Chirurgica ortognatica: tutto si basa sulla diagnosi

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I dismorfismi scheletrici dell’apparato stomatognatico non costituiscono necessariamente una problematica correlata solo all’estetica e alla vita di relazione. Quadri complessi, infatti, possono predisporre a rilevanti problematiche riguardanti il compenso delle multifunzioni orali. Volendo citare due esempi sui quali il Dentista Moderno ha avuto modo di argomentare ampiamente nel recente passato, si ricordano per prime le disfunzioni della condiloartrosi temporomandibolare, che possono indurre sintomi algici e limitare la funzionalità masticatoria, e i quadri di roncopatia riconducibili alla sindrome da apnee ostruttive nel sonno (OSAS), quest’ultima correlata particolarmente ai casi di retrusione mandibolare importante. In entrambi i casi, il dibattito scientifico rimane comunque fertile e permangono meccanismi eziopatogenetici da comprendere ulteriormente.

È chiaro come tutte queste condizioni siano di primaria competenza dell’odontoiatra, soprattutto di colui che si occupa di ortodonzia, e che quindi studia quotidianamente i rapporti di affrontamento anatomico fra basi mascellari e arcate dentarie.

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L’ortodonzia, disciplina sempre soggetta ad innovazione nelle procedure e nelle tecnologie diagnostiche e terapeutiche, oggi permette la programmazione di trattamenti ortopedico-ortodontici di ampio respiro, in grado di intercettare e correggere importanti quadri di disgnazia nel soggetto in crescita.

Discorso diverso va invece fatto per il soggetto a fine crescita il quale ha, per definizione, perso il potenziale di intervenire sulle basi scheletriche, mantenendo solo la possibilità del movimento dentale puro. Le condizioni di patologia si presentano con frequenza rilevante nell’età adulta. Al di là di ciò, anche a fronte di un quadro di compensazione, le esigenze psicologiche dell’individuo possono cambiare con l’età. I canoni estetici del volto, comunque, tendono in qualche modo a ricalcare quella che dovrebbe essere l’armonia funzionale dell’apparato.

Potranno perciò essere indirizzati alla chirurgia i pazienti adulti – dei quali si è cioè accertato l’esaurimento dei processi di crescita scheletrica – portatori di quadri complessi di disgnazia, in alcuni casi correlati a patologia, e che coinvolgono comunque le multifunzioni stomatognatiche. Aspetti quali motivazione e compliance sono non opzionali, e anzi rappresentano degli elementi fondamentali per il successo terapeutico.

A questo punto è lecito chiedersi quali siano gli elementi diagnostici che il clinico deve raccogliere, in quello che diventa tipicamente un piano di terapia multispecialistico, da condurre ad esempio con un collega maxillo-facciale. L’odontoiatra, inoltre, andrà necessariamente a rapportarsi con l’odontotecnico.

Lo studio del caso non può prescindere da un’accurata indagine anamnestica, patologica generale (si verifica l’eventuale presenza di controindicazioni alla chirurgia elettiva) e odontoiatrica (carie e patologie del parodonto dovranno essere tenute sotto controllo prima e durante tutto il percorso terapeutico), oltre che familiare.

Chirurgica ortognatica: tutto si basa sulla diagnosi - Ultima modifica: 2016-06-15T07:33:32+00:00 da redazione

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