Attuali protocolli nel trattamento del tumore

Discussione

Alcuni fattori rendono di difficile interpretazione i risultati: la maggior parte degli studi in letteratura è di tipo retrospettivo, non fornisce sufficienti dettagli sul tipo di chirurgia eseguita, riporta un follow-up variabile senza precisare la percentuale di pazienti seguiti in quell’arco di tempo. Nonostante l’incidenza di recidive sia massima nei primi 5 anni, la letteratura riporta casi tardivi, successivi a questo periodo, fino a 25 anni dopo il trattamento iniziale10,21; il follow-up, variabile da studio a studio, prevede spesso dei range che non coprono archi temporali così lunghi. I pazienti affetti contemporaneamente da sindromi, come quella di Gorlin-Goltz, vengono talvolta esclusi dallo studio, talvolta inclusi, non conferendo uniformità ai risultati: nel caso di pazienti sindromici l’incidenza di recidive è maggiore e non dovrebbe essere comparata con casi di isolati tumori cheratosici in pazienti sani. Ugualmente alcuni studi includono solo lesioni con epitelio paracheratosico, altri indifferentemente tutti i tipi istologici oppure non viene specificato il criterio di inclusione. In letteratura esiste una certa confusione riguardo ai protocolli da adottare nel trattamento del tumore odontogeno cheratosico, alcuni Autori propongono delle opzioni di trattamento basate sulla loro esperienza clinica. Vengono proposte modalità di trattamento conservative, come l’enucleazione del tumore cheratosico, l’enucleazione seguita da terapie aggiuntive, la marsupializzazione e la decompressione, oppure modalità più radicali, come la resezione “en-bloc”.

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Enucleazione
L’enucleazione consiste nella rimozione chirurgica della lesione, mediante un delicato scollamento dell’epitelio cistico dalle pareti ossee circostanti, mantenendone quando possibile le pareti integre. La rimozione del tumore cheratosico “intero” riduce il rischio di lasciare in situ isole epiteliali che potrebbero dare origine a una recidiva. La lesione enucleata deve essere poi sottoposta a esame istologico. In caso di tumori cheratosici più ampi che hanno già raggiunto il piano periostale e creato dislocazione o erosione delle corticali ossee, la completa escissione risulta difficoltosa a causa delle aderenze del suo epitelio al tessuto periostale o mucoso. Il tentativo di preservare gli elementi dentari adiacenti o le strutture neurovascolari e la difficoltà di accesso in alcune sedi può sommarsi al tentativo di limitare l’estesione del campo chirurgico e portare a una incompleta rimozione, per esempio nei settori posteriori dei mascellari e a livello del ramo mandibolare. Nei casi di sconfinamento al di fuori della capsula periostale la mucosa sovrastante, che viene a fondersi con la parete cistica, deve essere accuratamente rimossa perché costituisce una delle principali fonti di recidiva; in caso di contiguità con elementi dentari, va valutata la più idonea modalità di trattamento per non lasciare residui in loro prossimità (per esempio, estrazione oppure terapia canalare e apicectomia). Il curettage della parete ossea residua con cucchiai chirurgici affilati dovrebbe essere sempre eseguito, soprattutto nei casi in cui la lesione non sia stata rimossa intera. L’obiettivo deve essere quello di eliminare dall’osso e dalla mucosa adiacente tutte le eventuali isole epiteliali o microcisti per minimizzare i rischi di recidiva. L’enucleazione del tumore cheratosico “intero” porta a una frequenza di recidive decisamente inferiore rispetto alla enucleazione dello stesso in pezzi39.

2-3. Sezioni tomografiche che mostrano l’entità del difetto nei vari piani spaziali.

Terapie aggiuntive all’enucleazione
Le più comuni terapie riportate in aggiunta all’enucleazione sono: l’utilizzo della soluzione di Carnoy, l’ostectomia periferica, la crioterapia e l’elettrocauterizzazione.

  • La soluzione di Carnoy (una miscela di alcool etilico, cloroformio, acido acetico glaciale e cloruro ferrico) viene utilizzata sulle pareti ossee dopo l’enucleazione chirurgica oppure nella cavità cistica prima della sua rimozione; si tratta di una soluzione cauterizzante che, senza penetrare in profondità, sembra essere in grado di eliminare ogni residuo epiteliale. L’applicazione va evitata in corrispondenza di fasci neurovascolari; nelle cavità policistiche i setti ossei devono essere preventivamente eliminati per consentire una corretta azione del liquido.
  • L’ostectomia delle pareti ossee circostanti alla cisti è di ulteriore ausilio per eliminare meccanicamente eventuali resti epiteliali non rimossi con la precedente enucleazione.
  • L’elettrocauterizzazione viene consigliata quando le corticali ossee vengono erose dal tumore cheratosico per evitare recidive nei tessuti molli.
  • La crioterapia consiste nell’utilizzo di una criosonda all’ossido di azoto a una temperatura di circa -20 °C o inferiore sulle pareti ossee dopo l’enucleazione o sui tessuti molli se la lesione ha perforato il piano osseo sconfinando oltre la capsula periostale. La crioterapia sembra essere in grado di produrre una necrosi cellulare a livello osseo, ma di mantenere integra la componente inorganica; avviene una morte cellulare per danneggiamento diretto dato dalla formazione di cristalli di ghiaccio intra ed extra-cellulari, disturbi osmotici ed elettrolitici. Questa metodica consente una relativa assenza di sanguinamento ed esiti cicatriziali; tuttavia, a causa della difficoltà nel controllare la quantità di azoto liquido applicato nella cavità, la necrosi e il gonfiore che ne risultano possono essere imprevedibili.

Tutte le tecniche descritte sembrano ridurre in modo significativo l’incidenza delle recidive successive alla rimozione chirurgica del tumore odontogeno cheratosico, se paragonate alla sola enucleazione.

4. Scollamento del lembo di accesso: la lesione viene correttamente visualizzata ed enucleata.
5. Cavità ossea residua dopo l’enucleazione della lesione.
6. Ostectomia periferica delle pareti ossee residue finalizzata alla rimozione di ogni residuo mucoso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Attuali protocolli nel trattamento del tumore - Ultima modifica: 2012-12-07T10:02:39+00:00 da Redazione

1 commento

  1. […] che interessano al clinico, tuttavia, sono le vere motivazioni: in questo senso, l’aspetto volumetrico della […]

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