodontology sottolinea come, in un complesso di opzioni terapeutiche ampio, e a fronte di una patologia che interessa per definizione più di un sito dentale, sia possibile attuare procedure diverse nel contesto di uno stesso paziente.

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Obiettivi e step della terapia parodontale

Si considerino comunque le basi del razionale in parodontologia: questa disciplina è forse una di quelle che più risentono dell’alleanza del clinico con il paziente, il quale è coinvolto in senso letterale nel piano di cure.

Non a caso, il primo livello corrisponde proprio (1) all’informazione sulla storia naturale della malattia, (2) all’istruzione del soggetto alle corrette manovre di igiene orale, sull’uso degli strumenti (spazzolino e scovolini) e dei relativi adiuvanti (collutori quando indicati), oltre al (3) counseling sui principali fattori di rischio, fumo in modo particolare.

Levigatura radicolare / scaling e root planing: il secondo passaggio è quello fondamentale da condurre alla poltrona e consiste nella rimozione dei fattori causali e predisponenti della patologia. L’asportazione di placca, tartaro, sopra e sottogengivali, la rimozione del cemento radicolare contaminato vengono condotte mediante sistematiche a ultrasuoni o strumenti manuali (curette).

Il controllo meccanico della placca sopragengivale può essere affiancato dall’uso di agenti chimici antiplacca. Il più diffuso è senza dubbio la clorexidina, il cui impiego trova indicazione qualora il paziente non sia in grado di eseguire le manovre meccaniche di igiene orale in maniera completa. Si tenga presente che, a lungo termine, il prodotto va incontro alla riduzione dei benefici e alla comparsa di effetti indesiderati.

La terapia viene finalizzata con la lucidatura delle superfici dentali. Tra i risultati attesi della terapia, una riduzione significativa e stabile degli indici di placca, da riportare al di sotto del 30%, e l’eliminazione dei segni infiammatori – l’indice corrispondente è in questo caso il sanguinamento al sondaggio (bleeding on probing, BOP).

La terapia causale presenta comunque dei limiti. Qualora non risulti possibile raggiungere la salute dei tessuti parodontali, il piano di cure può proseguire con i trattamenti di tipo chirurgico.

Riferimenti bibliografici:

http://www.aapd.org/media/policies_guidelines/e_periotherapy.pdfhttps://www.perio.org/consumer/non-surgical-periodontal-treatment

http://www.aapd.org/media/policies_guidelines/e_periotherapy.pdfhttps://www.perio.org/consumer/non-surgical-periodontal-treatment

Definizione, indicazioni e obiettivi della terapia causale parodontale - Ultima modifica: 2018-10-02T15:30:46+00:00 da redazione

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