Accesso al seno mascellare

 

Discussione

10. Lo sportello correttamente riposizionato a ricostituire l’integrità della parete anteriore del seno mascellare. La stabilizzazione è garantita dal “cardine” mucoso superiormente e dai due fili di sutura riassorbibili annodati inferiormente.

Nel 1983 Caldwell8descriveva l’accesso al seno mascellare che è diventato il gold standard per più di un secolo. La tecnica consiste in un’ampia demolizione della parete antero-laterale del seno, il courettage della mucosa sinusitica e il confezionamento di una controapertura nasale nel meato inferiore al fine di implementare il drenaggio e la ventilazione9. Mucosa e osso rimossi sono rimpiazzati da tessuto fibroso cicatriziale. Questo può comportare una retrazione dei tessuti molli genieni e, in caso di coinvolgimento dei rami collaterali del nervo infraorbitario, parestesie e algie10. Numerose metodiche alternative sono state avanzate al

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11. La paziente perfettamente collaborante sotto il solo effetto dell’anestetico locale.

fine di evitare queste complicanze. Alcuni Autori hanno proposto di rimpiazzare la parete antero-laterale rimossa con una griglia in titanio11. Tuttavia si è evidenziato come nel 50% dei casi si sia reso necessario rimuovere la griglia entro un anno dal suo posizionamento in quanto causa di infezioni e reazioni cicatriziali dolorose9. Successivamente Lindorf12 e Widmark et al.13hanno proposto di accedere al seno tramite il confezionamento e la rimozione temporanea di uno sportello osseo corrispondente a parte della parete anterolaterale. Al termine della fase di courettage del seno lo sportello veniva riposizionato come innesto osseo e quindi stabilizzato. Il fine era di evitare il deficit della parete anterolaterale del seno mascellare, foriera delle complicanze legate all’intervento di Caldwell e Luc. Se l’idea e il fine erano indubbiamente innovativi, l’utilizzo di un innesto in un campo operatorio potenzialmente infetto comportava alti tassi di infezioni post-operatorie, ritardi di guarigione e ossificazione, riassorbimenti anche totali dello sportello innestato14. Il passo successivo è stato il confezionamento di uno sportello osseo di accesso vascolarizzato. Con varianti

12. Aspetto della sutura mucosa continua al termine della procedura chirurgica (20’).

tecniche differenti, Abello15, Mela16 e Brusati17hanno proposto il confezionamento di uno sportello di accesso con peduncolo vascolare periosteo. Mantenendosi su un piano chirurgico immediatamente sovraperiosteo veniva confezionato nella parete antero-laterale del seno uno sportello con due osteotomie verticali e una orizzontale che disegnavano una “U” comprendenti periosteo, osso e mucosa sinusale. L’ultimo lato dello sportello, quello orizzontale superiore, si creava tramite una frattura spontanea durante la lussazione verso l’alto dello sportello al fine di accedere all’interno del seno. Le controindicazioni della metodica erano però non trascurabili: il piano sovraperiosteo risulta molto più sanguinante di quello sottoperiosteo, la frattura spontanea del margine superiore dello sportello non è ovviamente ben controllata e può alterare la forma desiderata dello sportello, oltre a coinvolgere il foro infraorbitario con conseguenti parestesie e algie a carico del nervo. La visibilità fornita dallo sportello è ridotta dalla limitata possibilità di lussare lo sportello peduncolato al periosteo. Traendo confidenza dagli opercoli allestiti durante l’intervento di rialzo del seno mascellare18,19 l’Autore ha pensato di confezionare uno sportello a peduncolo mucoso che riunisce in se alcuni vantaggi tipici delle precedenti metodiche, limitandone al contempo le possibili complicanze7. Innanzitutto il piano di scollamento dei tessuti molli sottoperiosteo limita i sanguinamenti e migliora la visibilità intra-operatoria. È inoltre possibile essere precisi nell’esecuzione dell’osteotomia corrispondente al margine superiore dello sportello, eliminando di fatto la possibilità di ledere il nervo infraorbitario. La vascolarizzazione assicurata dalla mucosa sinusale è risultata sempre sufficiente a garantire una buona guarigione dalle infezioni, evitare riassorbimenti dello sportello, ottenere la guarigione e l’ossificazione dei margini ossei osteotomizzati e quindi la stabilizzazione dello sportello.

13. L’OPT, eseguita post-operatoriamente, conferma la rimozione dell’impianto dislocato nel seno mascellare.

Indubbio grande vantaggio della metodica è la possibilità di eseguire l’intervento in anestesia locale, con tempi operatori ristretti (circa 20’). Questo, nella difficoltà psicologica per il paziente e il professionista di dover affrontare la complicanza legata al dislocamento nel seno mascellare del corpo estraneo, limita molto la portata dell’intervento risolutivo del problema. Anzi, qualora ad esempio il professionista che applichi la metodica sia lo stesso che ha posizionato l’impianto, nell’ambito dello stesso intervento può recuperare il corpo estraneo semplicemente variando la tecnica chirurgica in atto. Situazione questa molto differente rispetto al dover riferire il paziente in ospedale, affrontare un intervento in anestesia generale, le liste di attesa ecc. Se invece l’intervento viene eseguito a distanza di tempo dalla dislocazione del corpo estraneo nel seno mascellare è necessario verificare radiologicamente la sua presenza nei due terzi inferiori del seno stesso poco

14-15. A 4 mesi dall’intervento le immagini TC assiale (Figura 14) e coronale (Figura 15) documentano la perfetta areazione del seno mascellare, senza alcun segno di sinusite residua. Le frecce indicano i piccolissimi segni del tracciato osteotomico che ha delimitato lo sportello di accesso, perfettamente ossificato con i contorni ossei circostanti.

prima dell’operazione di recupero. Questo per evitare di non trovare il corpo estraneo perché già rimosso dal drenaggio mucociliare o averlo posizionato ad esempio nell’infundibulo etmoidale o nell’ostio del seno mascellare con conseguente difficoltà a visionarlo ed estrarlo tramite l’accesso proposto. In questo caso appare più logico procedere con tecnica endoscopica. Negli altri casi l’intervento endoscopico20 non appare altrettanto vantaggioso. Sotto il profilo organizzativo perché si deve operare in struttura ospedaliera e in anestesia generale, con aggravio del discomfort per il paziente. Per quanto attiene all’integrità del seno mascellare, questa è leggermente alterata dall’ampliamento dell’ostio, legato alla necessità di introdurre l’endoscopio. Tale ampliamento aumenta la ventilazione e il drenaggio del seno stesso, dato fondamentale in caso di sinusiti a origine dal seno stesso. Ciò non è invece necessario qualora la causa sia legata alla presenza di un corpo estraneo. Rimosso questo, si documenta infatti il ripristino della sua normale anatomia e funzione (Figure 14-16). A questa prima alterazione dell’anatomia del seno si aggiunge la necessità di rimuovere parte della parete ossea della parete anteriore del seno mascellare. Questo è reso obbligatorio dalla frequente impossibilità di “agganciare” con uno strumento il corpo estraneo attraverso il meato del seno quando l’impianto sia posizionato nella metà inferiore dello stesso6. Controindicazione fondamentale all’utilizzo dell’accesso proposto in questo articolo è invece la presenza di una estesa ipertrofia sinusale a causa degli ampi sanguinamenti che potrebbe comportare l’intervento e la pericolosità nel gestirli ambulatorialmente e in anestesia locale. In tali casi la metodica endoscopica, eseguita in ambiente ospedaliero, appare più appropriata e sicura.

16. La ricostruzione tridimensionale della TC eseguita 4 mesi dopo l’intervento documenta la restitutio ad integrum dell’anatomia della parete antero-laterale del seno mascellare operato.

Conclusioni

L’accesso al seno mascellare descritto risulta particolarmente utile nella pratica ambulatoriale qualora si sia verificata la dislocazione al suo interno di un corpo estraneo e, in particolare, di un impianto. Applicando la metodica in casi selezionati, questa permette di evitare un ricovero ospedaliero e un trattamento in anestesia generale. È opportuno sottolineare che l’operatore che esegue l’intervento deve possedere le opportune conoscenze anatomiche e chirurgiche che garantiscano l’esecuzione in sicurezza della procedura chirurgica proposta.

Corrispondenza
Prof. Federico Biglioli

Cattedra e UO di Chirurgia Maxillo-Facciale Ospedale S. Paolo
Via A. di Rudinì, 8 – 20142 Milano
federico.biglioli@unimi.it

Ringraziamenti
Si ringraziano i Prof. ri Roberto Weinstein e Luca Francetti e il Dott. Valerio Bresesti presso i cui studi odontoiatrici è stata portata a termine la gran parte degli interventi chirurgici descritti.

Accesso al seno mascellare - Ultima modifica: 2013-05-31T11:13:41+00:00 da Redazione

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