Black triangle syndrome: l’assenza della papilla interincisale

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Mantenere la papilla interincisale nella regione nel sorriso, evitando così la formazione del cosiddetto triangolo nero, è da molti Autori considerata una delle chiavi per un trattamento estetico di successo. Per contro, la rigenerazione di questa così peculiare formazione mucosa è vista dalla maggior parte dei clinici come un’opzione ad alta impredicibilità, se non come una sfida impossibile.

Al di là del disagio estetico, l’appiattimento della papilla favorisce la ritenzione della placca e può persino causare problematiche fonetiche.

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Sono state fornite diverse classificazioni riguardanti la problematica in esame. Nordland e Tarnow considerano la forma normale più 3 classi a gravità crescente rispetto alla parte vestibolare della CEJ. Jemt propone una classificazione più descrittiva, che contempla anche la forma iperplastica. Infine, il Papilla Presence Index score (PPI) di Cardaropoli considera il punto di contatto, le CEJ dei due elementi interessati e anche le papille adiacenti. PPI-1 identifica la condizione di salute, PPI-4 il quadro di massima gravità.

La papilla interincisale, ovvero la porzione triangolare di tessuto molle sita apicalmente al punto di contatto, è costituita da un denso ammasso di connettivo rivestito da epitelio orale. La prima descrizione della sua morfologia venne fornita da Cohen nel 1959. Al di là dell’aspetto frontale, che è quello che la caratterizza maggiormente, la papilla presenta un’altezza e una profondità, determinate rispettivamente dalla distanza del punto di contatto dalla giunzione amelocementizia e dalla forma delle pareti dentarie approssimali. Nelle regioni posteriori è allargata e presenta una forma a ponte.

All’alterazione della forma normale possono concorrere diversi fattori: al vertice della piramide si ritrovano le alterazioni che prevedono un allontanamento del picco osseo dal punto di contatto.

Dal punto di vista ortodontico, la divergenza delle radici favorisce l’appiattimento della papilla. Secondo Kurth e Kokich, l’incremento di un solo grado a partire dalla divergenza fisiologica da loro posta a una media di 3.65° aumenta la probabilità del 14-21%.

Gli incisivi triangolari sarebbero maggiormente esposti a disestetismi della papilla. In tali casi, Autori suggeriscono che lo stripping del punto di contatto, a formare un’area, possa correggere la problematica.

Guardando alla problematica dal punto di vista chirurgico e, in particolare, parodontale, la prevenzione di un danno intra o postoperatorio alla struttura è l’obiettivo delle tecniche di papilla preservation. La tecnica originale di Takei prevede un’incisione primaria palatale/linguale, poi spostata vestibolarmente da Cortellini e Pini Prato nei successivi sviluppi: prima modified, poi simplified papilla preservation. Tonetti e lo stesso Cortellini hanno infine proiettato la metodica nell’ambito della microchirurgia.

Black triangle syndrome: l’assenza della papilla interincisale - Ultima modifica: 2017-12-19T06:15:42+00:00 da redazione

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